Articolo di Laura Zimbardo
“Il vino sa rivestire il più sordido tugurio d’un lusso miracoloso e innalza portici favolosi nell’oro del suo rosso vapore, come un tramonto in un cielo annuvolato”.
Baudelaire ” I Fiori del male”
Situata nel cuore del Mediterraneo, con le sue condizioni climatiche ideali, le sue terre collinose, la leggera brezza di mare e con un sole appassionato, la Sicilia è stata spesso chiamata “l’isola del vino” oancora “terra vocata al vino”. Si narra che la vite germogliò per la prima volta proprio in Sicilia dalle lacrime del Dionisio assetato. Nacque così quel nettare che il dio greco donò agli uomini per alleviare le loro fatiche e agli Dei per allietare i loro sensi.
E’ stato scritto: “Dietro ogni bottiglia di vino c’è l’immagine viva, dolce e ad un tempo un po’ amara della terra in cui il vino è nato. Il vino non è solo il prodotto della terra ma possiede anche una dimensione culturale ed è solo attraverso la conoscenza del suo passato che si può comprendere la sua realtà attuale, è solo attraverso la conoscenza delle sue vicende produttive che si comprende a pieno il suo presente”1.
Dopo secoli di coltura e cultura del vino in Sicilia, oggi la storia che vogliamo raccontare rievoca quelle lacrime di Dioniso assetato e la nascita di un nuovo nettare donato ai siciliani e non solo. Questo però non è un mito ma una storia vera, che conosce il suo passato, ne soffre, ma si impegna alla luce del sole di cambiare il presente e il futuro per berne il succo, genuino e libero, della sua terra.
La storia è quella di una Sicilia assetata di giustizia e libera dalle mafie, il nuovo nettare è il vino prodotto dalla Cantina Centopassi.
La cantina Centopassi, ispirata al famoso film di Marco Tullio Giordana sulla vita di Peppino Impastato ucciso dalla mafia, è senza dubbio una delle più belle realtà siciliane.
La cantina è una s.r.l. che unisce l’attività di due aziende di Libera Terra: le cooperative Placido Rizzotto e Pio La Torre, che svolgono il loro lavoro su terreni confiscati alla mafia. Aziende ad alto valore sociale che negli anni hanno prodotto vini di livello qualitativo elevato. Le terre confiscate, appartenenti ai boss mafiosi Brusca, Riina, ecc. raggiungono oggi la superficie di 400 ettari, 42 di questi sono destinati a vigneto.
Nel 2001 un gruppo di ragazzi fonda la Cooperativa Placido Rizzotto – Libera Terra. Il progetto, promosso dall’Associazione Libera – Nome e numeri contro le mafie, fondata il 25 marzo del 1995 da Don Luigi Ciotti e dalla Prefettura di Palermo, nasce all’interno del programma Libera Terra che ha il fine di riqualificare, dopo anni di abbandono, i terreni confiscati ai boss mafiosi di Corleone, un paese in provincia di Palermo. Qualche anno dopo, precisamente il 22 giugno del 2007, nasce, grazie allo stesso progetto, la Cooperativa Pio La Torre – Libera Terra. Pio La Torre era un politico italiano che si batteva per i diritti dei braccianti e per il bene dell’agricoltura italiana, prima all’interno della Confederterra, poi come segretario regionale della Cgil in Sicilia. Per la sua costante lotta all’illegalità, fu assassinato dalla mafia il 30 aprile del 1982.
La nascita di questa realtà, oltre alla forza e al coraggio di questi giovani, é stata possibile anche grazie alla legge n. 109 del 1996 che permette il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie da parte della collettività. In questo senso, la legge 109 rappresenta uno degli strumenti più avanzati per contrastare la criminalità organizzata in campo sociale ed economico. La legge è il frutto di una delle prime battaglie della neonata associazione Libera, che raccolse un milione di firme per la proposta di legge sull’esproprio dei beni delle mafie e la loro restituzione alla società civile.
Passione, impegno e competenza guidano la conduzione rigorosamente biologica dei vigneti dell’area Alto Belice Corleonese. Il primo vino prodotto interamente dai beni confiscati ai clan mafiosi e dai vigneti reimpiantati dopo anni di abbandono si chiama appunto “Centopassi”, un vino che in ogni suo elemento, dal nome all’etichetta, testimonia l’impegno civile di chi lo ha prodotto, facendosi portabandiera della legalità.
Il metodo scelto sin dall’inizio per la coltivazione dei vitigni, come si legge nel sito del marchio Libera Terra “é quello biologico e le produzioni sono tutte artigianali, al fine di garantire la bontà e la qualità dei prodotti che conservano il sapore antico della tradizione siciliana.”
I vini che vengono prodotti dalle due cooperative sono:
- Cataratto Terre Rosse di Giabbascio, Sicilia IGT
- Nero d’Avola Argille di Tagghia Via, Sicilia IGT
- Grillo Rocce di Pietra Longa, Sicilia IGT
- Syrah Marne di Saladino IGT, Sirah 100%
- Centopassi Rosso IGT, Nero d’Avola, Perricone
- Centopassi Bianco IGT, Cataratto, Grillo
- Placido Rizzotto Rosso ’08 IGT, prodotto da viti Nero d’Avola, Syrah, Merlot
- Placido Rizzotto Bianco ’08 IGT, una miscela di Cataratto, Chardonnay, Trebbiano
Alla nascita della linea Centopassi è stato importante anche l’aiuto tecnico fornito dagli esperti di Slow Food, che hanno supervisionato l’intero processo produttivo, dal lavoro nei vigneti fino all’imbottigliamento finale.I vini Centopassi hanno avuto ottime recensioni e sono stati inseriti, nel 2009, nelle pubblicazioni più prestigiose come le guide di Slow Food, L’Espresso e del Gambero Rosso. Centopassi è presente inoltre tra le 5 realtà al mondo candidate nella categoria Innovator of the Year del Wine Enthusiast Magazine, il cui vincitore riceverà l’omonimo premio internazionale a New York a gennaio 2011.
Oltre al vino, le cooperative producono legumi, miele e molti altri prodotti della terra, e portano avanti due strutture turistiche come l’agriturismo Portella della ginestra (sorge proprio a pochi metri dal luogo della strage di contadini del 1947) con annesso il Centro Ippico Giuseppe Di Matteo, e l’agriturismo Terre di Corleone.
Alla lotta contro la mafia inoltre, si lega anche la voglia di una produzione sostenibile, e così, proprio a fine novembre scorso, è stato inaugurato il primo impianto fotovoltaico della Cantina Centopassi: i vini prodotti nei terreni confiscati alla mafia saranno prodotti grazie all’energia delle fonti rinnovabili.
Legalità e sostenibilità esprimono come, in ogni angolo di terra arata, c’è la volontà di cambiare questa terra e in ogni vitigno la voglia di una nuova vita. Negli acini raccolti, l’unione di voler dare nuova linfa vitale: in ogni singola bottiglia c’è dunque la voglia di riscatto sociale della Sicilia limpida e robusta, vera e onesta.
1 “La Civiltà della vite in Sicilia” di Bruno Pastena; Edizioni Leopardi – Regione Siciliana Istituto Regionale della vite e del vino