Migrazioni
. Numero molto ricco di spunti, dati, esperienze reali e speranze per il futuro. “Le migrazioni”, usare il plurale è d’obbligo. È un fenomeno globale, comunitario a volte, sempre in condivisione con altri. Non è possibile migrare senza incontrare l’altro.
Bisognerebbe parlare di migrazioni come abitudine umana, tornare ad affrontare il tema non solo dal lato negativo (che può essere solo quello dell’abbandono di migliaia di persone a se stesse, della reclusione in centri di accoglienza disorganizzati, sfruttamento lavorativo, violenze razziste, sicurezza in genere), il migrante costringe la gente che li accoglie a pensare ad una situazione diversa, a ragionare anche sul suo modello di vita. Si scontrano/incontrano due modelli di società e tradizioni che non sempre sono così diversi. Anzi, per il Mediterraneo è normalissimo migrare da una città all’altra e sentirsi sempre vicini a casa propria.
Ci sono tante dimensioni, tante qualità di migrazioni: costrette da questioni politiche, di razza o religione, economiche di sopravvivenza ed economiche di qualità del lavoro e di prestigio, migrazioni legate all’occasione o molte volte all’amore.
Poi c’è la dimensione spirituale della migrazione. C’è qualcosa che si abbandona per sempre quando si decide di partire, ogni luogo è in qualche modo lontano da quello di partenza, fosse anche il paesino vicino a quello di nascita. La dimensione migrante colpisce l’anima prima del portafoglio.
Anche quando le migrazioni “di lusso” ci portano per lavoro in altri paesi, non si può non sentire un distacco dalle proprie origini. Si fa una scelta precisa, si va sapendo benissimo che qualcosa si lascia indietro.
Ma la scelta dev’essere chiara, non si può vivere a metà strada pensando sempre alla ritorno, come le numerose diaspore della storia. Chi migra dovrebbe farlo senza guardarsi indietro, perlomeno per non soffrire troppo il distacco. Si può discutere su cosa sia la migrazione, il perché una persona decida di andare, qual’è la molla che gli fa prendere coraggio, a differenza della maggioranza che non parte.
Il viaggio e la migrazione rappresenta l’uomo molto più delle culture native. Le migrazioni sono madri delle culture del mondo, del Mediterraneo in particolare. Poi c’è il piacere della scoperta, la voglia di conoscenza, l’esigenza di provare a se stessi che si merita di più dalla vita. La cultura di appartenenza può essere anche stretta, asfissiante, congelata in stereotipi immortali. Si migra per crescere e per ampliare lo spettro di esperienze, che forse in patria non è possibile coltivare.
Dovrebbe essere un dovere morale la migrazione, almeno temporanea. Noi tifiamo ad esempio all’Erasmus e a tutti i progetti europei che permettano un’esperienza in un altro paese del Mediterraneo, un dovere prima che un piacere!
Buona lettura con i pezzi di:
Carmen Bilotta, I diritti degli immigrati in fabbrica: dalla diffidenza all’integrazione – Albania: l’immigrazione al contrario. Le Aquile tornano al nido
Gaetano Cataldo, Origine ed itinerari del Primitivo – Naviganti e migranti
Piero Castellano, Vivere all’estero
Francesca Utzeri, Migrazione: lavoro di cura, genere ed etnicità – Migration of Rumanien caregivers to Sardina: A hopeful journey?
Federica Contu, Il viaggio della “speranza” di una migrante di lusso. Maria Antonietta d’Asburgo
Barbara Picci, New York – L’Epistrophy – Esportazione, integrazione e trasformazione del modello mediterraneo
Giuseppe Novella, Arcoiris Onlus: a Quartu un melting pot di creatività e cultura
Maria Grazia Sussarellu, Costantino Nivola, figlio di Orani e del Mediterraneo
Fabio Ciminera, Le rotte della musica
Daniele Carbini Ciàn, Callone, Abà e maccu
Erica Verducci, Letteratura ed emigrazione: la letteratura italoamericana – Migrazioni italiane
Sabina Murru, Migrazioni colorate
Massimiliano Farris, Occasioni di crescita nel nuovo mondo: dalla Sardegna al Cile