EROS
è il tema con cui si confrontano gli artisti partecipanti alla XXIII edizione di Miniartextil, MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE TESSILE CONTEMPORANEA (COMO 12 ottobre – 1 dicembre 2013), curata da Luciano Caramel e inaugurata nelle sale settecentesche della splendida Villa Olmo (Via Cantoni 1, Como), imponente edificio neoclassico affacciato sulle rive del lago di Como, divenuto oggi un importante polo artistico-culturale cittadino.
Organizzata dall’Associazione culturale Arte&Arte di Como, fondata da Nazzarena Bortolaso e Mimmo Totaro, l’esposizione d’arte dedicata ai manufatti tessili e alla Fibert Art è unica nel suo genere in Europa per la sua cadenza annuale e riflette una vocazione ormai consolidata nel territorio lariano, dove è dislocato uno dei distretti tessili più significativi del Made in Italy. Il forte contrasto tra il gusto decisamente attuale e contemporaneo delle opere tessili e l’ambientazione in un contesto architettonico dalle fattezze classiche, crea nello spettatore una specie di spaesamento emozionale, che si trasforma in giocoso stupore in presenza delle grandi installazioni avveniristiche, che pendono a cascata dai soffitti settecenteschi delle sale, in perfetto dialogo con i vari elementi decorativi della villa: i lampadari gli stucchi, le dorature, le statue e gli affreschi.
69 sono gli artisti provenienti da tutto mondo, chiamati a lavorare a un progetto di respiro internazionale, che ha tentato di sfatare i preconcetti più comuni legati all’EROS, varcandone in qualche modo i confini geografici ed ideologici, per indagare in modo più esteso e più profondo il suo significato vero e autentico. Molti i lavori interessanti di questa rassegna, che hanno consentito ai partecipanti di esplorare gli assunti fondanti dell’amore inteso come esperienza ancestrale molteplice e sfaccettata, vissuta tra mito e attualità, tra sogno e realtà quotidiana, nella sfera intima e protetta della coppia o del nido familiare, così come nel comune e condiviso substrato sociale, politico e culturale. Nell’interpretazione del tema predomina una scelta coloristica fortemente simbolica improntata all’uso ricorrente del bianco e del rosso. Questa osservazione ci rimanda al dualismo: vita-morte, purezza e passione, senso mistico e sensualità, sentimento cosmico e desiderio privato, toccante attrazione e fraterna solidarietà, quasi un sentimento bipolare che sprigiona una forza prorompente nel comporre abbracci, intrecciare mani e sguardi, avvicinare corpi e unire membra in un anelito di trainante e contagiosa condivisione.
54 sono gli autori chiamati a esprimersi attraverso il filo, utilizzato in tutte le accezioni materiche: rame, seta, ferro, luce, lana, vetro etc. nei minitessili, opere di piccole dimensioni (20X20X20 cm). che caratterizzano lo spirito della manifestazione. Accanto a queste, volte a svelare le relazioni che legano Eros e tessuto, 15 grandi installazioni realizzate da artisti più affermati, che, nel corso della loro attività artistica, si sono cimentati con le tecniche e materiali propri della tessitura. Un sottile fil rouge attraversa come una trama serpeggiante, facendo da comune denominatore a tutto il tema del discorso artistico. E il filo della tela diventa una metafora della passione: come l’esile filo di lana donato da Arianna all’amato Teseo, un dono d’amore per poter segnare agevolmente la strada verso la libertà nella fuga dal labirinto. La creatività si muove con disinvoltura tra fibre (Zannetme/Conjectures di