Porto Cervo Wine Festival
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Se il vino è per antonomasia la bevanda della civilizzazione lo si deve anche all’elemento che ne è divenuto vettore: il mare. Si pensi al viaggio della Vitis vinifera attraverso i secoli dai “Giardini del Caucaso” a tutto il bacino del “Mare Nostrum” grazie a Sumeri, Babilonesi ed Egizi, ma soprattutto all’attività marittima di Greci e Fenici; a quei naviganti dobbiamo la distribuzione della vite e del vino in Magna Grecia, Sardegna e lungo le coste mediterranee; sono stati in parte artefici dell’odierno panorama ampelografico, completato poi dai Romani pressoché in tutt’Europa.

Il Mediterraneo è riuscito ad essere il mezzo di diffusione della cultura del bere anche in tempi relativamente recenti: con l’epopea della vela si è reso possibile il commercio di vini liquorosi quali il Marsala, ad esempio, molto apprezzato dagli inglesi e destinato altrimenti a un consumo locale. Ma il mare può essere ancora una forza trainante per il settore enologico ed alimentare, essere denominatore comune irrinunciabile per una migliore immagine e propaganda del vino italiano, della dieta mediterranea e per dare ulteriore rilievo alle eccellenze DOP ed IGP di ciascuna regione.

L’Italia vanta circa 8000 km di costa e più di 900 porti, la maggior parte dei quali adibiti non solo a scalo merci ma anche per il diporto, per un totale di 147.000 posti barca: appena la metà della domanda! Il settore turistico e portuale dovrebbero rifletterci, in ragione della crescita dello yachting in Italia e della capacità sempre attuale di attirare, con l’incomparabile ed eterogenea bellezza paesaggistica, l’inestimabile patrimonio artistico e gli innumerevoli siti di interesse storico, visitatori da ogni parte del mondo. I porti-marina non rappresentano solo l’avamposto per raggiungere le bellissime isole dei nostri arcipelagi, la piacevole sosta per serate mondane o tappe affrettate ove rifornirsi e via. Non solo. Che sia ubicato in Laguna Veneta piuttosto che in Costa Smeralda, che si tratti di un approdo delle Eolie anziché della Versilia, della Costiera Amalfitana, delle Cinque Terre o del Gargano, dall’Elba a Pantelleria il porto-marina è l’accesso dal mare per l’entroterra; proscenio ideale per la cultura storico-artistica locale e della più tipica identità enogastronomica, esso è un terreno fertile per produttori ed imprenditori e potrebbe significare una considerevole risorsa per l’occupazione. Avere la possibilità di accogliere i diportisti stranieri ma anche quelli provenienti da altre regioni è un’opportunità unica per promuovere i prodotti tipici del territorio e ribadire che la dieta mediterranea, nata in Cilento e diffusa in tutta la Penisola, è patrimonio immateriale “per” l’umanità.

Diffondere il “made in Italy” consiste anche nel saper rendere il turista stesso “portatore sano” della nostra poliedrica cultura enogastronomica e sorprenderlo attraverso pubblicità, eventi, rassegne del gusto e ciò, nelle aree dei marina, risulterebbe davvero proficuo ed efficace. Tutt’oggi il diporto, charter e armatoriale, resta un fenomeno d’elite, pertanto occorrono stile, competenza e preparazione sia da parte dello staff portuale addetto alla ricezione degli yachts che degli equipaggi operanti a bordo. E questo sapere non può essere limitato alla sola arte marinaresca e della navigazione: gestire uno yacht prevede non solo la presenza di comandanti e marinai avvezzi all’andar per mare, ma anche di hostess/steward e di chef a cui vengono affidati i compiti dell’hotellerie, dell’arte culinaria e del food & beverage management. Si chiede loro professionalità, una preparazione culturale di ampio respiro, spiccata comunicabilità, anche in lingua straniera e una conoscenza a 360° del luogo, per consigliare gli ospiti sul come godersi al meglio l’approdo e sotto ogni aspetto; in porto bisogna rifornire la cambusa con prodotti freschi, magari presso i mercati del pesce e dell’ortofrutta, che in certe graziose località di mare si tengono ogni giorno dipingendone il folklore, presso punti vendita di prodotti locali di qualità o “ship chandlers”che, all’occorrenza, offrano anche servizi catering.

Infatti il trend vuole che noleggiatori e proprietari di yachts prediligano vino e cucina regionale in base all’offerta a km zero; tali preferenze da parte degli ospiti non sono casuali ma denotano ricercatezza nel gusto e il culto di degustare il territorio, ove si è ormeggiati, in ogni senso. Si tratta di uno sbocco professionale appetibile, competitivo ed innovativo non solo per le figure professionali marittimo-alberghiere ma anche per il sommelier, più che idoneo a ricoprire il ruolo di ambasciatore del territorio e delle realtà produttive locali sul “fronte del porto” e, perché no, anche a bordo, magari per redigere la wine-list in base alle proposte dello chef e coadiuvare al servizio ai tavoli. Un must per produttori, cantine ed imprese turistiche suscitare interesse e stimolo allestendo laboratori di cucina, banchi d’assaggio e stands nei marina che fungano da front-offices per la propaganda delle loro attività economiche, ma che siano anche postazioni ideali per esperti comunicatori del vino e del cibo e per le guide turistiche.

La nautica da diporto può offrire davvero un ventaglio di opportunità per tutti ma bisogna comprendere l’esigenza di una seria riqualificazione e modernizzazione delle infrastrutture; occorre inoltre che enti e associazione di categoria, società di charter nautico e strutture portuali comunichino e collaborino tra loro e, al personale, l’imprescindibile capacità professionale di mettersi in discussione e conseguire titoli requisiti occorrenti per entrare a far parte dell’equipaggio di uno yacht. Il mare non è mai stato così generoso e carico di promesse.

1 thought on “Enogastronomia italiana e nautica di diporto: possibili prospettive

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