Gelaterie Grom
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Cosa tiene accese le stelle? I gelati Grom…Federico Grom

e Guido Martinetti sono due amici che si stimano e che hanno una passione-ossessione in comune: la ricerca della qualità. Non hanno tentato di inventare l’acqua calda, no. Hanno deciso di scoprire come usare bene quella fredda, nei gelati… purché fosse di qualità pure quella. L’idea è apparentemente banale, quella di aprire una gelateria a Torino. La loro scommessa è partita nel 2003 quando Federico, analista finanziario, e Guido, enologo, decidono di seguire il loro istinto anziché ascoltare le loro paure. Investono ciascuno 32.500 euro, (risparmi di una vita per l’uno e mutuo per l’altro), per aprire la prima gelateria, destinata a diventare solo la prima di una delle catene di gelaterie più importanti d’Europa con i suoi 55 punti vendita giunti ormai anche in Giappone.
A ventinove anni Federico e ventisei Guido, con coraggio e senza alcuna garanzia preventiva di successo, si buttano e rischiano, vogliono farcela da soli e senza l’aiuto economico di mamma, papà o nonni. E se è vero che “la fortuna aiuta gli audaci”, Federico e Guido si son dati un gran daffare! La loro bussola è stata la qualità assoluta delle materie prime per garantire quella del prodotto finito.

Mario Calabresi, nel suo libro “Cosa Tiene Accese Le Stelle”, scrive di loro: “Mi ricordo quando aprirono a New York nel 2007, su Broadway […] file mostruose, lunghe anche trenta metri, con la gente che si portava il giornale o le riviste per l’attesa […]. Un pomeriggio del giugno 2009 un amico mi chiese se volevo andare con lui «a vedere gli alberi da frutto del gelato Grom» […]. Mi aspettavo di incontrare due fighetti che hanno fatto i soldi, trovo due ragazzi con gli stivali di plastica che stanno selezionando le fragole. Mi fanno segno di raggiungerli camminando lungo un sentiero fangoso su cui si scivola, sono un po’ perplesso, ma quando assaggio le fragoline mi dimentico del fatto che sto sprofondando fino alle caviglie […]; controllano personalmente tutti i loro negozi, diventati ormai 55. Gli ultimi due li hanno aperti in Giappone[…]. Nel maggio 2011, in un paese devastato dallo tsunami e dalla catastrofe nucleare, ne inaugureranno un terzo a Osaka e un quarto a Tokyo. «Abbiamo deciso di farlo lo stesso, anche se alle sette di sera non c’è in giro nessuno, alle nove si spengono le luci e incassiamo un quinto rispetto a prima. Ma non potevamo scappare, avevamo già fatto i contratti, e ci sembrava orrendo non avere fiducia nella ripartenza di un popolo che ce la sta mettendo tutta per non arrendersi e per andare avanti. Perderemo dei soldi, ma ci sentiamo con la coscienza a posto.»”

Nel libro di Calabresi sono raccontate, insieme a quella di Federico e Guido, altre storie di persone normali che, senza porselo come obiettivo, hanno dimostrato il loro valore. Se dovessimo sintetizzare con poche parole queste storie, potremmo usare queste: Intuizione per l’idea, Coraggio per iniziare l’avventura, Impegno e sacrificio nel portarla avanti ed Etica per non perdere tutto.
L’autore presenta personaggi “normali” che diventano speciali “solo” perché credono in sé stesse, non si adagiano, si impegnano, si sacrificano e raggiungono risultati che spesso vanno oltre le proprie aspettative. I protagonisti raccontati non si soffermano sulla presa di coscienza del proprio valore, ma fanno scaturire nel lettore la consapevolezza che, se si crede nelle proprie idee, anche le persone normali possono realizzare i propri sogni. Non dei fortunati eroi che diventano miliardari in un mese, ma persone comuni che trovano soddisfazione nei loro sforzi nonostante tutto, forse perché hanno il coraggio di provare a rischiare, eventualmente pronti a viaggiare e sondare vie completamente nuove o ispirandosi a storie antiche, che altri definirebbero vecchie, e tutto malgrado le difficoltà oggettive di una crisi straordinaria.

La sintesi del libro è forse distillata in alcune frasi di protagonisti che si raccontano, come Massimo Gramellini: I “se” sono la patente dei falliti, mentre nella vita si diventa grandi con i “nonostante”; Amai Sadki, ragazzina di 13 anni: “La vita è questione di volontà, se uno non vuole non fa. Io non voglio proprio accontentarmi, voglio poter scegliere, voglio provare a puntare in alto e a conquistarmi la mia libertà; Il periodo che mi piace di più è il Risorgimento, perché era pieno di persone che si davano da fare, che avevano un progetto, che non hanno mollato, e mi piace perché l’idea di unirsi è una delle più belle che ci sia.”; Il padre di Amai: “Non esistono i momenti giusti, esiste la vita, e questa è sempre qui e adesso. Dubitare è tempo perso.”; Barack Obama durante la sua prima campagna elettorale ripete spesso: “L’autrice di Harry Potter ha visto il suo primo manoscritto cestinato ben tredici volte prima di trovare un editore disposto a pubblicarlo, ma nonostante i rifiuti ha continuato a crederci e oggi è la scrittrice che vanta il maggior numero di libri venduti in tutto il mondo”; Giuseppe Masera, professore di pediatra: “Bisogna credere nei propri sogni, lo vado a dire ai giovani: “Vedi di avere il tuo sogno e di crederci, al di là delle convenienze economiche”, e poi lo ripeto ai loro genitori, perché il miglior regalo che si può fare a un figlio è aiutarlo a coltivare quello che ha nel cuore”; e infine, Mark Twain: “Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna”.

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