Mert Taskin Demir, Force of the nature di Marketta Timonen) e fili (…Vital Energy… di Danguole Cachaviciene, Three Duos di Danielle Boisselier Patrizia, Thread of Feeling di Kaoru Nakano) imbottiture (Old siren longing for love di Lis Lindkvist Nielsen Tania, First Love di Monika Teal, Pheromone di Noriko Tomita) corde (Eros di Annica Stiernlof) filamenti e spaghi (Rhizome di Magali Mascarello, The wounded eros di Maire Koivisto) reti (Spring of Eros di Michiko Kawarabayashi, El beso di Maria Ortega Gàlvez Violetta) che inglobano delicatamente elementi naturali presenti in natura: legni e rami (Scherzo di Annalisa Apollinari, Coeurs a corps di Ghislaine Berlier Garcia, Moto Verso di Laura Valeria Consonni, Weneedto di Giovanna Del Grande), accanto a piccoli objet trouvé, a elementi di varie forme in carta (Sea of Love di Joanna, Embrace di Richard Sweeney e Prevailing of Love di Noriko Takamiya) in stoffa tessuta a telaio (Trap di Henryka Zaremba, Love letters-eros messenger of love di Erika Ward) in pelle (Dream di Pelin Dikmen) in creta o argilla (Oltre la lussuria di Anna Bernasconi, Unexpected di Agnieszka Kopec) in metallo, (Vibrations di Alvaro Diego Gomez Campuzano, Dove il dottor Faustroll amò Visitè e poi morì di Tania Lorandi) in vetro (Juego entre manos di Cristina Gamez), ricreando piccoli universi in miniatura.
Una buona dose di poesia di cui solo gli artisti sono “inconsapevoli portatori sani” li contamina di nuova vita, come un virus letale, tramutandoli in simboli d’amore e del desiderio erotico. Eros inteso come energia generatrice di slancio vitale creativo che spinge l’uomo inesorabilmente a esprimere le proprie emozioni, ad attribuire valore a pulsioni, sogni e desideri, a concepire idee, progetti e opere d’ingegno e di bellezza. E hanno tutta l’aria di grandi progetti. La prima installazione che incontriamo nel giardino antistante a Villa Olmo è Piante celesti, di Daniele Delfino artista milanese e Blaise Cayol, artigiano paesaggista. L’opera vuole esprimere la ricerca di una forma espressiva contemporanea attraverso assemblaggio e intreccio di legni, con terra, pietra e ferro, pratica fatta di gesti antichi che ci riportano indietro nel tempo, all’arte preistorica, alla manipolazione di materiali naturali elementari. «Realizziamo opere con frequenti riferimenti a simbologie arcaiche legate ai bisogni primari dell’uomo, con particolare attenzione ai valori antropologici della relazione uomo –natura». All’ingresso della sede espositiva ci accoglie Cage di Manuel Ameztoy un’incandescente e impalpabile cascata di leggeri pannelli in tessuto-non-tessuto rosso, traforato come un moderno pizzo a ritaglio, che attraversano in verticale i diversi piani dell’edificio fino a lambire il pavimento. Il materiale povero della stoffa (TNT) contrasta con l’abbondanza degli strati in lievi variazioni del tono carminio, ondeggianti all’aria, che trasmettono una vibrante carica energetica e catalizzano la curiosità dei visitatori.
Annalù Boeretto è l’autrice di Sagitta (Saetta), un’opera in vetroresina, carta, foglia d’oro e d’argento, che raffigura una freccia rivolta verso il basso che, con la forza e l’energia dell’Eros, trafigge e attraversa il raziocinio racchiuso nelle pagine di una pila di libri. «Il mio lavoro vuole ricordare questo conflitto denso di energia, come amore e sessualità contengano emozioni e significati psicologici e antropologici che sono il prodotto di pulsioni naturali frammiste a esperienze sociali, morali e religiose» afferma Annalù.
