Il consumo moderato di vino è un punto forte della dieta mediterranea: riduce il rischio di malattie cardiovascolari, aiuta a prevenire l’arteriosclerosi e patologie coronariche, e dulcis in fundo, è un piacevole modo di scaldare l’atmosfera.
E’ una bevanda che viene festeggiata, offerta in segno di ospitalità, che riempie e rallegra le feste, senza dubbio un elemento ricorrente nelle scene di banchetti, festività, ringraziamenti. Non a caso è un simbolo molto forte anche nell’Eucarestia Cristiana.
Si trovano riferimenti al vino e alla vendemmia in tantissimi contesti artistico-letterari, proprio per le sue doti di “accompagnatore” di situazioni rilassate e festose.
Una affascinante sfaccettatura di questo elemento si rivela nella mitologia greca, e per assimilazione di questa, anche nella cultura romana. Il vino era il simbolo di Dioniso, una delle divinità più complesse dell’Olimpo.
Egli incarna la forza vitale, quindi anche l’energia della Natura che permetteva all’uomo di ottenere dei raccolti abbondanti che avrebbero assicurato una stagione agiata.
Incarna la volontà di vita di qualsiasi essere vivente: la fertilità dell’uomo e della terra.
É facile immaginare quanto fosse importante questa divinità presso gli antichi Greci.
Certamente doveva essere piacevole festeggiarlo: i riti dionisiaci sono descritti come dei lunghi cortei in cui ci si esaltava fino alla frenesia, con l’effetto del vino.
Anche se nell’immaginario comune si pensa a Dioniso come un giovane ebbro coronato di foglie ed una coppa di vino in mano, la faccenda sembra essere molto più complicata.
Infatti la leggenda narra che Dioniso fosse nato da una relazione illecita tra Zeus e una mortale, e per questo Era, moglie del dio, punì il neonato con la pazzia. Egli vagò fino all’India con un corteo di satiri e menadi, fondando numerose città, e tornando verso la Grecia sconfisse molti nemici e sottomise molti popoli e territori.
Arrivato alle Isole dell’Egeo noleggiò un’imbarcazione da alcuni marinai, che in realtà erano dei pirati e che cercarono di vendere il dio come schiavo: questi si difese trasformando l’albero maestro della nave in una pianta di vite, e se stesso in un leone, materializzando anche delle belve feroci che si muovevano al suono di un flauto, mettendo così in fuga i finti marinai.
I riti dionisiaci ripercorrevano infatti le vicende della divinità: caotici cortei di donne e uomini ebbri di vino vestiti con pelli di animali, a rappresentare le Menadi ed i Satiri, ballavano insieme una danza dai ritmi ossessivi, detta ditirambo, suonata con flauti e tamburi. Il rito culminava con la caccia e lo sbranamento di una bestia selvatica.
Secondo alcune fonti nell’Antica Roma, in cui Dioniso era conosciuto come Bacco, e i riti dionisiaci come Baccanali, il tutto assumeva un’accezione più erotica e la caccia e lo sbranamento erano decisamente più cruenti. Il culto di Bacco fu sciolto nel II secolo a.C. a causa dello scontro con la religione ufficiale, anche se si continuò a officiarlo come solo culto propiziatorio, privo della componente misterica.
Nell’ambito dell’arte, Dioniso/Bacco viene raffigurato in linea di massima come un giovane dai lineamenti molto dolci, quasi femminili, coronato di foglie d’edera o alloro, o ancora di vite e grappoli d’uva, solitamente ebbro, con una elegante coppa colma in mano. E’ attorniato sovente da personaggi danzanti e sensuali, oppure è sdraiato su un triclino, pare godersi pacatamente l’attimo, e quasi trasmette la sensazione di rilassatezza che porta la preziosa bevanda.
Il filo conduttore che lega le opere che illustrano questo soggetto è il tentativo di rendere la mollezza che deriva dall’abbondanza, la spensieratezza e l’abbandono intimo dei corpi nel momento dell’ebbrezza, la frenesia del rito; il tutto coronato da calici e brocche ricolmi di vino, vassoi e piatti con grappoli d’uva e lucidi frutti di ogni tipo.
Questo può avvenire in disparati modi a seconda del periodo e a seconda della volontà dell’artista: Caravaggio ad esempio scelse di rappresentare un Bacco languido, che trasmettesse il piacere di momenti sciolti e suadenti. Rubens invece nei suoi dipinti ed incisioni accentua l’opulenza, il turbinio erotico che deriva dall’ebbrezza, grazie a una linea più brulicante e mossa. Tiziano, attraverso una gamma cromatica più accesa raffigura Bacco insieme alla sua sposa Arianna, e dinamizza la scena rendendo proprio l’idea del corteo festante.
Nelle ceramiche greche il movimento è intuibile invece attraverso piccoli dettagli, dal momento che le figure sono generalmente più stilizzate e statiche; mentre nella statuaria, sia classica che moderna la materia prende forme morbide, che bene incarnano e rendono giustizia al mito del Dio del Vino e dell’Uva, un mito che non è mai passato di moda e che ha affascinato i più grandi maestri, nonché i più semplici estimatori della piacevole bevanda.