Fecondazione assistita
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Ai margini di una notizia d’agenzia di stampa lanciata la sera del 22 maggio, viene spontaneo porsi delle domande dai risvolti e sviluppi ancora incerti, nonché il sospetto che i cittadini paiono confusi da informazioni frammentarie e fumose. La Corte Costituzionale, che ha esaminato il divieto di fecondazione eterologa stabilito dalla legge del 19 febbraio 2004 n. 40, ha restituito gli atti ai Tribunali che l’avevano investita del caso, per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011, sulla stessa tematica che ha stabilito che impedire per legge alle coppie sterili di ricorrere alla fecondazione in vitro eterologa non e’ più una violazione della Convenzione dei diritti dell’uomo.” (fonte – Ansa)

Dal comunicato emerge fin troppo chiaramente la lentezza della legislazione italiana in questo campo, operata attraverso continui rinvii e rivalutazioni. Verrebbe da domandarsi se ‘in Italia la bioetica è presa sul serio’. Non è un caso che la domanda sia la stessa del titolo che Demetrio Neri, docente di Bioetica all’Università di Messina, assegna al terzo paragrafo, capitolo terzo del suo libro ‘La Bioetica in laboratorio – Prefazione di Rita Levi Montalcini’ (Gius. Laterza & Figli, prima edizione 2001).

Già nel 2001 in occasione di una seduta del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), Rita Levi Montalcini si chiese se tutto il lavoro fatto nel comitato, discutendo e formulando pareri, potesse avere qualche effetto, e fosse ascoltato da qualcuno. Anche in questo caso risulta complicato stabilire se la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011 in campo di fecondazione assistita eterologa verrà recepita al pari di altri paesi dell’Unione Europea. Se a livello europeo si invocano regole pubbliche capaci di garantire il massimo di trasparenza nel settore, in Italia la politica della ricerca viene guidata da operazioni di assai dubbia trasparenza. Da una parte c’è chi si preoccupa di garantire ai ricercatori la libertà di ricerca e a coppie sterili di avere pieno accesso alla tecnica della fecondazione eterologa, e dall’altro c’è invece chi, non potendo più ricorrere ai vecchi metodi, cerca di far passare i propri pregiudizi ideologici contro la scienza tramite una ‘legge di divieto’.

“Sarebbe illusorio pensare che possa mai essere formulata una soluzione capace di sintetizzare o conciliare vedute così differenti, alle quali una società pluralistica e democratica deve tributare un eguale rispetto – afferma il Professore Neri nel suo libro sulle cellule staminali, clonazione e salute umana – qualunque soluzione non sarà in grado d’accontentare tutti e, dall’altro canto, questo non può tradursi in una paralisi decisionale.” Fin dall’antichità il parto è stato considerato il momento in cui si veniva al mondo, e da allora ci si è posti il problema della vita uterina e del rispetto che si deve attribuirle. Nell’antico codice etico, il ‘giuramento d’Ippocrate, era fatto divieto ai medici di somministrare farmaci che inducessero all’aborto. In epoca medioevale, negli scritti di Tommaso d’Aquino si trovano disquisizioni sul problema di quando l’anima immortale si unisca al corpo del feto nel ventre materno, quella che va sotto il nome di ‘questione dell’animazione’. La fecondazione medicalmente assistita nelle sue diverse varianti tecniche, in questo caso più circoscritto è al centro delle questioni bioetiche di inizio vita.

La vastità di possibilità tecniche oggi disponibili per intervenire nell’ambito procreativo, riapre la questione etica sulla procreazione responsabile. Su questo fronte si sono contrapposte da sempre la concezione ispirata al diritto di natura di ascendenza greco-cristiana, e dall’altro concezioni laiche della paternità e della maternità che al contrario non caricano di significati morali il dato naturale, bensì ne danno un’interpretazione culturale del fenomeno. Il dato fondamentale intorno al quale gira l’obiezione di principio sulla fecondazione assistita è quella che richiama all’ordine della natura che avrebbe collegato in maniera inscindibile il momento procreativo con quello dell’unione sessuale. Una conseguenza diretta è il divieto dei medici, secondo i teologi morali cattolici, di forme di scissione che portano a una sessualità senza rapporto. L’obiezione rivolta a questa posizione è stata quella di considerare la biologia e la visione scientifica moderna disgiunta da quella finalistica.

Ma allora i dati della scienza non ci sono di nessuna utilità nella discussione di questioni morali? Potremmo chiederci. “Non è così: i dati della scienza sono molto importanti, perchè, per esempio, possono sgombrare il campo dai disaccordi dovuti semplicemente a errate o insufficienti informazioni – risponde Demetrio Neri – bisogna però stare attenti a non usarli come surrogato delle decisioni etiche, e soprattutto tener presente che il linguaggio della scienza non è il linguaggio dell’etica: la biologia non conosce il termine ‘persona’ e termini come ‘individuo’ o ‘essere umano’ in biologia vengono usati con significati diversi da quelli che tali termini hanno in etica, in diritto e nel linguaggio comune.”

Tutto ciò che necessita di fattori di crescita e quindi richiede una propria nicchia ecologica è vita. Ai margini di queste riflessioni è lecito chiedersi se sia ragionevole porre dei limiti ‘a priori’ alla ricerca scientifica. Troppo spesso si fa confusione tra i meccanismi della ricerca e le sue applicazioni, allora vale la pena correre qualche rischio se la ricerca allevierà alcune sofferenze umane? Non vuol dire questo che le questioni etiche non esistono, ma che è troppo facile chiamarle in causa con il ripetitivo schema basato sull’assioma: la scienza non è in grado di riconoscere i propri limiti, è priva di morale e quindi questi limiti vanno imposti dall’esterno, altrimenti tutto ciò che è tecnicamente possibile viene considerato di per se lecito.

Da una parte le istituzioni politiche, mediante un dialogo con la cittadinanza effettivo più che formale, dovrebbe istruire delle regole chiare tali da non frustrare la comunità scientifica, e dall’altra quest’ultima dovrebbe seriamente preoccuparsi di modificare l’immagine distorta e negativa che si è creata. “La paura scompare non appena di un fenomeno inusuale e apparentemente catastrofico riusciamo a spiegarci le ragioni, e a smontarne il meccanismo – scriveva Giacomo Leopardi. La scienza storicamente ha avuto il compito di eliminare attraverso le conoscenze, le paure irrazionali dell’uomo. Allo stesso modo perché non agevolare ogni avanzamento della conoscenza, soprattutto quello che riguarda il campo che più sta a cuore, e cioè la scoperta dei meccanismi della vita?

Fonte Ansa –

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2012/05/22/Procreazione-Consulta-atti-tribunali_6915011.html

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