Per poter ragionare sull’economia della vendetta bisogna prima che siano stati appurati i legami tra i due fenomeni sociali. La vendetta è una tradizione antichissima, si trova in molte culture del Mediterraneo, ma diventa universale in alcuni dei suoi aspetti principali.
Esistono esigenze diverse che spingono all’uso della vendetta. Di natura individuale, hanno come obiettivo la soddisfazione di un torto subito personalmente: economico, familiare, passionale o legato all’onore e la rispettabilità. Di natura collettiva o nazionale. Il caso ad esempio, del famoso “giorno della vendetta” (7 ottobre), inaugurato dal -fu- dittatore Gheddafi, per ricordare la liberazione dai colonizzatori italiani, ma che divenne nel 2008 “giorno dell’amicizia” per gli accordi commerciali e la promessa di un risarcimento da parte dello Stato italiano di molti miliardi di euro. Il legame tra economia e vendetta esiste ed è sempre presente.
Quali sono i costi e i ricavi della vendetta? Sui principali motori di ricerca si trovano una serie di indicazioni di massima dei prezzi per la soddisfazione della vendetta privata. Per l’ingaggio di un sicario ad esempio, ci sono prezzi per niente alti. Si trovano ragazzi pronti ad uccidere per poche migliaia di euro, ma compiono anche ogni sorta di vendetta: dalla semplice azione di disturbo all’incendio dell’auto o della casa, dal pestaggio allo stupro su commissione. Non ci vuole molta fantasia per immaginare l’enorme casistica di motivi che porta una persona a decidere di commissionare una vendetta.
Si crea naturalmente una sorta di “mercato nero” di servizi, alla portata di quasi tutti. Esistono tariffari a seconda dell’obiettivo da eliminare. Se si tratta di una persona comune il prezzo sarà più basso, in quel caso non ci sarà bisogno di un killer professionista, basta un ragazzino. Se molto giovane ha degli sgravi importanti di pena nel caso dovesse essere arrestato, un vantaggio che allarga l’influenza della malavita sulla popolazione povera, al sud Italia ma non solo. Se l’obiettivo è un personaggio pubblico, oppure un mafioso (o delinquente importante) il prezzo cambia notevolmente.
L’economia legata al desiderio di vendetta alimenta un mondo sotterraneo, sempre disponibile e accessibile. E’ un fenomeno in continua ascesa, il dramma dei ragazzi campani, raccontato anche dal bestseller Gomorra, ci parla di ragazzi che si vendono a prezzi stracciati alla camorra. La vita, in quel contesto, vale quanto l’ingaggio dei killer, ed è veramente economico…
La vendetta è stata per molti secoli la prima fonte di diritto, ad esempio la Legge del Taglione babilonese, che si estende poi a tutto il Mediterraneo. Questo tipo di giustizia prevedeva la soddisfazione di un torto subito attraverso lo stesso metodo. Difficile valutare l’incidenza economica, ma sicuramente la perdita di un arto o nel peggiore dei casi della vita, determina un cambiamento economico nella società. Naturalmente è l’aspetto umano che determina lo sdegno vedendo certi casi di donne sfigurate dai mariti o familiari, la vendetta regolata dalla tradizione. E’ il caso di ricordare l’articolo 5 della Dichiarazione Universale Dei diritti dell’uomo: Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.
La pena di morte può essere considerata una sorta di vendetta che lo Stato impone a chi si è macchiato di terribili delitti. Il diritto americano (la civiltà occidentale…) in quel caso si rifà esattamente all’antica tradizione babilonese. Mark Costanzo, uno studioso americano, ha illustrato nel suo libro, Just revenge, “i costi e benefici sociali, dove vengono dissacrati i miti facili della società americana, nel suo testo costruisce un modello nuovo e importante per comprendere la politica che sta dietro la pratica della pena capitale” (dalla presentazione). I costi sociali che la pena di morte comporta nel suo paese pare siano enormi, e non si può paragonare alla effimera soddisfazione da parte dei familiari delle vittime. I costi si moltiplicano se dovessimo prendere in considerazione alcuni paesi del Mediterraneo.
L’economia, inoltre, diventa internazionale quando si decide di punire un paese che non è allineato, ad esempio, con le politiche del FMI, o dell’ONU. In certi casi le punizioni, che colpiscono sempre la popolazione civile, determinano effetti economici devastanti e non risolvono politicamente nessun dissidio. Le sanzioni all’Iran o alla Siria, affamano la popolazione e non fanno cadere i governi, forse la vendetta economica, mascherata da politica internazionale andrebbe rivista. In definitiva la vendetta, come tra singoli individui, non paga quasi mai!