Questo mese ci occupiamo di un argomento diventato di uso comune, il misterioso mondo del Dna. La formula che può aiutare a risolvere molti mali, ma se adoperata in modo errato può diventare causa di enormi ingiustizie e manipolazioni. Il rapporto tra Dna e identità è un mistero, così come lo era il rapporto tra “anima e corpo”, e successivamente quello tra “mente e corpo”. L’esigenza di conoscere l’uomo è strettamente legata all’esigenza di controllo, di pianificazione di organizzazione. La scoperta di parte della mappa del genoma umano, ha inaugurato un nuovo modo di vedere il mondo. Una scoperta che pone l’individuo singolo, con il suo Dna, con le sue caratteristiche peculiari, al centro dell’universo. Non più una persona in mezzo a tante, ma con precise distinzioni genetiche: intelligente, sportivo, artista, oppure pigro, incline a delinquere, predisposto a determinate malattie, fisiche o psichiche. Naturalmente gli aspetti positivi sono tanti, a partire dalla possibilità di riconoscere una persona da un piccolissimo frammento di pelle o di un capello, utile alle indagini degli investigatori.
Il tema è stato suggerito anche dalla cronaca italiana, ossia il pericolo (pare scampato) del fallimento si Shardna, l’azienda che porta avanti da dieci anni in Sardegna il “Progetto genoma“. Un progetto dedicato alla mappatura genetica dei centenari sardi, capire come il Dna influisca sulla loro longevità. La cultura mediterranea è un “pluriverso” di mondi, un continuo mescolarsi di popoli e tradizioni. Il Dna è una parte importante della nostra identità di singoli, potrebbe esserlo però anche per intere comunità, ed è quello che cercano di dimostrare con la ricerca sarda. Gli obiettivi sono diversi: dallo studio delle malattie di origine genetica, (ereditarie o meno), allo studio dei caratteri culturali di una certa comunità, ma soprattutto la ricerca in campo farmacologico, con sviluppi non sempre nobili. Il mercato che si svilupperebbe dalla scoperta di un vaccino utile a sconfiggere una malattia, sarebbe enorme. Ma c’è chi sospetta invece il contrario, ossia lo studio di virus che provochino una certa malattia e successivamente un vaccino per curarla, alimentando un business planetario. Il libro “I partigiani del genoma” che abbiamo recensito su mediterranea, è un romanzo che racconta una storia di affari e morte intorno alla ricerca per la vita.
Dal punto di vista filosofico esiste una scuola bioetica che ormai è di dominio comune, si può parlare d’identità attraverso molti autori e scuole di pensiero. Dalla novecentesca battaglia tra “analitici e continentali”, che in pratica metteva su piani opposti gli studi americani (analitici) e la tradizione europea (continenatali), entrambi impegnati a spiegare il comportamento umano. Entrambi gli “schieramenti” si basavano su una larga serie di competenze che si trovavano d’accordo sulla linea da seguire. La filosofia analitica (prevalentemente americana) pretendeva di spiegare il nostro comportamento attraverso il funzionamento fisico/biologico del nostro cervello (il cervello come un computer che obbediva allo schema stimolo-risposta), cercava un metodo universale. La filosofia continentale invece, spiegava l’uomo attraverso la cultura umanistica, attraverso i corsi e ricorsi storici, il contesto. Ci sono due cose che si possono prendere in considerazione: l’identità è qualcosa che non si può spiegare con una sola disciplina; l’identità è un misto di mente e corpo.
La mappatura del genoma è uno dei desideri più prossimi dell’uomo in questo momento storico, un desiderio così forte da superare ogni ostacolo: religioso, legislativo, etico o semplicemente culturale. Come rivista culturale, ci interessa, appunto, l’aspetto culturale della ricerca. Quali scenari si possono immaginare, quale politica adottare per il futuro? Come ci comporteremmo se conoscessimo in parte il nostro destino genetico? Quali implicazioni religiose, sociali, psicologiche, economiche dovremo affrontare se i dati fossero disponibili e pubblici? Se pensiamo ai favolosi guadagni che le case farmaceutiche hanno messo in bilancio, smetteremmo di sperare ad una cura per le malattie genetiche? Se si dovesse trovare la soluzione per la cura della SLA, dell’anemia e delle centinaia di malattie che si ha la sfortuna di avere dalla nascita?
Un altro aspetto su cui riflettere è la sottrazione di libertà. La conoscenza della nostra “matrice” genetica ostacola, forse, la possibilità, la libertà creativa. A volte è difficile evitare la riproducibilità, il ripetersi delle cose nel tempo, al contempo non perdere però la forza di trasformare la realtà. Tutto ciò nonostante la predisposizione genetica all’avanzare delle azioni, e forse, dei pensieri. Essere presenti e coinvolti, partecipi dell’inevitabile ripetizione delle cose di stampo scientifico. Magari, come diceva una canzone “giocando a fare Dio manipolando il Dna”…
Buona lettura!