I love you di Giuseppe Coco è invece una video proiezione su elementi vegetali, in una sorta di composizione-scomposizione di immagini, simbolo dell’immaginario collettivo sulla frantumazione e trasformazione della materia. «Ho cercato di rappresentare le mille maschere dell’amore, o ciò che comunemente viene inteso come tale. Artificio e natura, reale e virtuale, s’incrociano in un viaggio alla scoperta dell’eterno femminino e della molteplicità dei suoi significati» precisa l’artista. Il progetto elaborato da Candida Ferrari tiene conto delle peculiarità dello spazio espositivo ricco di bellezza e di storia, in cui inserisce un tessuto trasparente dipinto di bianco illuminato dall’alto. «Da anni lavoro con carte pregiate e plexiglass trasparente, con fogli dorati o argentati, mai fissi, in maniera tale da segnare un movimento e quindi un tempo» spiega l’artista parmense «la luce oltrepassa, a volte velocemente altre più lentamente, i materiali delle opere, trasparenti e opportunamente dipinti, creando rapide cangianze e profonde rifrazioni. Ho chiamato l’opera Dualità per l’incastrarsi di due lastre, una cangiante e una argento, che si uniscono al centro in questa fascia luminosa».
Every moment lost is lost forever di Mandy Greer è una performance ambientata nella sala del teatrino della villa, appartenuta anche ai Visconti, sul cui palco si sarebbe esibito, da giovanissimo, anche il famoso regista Luchino. La scenografia di grande suggestione raffigura un paesaggio surreale realizzato in tessuto e filo lavorato all’uncinetto, carta, perline, pelle, cartapesta, barre e cavi d’acciaio, che compone al centro un vulcano capovolto da cui fuoriesce del fumo, mentre in alto voraci uccelli da preda si cibano di carogne. Tutt’intorno si muovono molto lentamente statue viventi, come emanazioni stesse della materia, rese irriconoscibili nei tratti dall’aggrovigliarsi dei fili e dei lembi di tessuto. L’immagine dove prevale il dualismo carne-fumo, sottolineato anche con un uso appropriato dei colori, rappresenta la ruota del tempo, mossa dalle polarità tra Eros e Thanatos. «Ciò che amiamo ci consuma – un ideale, un bambino, un amante – non ci porta all’oblio, al nulla, ma piuttosto ci rigenera» è il commento di Mandy Greer vincitrice di numerosi premi per installazioni, fotografie, spettacoli e film da lei creati. Molto significativo anche All for love (Tutto per amore) che è il titolo di un lavoro legato alla corporeità e al sesso attraverso l’uso dei capelli, di Fiona Kirkwood, vincitrice del primo premio a “Textile 05”, Biennale d’Arte di Kaunas, in Lituania. «Ho sempre amato sperimentare con i miei capelli in quanto storicamente considerati un’arma di seduzione. L’atto di accarezzarli è un gesto di per sè molto affettuoso. Per questo motivo in alcune società, il capo deve rimanere coperto. Ho realizzato questa installazione utilizzando capelli miei, di miei amici sudafricani bianchi e neri, che ho filmato, e capelli raccolti in saloni di parrucchieri. L’opera esprime l’amore che provo per me stessa e per i miei simili. Sto distesa galleggiando in un universo tenuto sospeso dai miei capelli, ma sono anche circondata dai capelli della popolazione del mio paese in Sud Africa. Il lavoro ha la sensazione di gioia di vivere (amore per la vita) nella sua vivacità ed energia». Beili Liu, artista cinese di nazionalità statunitense, s’ispira all’antica leggenda del “Filo rosso del destino” secondo cui, al momento della nascita, un invisibile filo rosso lega ciascun individuo alle persone che, nonostante distanze fisiche, barriere e diversità culturali, incontrerà nel corso della sua vita, Un laccio invisibile collega dunque anche gli innamorati “nati l’uno per l’altro”, destinati a ritrovarsi in un comune destino, evocato in questa bella installazione intitolata Lure, da centinaia di coppie di spirali rosse sospese al soffitto e mosse da un leggero flusso d’aria. L’idea del filo caratterizza anche l’opera del giapponese Keiichi Nagasawa, in cotone e polipropilene, intitolata Life (2002).
