Grazia Deledda 150
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Questo mese dedichiamo un numero monografico a Grazia Deledda, l’unica donna italiana Premio Nobel per la letteratura. Premio vinto nel 1926 (ritirato dalla scrittrice nel 1927) con la seguente motivazione «Per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi»
Grazia Deledda, la piccola e minuta donna, determinata come poche nella storia delle lettere. Aveva le idee chiare fin da giovanissima “Avrò tra poco 20 anni a 30 voglio aver raggiunto il sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda”. Ci riuscì pienamente, riconosciuta oggi in ogni parte del mondo.

Al di là delle doverose celebrazioni, regionali e nazionali- sempre un po’ timide in realtà, ogni volta che si parla della Deledda- è importante dare il nostro piccolo contributo ad un genio della letteratura, riconosciuto dal più importante premio a livello internazionale. Il Premio Nobel arriva a coronare una carriera lunghissima e costante nel tempo, con una produzione sterminata: oltre 30 romanzi, più di 400 racconti, opere teatrali e poesie, novelle, fiabe e produzione giornalistica.

Grazia Deledda riceve il Premio Nobel per la letteratura nel 1927
Grazia Deledda riceve il Premio Nobel per la letteratura nel 1927

Apprezzata e detestata allo stesso modo da importanti scrittori e intellettuali italiani. Le critiche arrivarono puntuali, come sempre in questi casi, assolutamente fuori luogo. Come quella, ridicola, che affermava che fosse un premio non meritato, che lei fosse appoggiata dal regime. Critica smentita dall’assenza di ringraziamenti verso il duce nel suo discorso per il ricevimento del premio. E tra l’altro, chi potrebbe mai pensare che l’Accademia di Stoccolma potesse essere influenzata dal dittatore italiano? Sgombrato il campo dalle male lingue, possiamo solo essere felici di essere concittadini della Deledda, che ci fa essere con lei cittadini del mondo.

Il 27 settembre 2021 si è festeggiato il 150esimo compleanno della scrittrice. Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nasce a Nuoro il 27 settembre del 1871, nell’isola di Sardegna. Un paese con poco più di 5 mila anime, molte delle quali non gli rendevano la vita facile. La sua carriera letteraria fu osteggiata fin dall’inizio proprio nella sua città, come da copione Nemo propheta in patria. Ma aveva tra i suoi estimatori tra i più importanti intellettuali e artisti dell’epoca, da Enrico Costa, Salvator Ruju e il pittore Giuseppe Biasi, che la difese arrivando quasi alla rissa con il prete che aveva redarguito la Deledda durante la messa domenicale.

Grazia era una ragazza rivoluzionaria per molti aspetti, per questo la vita del paese cominciava a diventare asfissiante. Rinchiusa all’interno di convenzioni sociali che impedivano alle donne di poter aspirare ad una carriera, a costruire un futuro che non fosse solo quello di madre e casalinga. Non era una femminista nel senso classico del termine, ma la sua vita stessa diventa un simbolo di libertà ed emancipazione femminile. Una donna che si prefigge degli obiettivi- molto ambiziosi abbiamo visto-, e riesce a raggiungerli avendo mezzo mondo contro. Non costruisce la sua strada andando contro la tradizione, anzi, per certi versi lei ama moltissimo e idealizza un mondo arcaico, rispettoso delle dinamiche naturali e religiose.

Velatamente, e neanche tanto, attacca la società patriarcale, disegna personaggi femminili forti e indipendenti. Donne che prendono decisioni, sanno scegliere anche al di là delle convenzioni. In Cenere, in Canne al vento le donne sono protagoniste, a volte con un lieto fine ma molto più spesso le storie finiscono male. Il male che deve essere vissuto pienamente per trovare il riscatto, il bene non arriva senza una sofferenza vitale. Come ci racconta benissimo il pezzo di Veronica Matta Grazia, l’essere autentico. Non esiste nella Deledda un falso compiacimento verso la realtà, la durezza e la violenza sono parte delle scelte che sono per lei sempre definitive. Non si torna indietro una volta presa una decisione, come quella di partire per Roma e non tornare mai nella sua Nuoro. Visse di nostalgia continua, questa piccola isola in mezzo al Mediterraneo è una madre che non ci lascia mai del tutto i suoi figli.

La Sardegna l’ha raccontata per tutta la sua lunghissima vita letteraria, era lì mentre scriveva, si potevano sentire gli odori, i profumi del Gennargentu, i rumori delle strade di Galte, i colori della sera o dell’alba sotto le montagne di Nuoro. La sua era una conoscenza profonda anche della botanica, come descritto nel pezzo di Cristina Delunas ne I fiori deleddiani nella notte di San Giovanni. La sua era una scrittura verista, riprendeva la realtà come potrebbe fare un regista, un reporter ante litteram. Iniziò la sua carriera anche come giornalista, una ricercatrice delle tradizioni sarde, delle leggende, fiabe e magie che inviava alle più importanti riviste dell’epoca. Una scrittura spesso oscura, le tematiche e le ambientazioni erano per certi versi dark, nel pezzo Grazia Deledda, la scrittrice del fantastico, di Gabriella Dessì è molto chiaro. Ma ci sono molti altri articoli che sottolineano la genialità e l’importanza della scrittrice nuorese, spesso dimenticata e snobbata dalla storia della letteratura. Solo poche opere d’arte la ritraggono, e spesso non sono in Sardegna, come ci spiega bene Adriana De Angelis nel suo Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese…Noi siamo sardi.
Ma vi lascio alla lettura degli articoli, che non mancano di ricordare il Natale, nel pezzo di Cristiana Sarritzu La notte di Natale nei versi e racconti di Grazia Deledda.

Ne approfittiamo per augurarvi un bellissimo e pacifico Natale.

Auguri mediterranei!

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