È difficile definire la cittadinanza quando si nasce in un paese dove si parla in arabo, si scherza in francese, si sogna in italiano e si canta in berbero.
La maggior parte dei tunisini si sente poliglotta dalle molteplici sfaccettature, e ha un senso di adattamento quasi incredibile. Ho sempre pensato a quanto mi era riuscito adattarmi ad un clima come quello di Pavia per otto anni e a quanto sia facile riempire una valigia e decidere di raggiungere una nuova destinazione. Alle poche domande che ci facciamo prima di andare in un paese sconosciuto. E dopo tre anni che vivo a Tunisi ho trovato la riposta noi tunisini abbiamo origini nomadi ed è probabilmente per questa ragione che ci adattiamo così facilmente.
L’accento fa presto a colorarsi di tinte locali si può infatti trovare tunisini con l’accento milanese, altri con quello napoletano… si fa presto ad apprezzare la polenta o la fregola sarda a sostituire il pane arabo rotondo con il pane genovese. Appartenere ad un’unica terra è sempre complesso da spiegare per un animo nato ad Ifriqya antico nome dato alla Tunisia da un lato perché le civiltà araba, berbera, fenicia romana, turca, francese, italiana… si sono succedute creando un mosaico fragile e intenso di identità e di culture diverse dove è difficile identificarsi ad un unicum. Mentre la seconda ragione è dovuta al colonialismo che ha lasciato tracce nella misura in cui ha cancellato una parte della cultura arabo musulmana e berbera. Seppur ci siamo identificati ai popoli arabo-musulmani ci hanno sempre considerati ad occidente per la nostra diglossia linguistica. Ma noi abbiamo sempre visto in questo una ricchezza e non una debolezza. La nostra parlata tunisina è contaminata di tracce secolari e per questo che ci sentiamo ibridi ma anche sincretici al contempo.
I momenti storici di consolidamento del nazionalismo tunisino sono stati l’indipendenza nel 1956 e la rivoluzione del 14 gennaio 2011. Non avendo vissuto il primo momento potrei parlare del secondo. Sono sei mesi che noto in Tunisia un fenomeno particolare. Non ho mai visto così tanti giovani con le magliette, le borse, teli da spiaggia con la bandiera tunisina. Non ho mai sentito nelle macchine in autostrada così tante volte l’inno nazionale. Non ho mai sentito simili commenti possessivi e gelosi verso la Tunisia e atteggiamenti protettivi come in questi ultimi mesi.
“Toccate tutto tranne la nostra Tunisia”. A tutte queste domande c’è una riposta molto semplice il nazionalismo e la cittadinanza si costruiscono dal basso e in massa quando i popoli si uniscono per un’unica causa la nostra è stata quella della libertà e della dignità. Ho sempre invidiato i popoli che ostentavano le loro bandiere ad ogni occasione e ora sono fiera del mio popolo. Certo non si può misurare il senso della cittadinanza e del nazionalismo con l’ostentamento di una bandiera ma è sempre un modo per difendere il proprio paese.
La nostra battaglia è ancora in corso per costruire un paese basato sul senso del dovere civico e l’abbandono del regionamlismo imposto dalle politiche del passato.