Donne al lavoro
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In un futuro piuttosto prossimo in Italia l’età della pensione crescerà gradualmente fino a sfiorare, alla fine di questo decennio, la soglia dei 70 anni. Una decisione contenuta nell’ultima manovra a firma del governo Monti che coinvolge indistintamente lavoratori e lavoratrici, eliminando la differenza che vedeva le donne favorite da un’età di uscita dal lavoro più bassa rispetto a quella degli uomini.

Nello spiegare questa scelta Elsa Fornero, Ministro del Lavoro con delega alle Pari Opportunità, ha dichiarato che allineare le pensioni tra donne e uomini è una questione di pari opportunità.
Andare in pensione prima degli uomini, secondo il ministro, era solo un contentino a compensazione delle discriminazioni esistenti a danno delle donne sul mercato del lavoro. Per realizzare le pari opportunità occorre agire sulla scolarizzazione, sul mercato del lavoro, e sulla progressione delle carriere, eliminando i vecchi contentini che suggellavano la debolezza delle lavoratrici.

Quindi pari opportunità nell’immediato futuro in tema di pensioni, ma ci saranno anche pari opportunità sul lavoro, nella cura dei figli e nella gestione dei carichi di lavoro domestico?
Per risolvere le enormi disparità esistenti tra uomini e donne in Italia, paese mediterraneo e ultratradizionalista, si è scelto di iniziare dall’unico “privilegio” accordato alle lavoratrici, la pensione ad un’eta anagrafica inferiore rispetto agli uomini.
Levata la compensazione, restano solo gli svantaggi per le donne che si trovano ogni giorno alle prese con un mercato del lavoro maschilista nelle norme e nei fatti.
Quali saranno le decisioni che il governo dovrà prendere nell’ottica di una soluzione delle disparità?

Nell’immaginare il futuro ci piace ripensare al passato, all’avventura aziendale di Luisa Spagnoli, inventrice del famosissimo Bacio Perugina e fondatrice dell’omonima azienda tessile.
Luisa Spagnoli durante il fascismo, quando alle donne era vietato votare e ricoprire cariche pubbliche, organizza due delle aziende più importanti d’Italia concependole a “misura di operaia” e dotandole di sala per l’allattamento, asilo nido e mensa.
Oggi si definirebbe una politica di welfare aziendale che, nonostante non lusingasse le lavoratrici con alti salari, si garantiva il loro attaccamento all’azienda e un’alta produttività.

Per ritornare al presente, un caso esemplare è quello di Luxottica. L’azienda bellunese, con un accordo molto innovativo nel campo delle relazioni industriali, ha introdotto nel contratto integrativo aziendale forme di sostegno alla paternità e maternità con l’istituzione di una «banca ore» in cui si potranno conferire straordinari e giorni di ferie da trasformare successivamente in permessi aggiuntivi e retribuiti per accudire i figli piccoli.
Nella stessa direzione si assicurano 5 giorni di permesso di paternità, pagati al 100%, in occasione della nascita di un bambino.
Una politica aziendale altamente innovativa quella di Luxottica, per la verità non l’unica in Italia. Anche Nestlè e Intesa San Paolo ad esempio sperimentano politiche simili per quanto riguarda i congedi di paternità.

Orizzonti quasi fantascientici in un paese che ha congelato, causa crisi economica, il disegno di legge a firma bipartisan Mosca – Saltamartini finalizzato ad assicurare ai padri quattro giorni di permesso obbligatorio da godere entro tre mesi dalla nascita del bambino.
Ben poca cosa se si pensa che in Europa è al vaglio degli organi competenti una direttiva approvata dal Parlamento contenente una proposta di due settimane di congedo obbligatorio per il padre.
Eppure anche la timida proposta di legge delle deputate Mosca e Saltamartini appare talmente rivoluzionaria da subire un congelamento per non far gravare sulle aziende durante la crisi il costo delle astensioni.

Nel resto d’Europa però, crisi o meno, le cose vanno diversamente: i papà svedesi godono di ben 30 giorni di congedo obbligatorio, quelli francesi possono stare a casa con i loro bambini 11 giorni, mentre in Spagna si hanno a disposizione 4 giorni. In Gran Bretagna, Germania e Portogallo sono 3 i giorni riconosciuti ai padri.

In Italia, come visto, la nascita e la cura dei figli al momento restano invece totalmente a carico delle madri, il cui valore sul mercato del lavoro non può che essere altamente penalizzato: bassi stipendi e scarso successo nella carriera sono il prezzo da pagare per la scelta di avere dei figli.
Allora l’unica soluzione per risolvere questo nodo nei prossimi dieci anni è racchiusa nell’espressione “pari responsabilità”: una rivoluzione normativa supportata da un’evoluzione culturale dei padri italiani nella direzione che l’Europa ci indica.
Affinchè finalmente le pari opportunità si realizzino in tutti gli ambiti della vita, dal lavoro alla famiglia.

Fonti

Pensioni, stop ad anzianità dal 2018

Luisa Spagnoli, le operaie e gli altri

Posto «familiare» e banca ore Luxottica rivoluziona la fabbrica

Paternità, come funziona in Europa

Il congedo di paternità, questo sconosciuto

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