Un giovane boyscout
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“Con l’aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio:– per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio paese;– per aiutare gli altri in ogni circostanza;– per osservare la Legge scout”.

Era il 1907 quando Lord Robert Baden Powell fondò lo scautismo con l’obiettivo di formare i giovani e farne dei cittadini coraggiosi e pronti a mettersi al servizio del prossimo. Cittadinanza e servizio, un metodo educativo che esprime un ideale di vita. Dal diritto di poter manifestare liberamente un opinione e vivere in democrazia, al dovere di porsi a disposizione del proprio paese. Nessun vincolo a dover morire per una bandiera come veniva imposto tempi addietro, solo la richiesta di darsi da fare per la comunità nella quale si vive. Si rispolvera quel libercolo di educazione civica che veniva distribuito alle scuole medie ed elementari dove si studiava, oltre le cariche dello stato e qualche stralcio di Costituzione, le norme implicite di una società organizzata, comunemente chiamate buone maniere.

Buone maniere e norme di comportamento perse nei frenetici ritmi attuali, dove l’individualismo ci fa spesso pensare alle strade di città come d’altri e considerare nostro solo il pavimento dell’appartamento in cui viviamo. Vien facile con questi presupposti gettare a terra i rifiuti, non prendersi cura degli spazi pubblici, sollevarsi da qualunque responsabilità con il motto “I politici sono pagati abbastanza per farlo al posto mio”.

I cittadini hanno perso quel senso di comunità proprio dei padri costituenti ma anche delle lotte degli anni settanta. Si è lasciata per strada la voglia di migliorare il paese insieme e si è creata una voragine tra coloro che stanno al governo e gli elettori . Questo distacco non è imputabile solo ed esclusivamente agli eletti. Gran parte delle responsabilità sono dei votanti. Nonostante in Italia si registri tutt’ora, rispetto ad altre nazioni Europee o agli Stati Uniti, un alto tasso di affluenza al voto, coloro che si recano alle urne vanno con disincanto, privi della carica energetica propria delle masse che hanno voglia di cambiare e impegnarsi. La maggior parte entra nella cabina elettorale con l’idea di indicare colui o colei dalla cui elezione potrà trarre maggiori vantaggi; manca del tutto un’idea di futuro, un progetto di sviluppo e questo lo si ottiene pensando insieme al domani, condividendo la giornata, frequentando comunità associative, vivendo la piazza.

Oggi l’antipolitica dilagante viene ricondotta solo ad una mancanza di professionalità degli amministratori attuali senza mai riflettere sul passaggio precedente. Prima di diventare politici queste persone erano, e sono, cittadini e se nelle istituzioni ragionano in certi termini è perché non hanno mai provato un reale senso di responsabilità verso la propria comunità. Ecco quindi che il fenomeno impropriamente chiamato “antipolitica” è strettamente collegato a quello dell’individualismo. Il personalismo dilagante della società liquida, minuziosamente descritta da Zygmunt Bauman, spiega proprio questo senso di abbandono degli impegni verso il prossimo, la totale mancanza di vincoli che imprimano un qualsivoglia dovere sulla coscienza, che non sia quello verso se stessi. Il senso di comunità che porta alla creazione e al mantenimento di uno Stato viene meno e con esso si dissolve il Dovere di fare politica che coinvolge ogni cittadino, partendo da quel lontano volume di educazione civica distribuito alla scuola primaria.

E’ in questo scenario frettoloso e unilaterale che si sgretolano le tradizioni e le istituzioni; è in questa nuova difficile società che le associazioni ricoprono un ruolo fondamentale. Le comunità associative vanno a colmare quei vuoti creati dai “non luoghi” di ritrovo che non facilitano un reale scambio di sensazioni, una crescita collettiva.

Negli ultimi anni sono stati proprio gli scout per i più piccoli, le acli e le comunità sportive a supportare i genitori nel difficile compito educativo, mentre loro hanno contrastato la liquidità del mondo moderno nelle associazioni culturali, politiche o di impegno sociale. Nonostante la crisi dell’associazionismo dovuta ad una sempre maggiore chiusura dell’individuo e un taglio di fondi statali in tal senso, le piccole comunità del nuovo millennio hanno continuato a svolgere il complicato ruolo di animatori dei territori, promuovendo socialità e partecipazione. E a loro, oggi, che viene affidato maggiormente il compito di guida, di educazione delle masse e all’interno di queste realtà che si creano movimenti di opinione, si fa sistema.
Oggi la politica che si discute sui media è quella dei privilegi, degli incarichi, dei benefit e delle alleanze, quella che un sistema “liquido” ci propone come distante dalle difficoltà quotidiane. Ma la vera politica, quella che ancora si respira nelle piccole stanze delle associazioni c’è ed è quella che parte dal dovere, dalla necessità di formare futuri cittadini modello. Giovani e adulti che si impegnano per il prossimo senza discutere di cariche o tesseramenti ma con il pensiero rivolto solo al benessere di un mondo che magari neppure conosceranno.

In questa realtà sono oltre 38 milioni i bambini, ragazzi ed adulti, uomini e donne che in 216 paesi e territori del mondo sono scouts e guide, fanno una promessa all’età di dodici anni e da quel momento si impegnano a “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’anno trovato”. Ci riescono? Non sempre, ma il loro cuore, le loro azioni rispondono all’imperativo di Estote Parati – Siate Pronti – da adolescenti e a quello di Servire da adulti.
Con la promessa si entra a far parte di una famiglia, una comunità che condivide l’obiettivo della responsabilità verso il prossimo, dell’esserci sempre. Si mette in gioco il proprio onore sapendo che il percorso sarà impegnativo e che l’importante non sarà mai l’esser arrivati, quanto fare del proprio meglio. Un impegno senza fine che dalla comunità dei fazzolettoni si trasferisce all’intera società civile perché il motto insegna “Scout una volta, scout per sempre”.

E quel giglio impresso nel cuore porta con se il rispetto per gli altri, ma soprattutto l’obbligo verso il mondo di donare il proprio tempo, la propria fatica, le proprie competenze per far crescere la comunità nella quale si vive. L’associazionismo scout porta avanti ancora oggi l’organigramma adatto per sviluppare l’arte della politica, quella vera, quella che intende amministrare la città e tende ad un benessere collettivo e lo fa rispettando il primo articolo della legge: “pongono il loro onore nel meritare fiducia”.

Il 22 e 23 giugno prossimo il Consiglio Nazionale dell’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani (AGESCI) si incontrerà ad Alghero per tracciare le linee politiche, mettere nero su bianco le azioni generali discusse precedentemente dal Consiglio Generale. Un incontro di due giorni cui parteciperanno oltre 100 guide e scout, i responsabili di tutte le regioni e i delegati nazionali. Un apparato organizzato per rappresentare l’intera comunità e che democraticamente guida bambini, giovani e adulti in una scelta di vita che fa dell’impegno civico il suo cuore pulsante. Un punto importante all’ordine del giorno del Consiglio, che per la prima volta si svolgerà in Sardegna, sarà la Route Nazionale del 2014 che come argomento di discussione ha proprio l’esperienza dell’azione politica che genera relazioni e legami nel territorio. “È il tempo di mettersi in strada con coraggio, per generare cambiamento e per liberare l’amore e il desiderio di nuova vita, che è nel cuore dei Rover e delle Scolte… per trasformare il coraggio in strada di futuro”, recita il sito web dell’evento che per il 2014 ha già iniziato a tracciare la strada per lasciare un segno, quello del cambiamento.

www.agesci.org
http://www.routenazionale.it/
http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html

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