La sintesi della vita si esplica nel concetto di nascita (filo rosso) e morte (filo nero) e l’opera si sviluppa attraverso una serie di mezzibusti trasparenti percorsi dall’intricarsi dei fili, disposti in ordinate sequenze parallele, che rappresentano la società in rapido mutamento, mentre gli uomini rimangono attoniti e smarriti. Tutto l’incanto e la poesia dell’arte giapponese s’irradiano dalla magica installazione di Noriko Narahira, intitolata On a line (Su di una linea). Usando corde di pianoforte l’artista ha creato una pioggia di semplici linee verticali, che scendono dal soffitto e con la loro variazione cromatica simboleggiano le relazioni tra natura e gli umani. Al cospetto con Madre Natura l’essere umano ritrova la pulsione dell’Eros. Il rosso rappresenta la carne e il sangue; il bianco è la luce del sole. Le linee s’incrociano e si aggrovigliano con le altre e i nodi che s’incontrano stanno a testimoniare la sofferenza dello sforzo generativo. «L’Eros è il concetto simbolico della copula da cui nascono i viventi e la loro successione, esprimo il nostro complesso e invisibile regno di Eros: l’energia vitale». Yinka Shonibare, artista noto sulla scena internazionale per l’esplorazione dei temi del colonialismo e della globalizzazione presenta un’opera del 2007, intitolata The Crowning. Attraverso un gioco di rimandi culturali tra Africa ed Europa che coinvolgono più mezzi espressivi (pittura, scultura, fotografia e cinematografia) Shonibare esamina la costruzione della nostra identità collettiva contemporanea. Con due manichini, a grandezza naturale, privi di testa che raffigurano due amanti in un giardino, abbigliati con elaborati costumi del XVIII secolo, costruisce un quadro-scultura, ispirato da una serie di dipinti di Jean-Honoré Fragonard. Le stoffe degli abiti non sono preziose sete broccate francesi, ma tessuti in cotone, stampati a batik, (oggetto di transazioni commerciali coloniali) il cui decoro riproduce il logo CHANEL, proprio a significare le commistioni tra identità e consumo della società contemporanea.
Livia Ugolini espone in questa edizione di Miniartextil l’opera Nel suo dolce seno realizzata in tessuto cucito e imbottito imbevuto nel gesso, fil di ferro, carta e filo di nylon. Riproduce «Pasticcini seducenti, ciliegine stuzzicanti, bignè invitanti… per le sue forme di florido seno femminile con turgido capezzolo… un esercito di dolci attrazioni che risvegliano e creano reti di tentazioni… e che si rivela intrigante al momento dell’assaggio». Altri grandi lavori presentati alla mostra sono: Veil, di Kumi Yamashita, sul tema della demonizzazione e censura del nudo, il Garden sweet garden di Mai Tabakian e Nest Wall di Takaaki Tanaka. Tutte le opere sono state selezionate da una giuria composta da Luciano Caramel, Maria Cristina Cedrini e Vito Capone, scelte tra le proposte di 430 artisti rappresentanti 43 nazioni, invitano gli spettatori a lasciarsi coinvolgere in un moto d’amore capace di oltrepassare il proprio microcosmo individuale per proiettarsi in una dimensione più generale e globale concorrendo in tal modo alla creazione di un percorso comune e collettivo che universalizza tutti i moti dell’animo.
Alla rassegna d’arte ‘Miniartextil’ è affiancata un’ampia e articolata offerta culturale, che propone una serie di appuntamenti collaterali, che spaziano dal cinema alla poesia, dall’architettura alla musica, ai laboratori didattici e alle conferenze, intrecciando con i fili un dialogo stretto tra le diverse declinazioni dell’Eros. Dalla città tessile comasca, in forma itinerante, la mostra approderà verso altre location europee: dal 28-02 al 23-03-2014 sarà ospitata Au Beffroi, 2 Place Emile Cresp, a Montrouge, il quartiere di Parigi adiacente a Montparnasse; dal 12-04 al 13-06-2014 sarà al Musée de la Dentelle di Caudry (F).