Garantire la continuità delle imprese familiari in tempo di crisi si può. In Italia la percentuale di imprese familiari, universo variegato e complesso quanto a stadio di sviluppo, dimensioni e settori di appartenenza, sfiora l’85%1. Tali imprese rappresentano un’importante ricchezza per il nostro Paese e pur essendo quelle maggiormente colpite dalla crisi, mostrano una più intensa capacità di ripresa rispetto ad altre tipologie di aziende. I risultati della terza edizione dell’Osservatorio AUB sulle aziende familiari italiane2, presentati il 30 novembre 2011 all’Università Bocconi, mettono in evidenza come nel periodo 2007-2009 le imprese familiari di medie e grandi dimensioni hanno accresciuto il numero dei dipendenti del 12,1%. Una mancata pianificazione del passaggio dell’azienda dal fondatore ai successori rappresenta una minaccia per la sopravvivenza delle imprese familiari con ricadute non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale, per la perdita di posti di lavoro che comporta la cessazione dell’attività. Com’è noto la mortalità delle aziende in fase di ricambio generazionale è molto elevata; a livello nazionale si calcola che soltanto il 24% delle imprese raggiunge la seconda generazione e appena il 14% la terza3.
Il passaggio generazionale può essere un’opportunità per l’ingresso della nuova generazione nel mondo del lavoro. E’ quanto sembrerebbe suggerire uno studio sul trasferimento generazionale che da alcuni anni sto portando avanti nelle imprese familiari e i cui parziali risultati sono stati presentati in occasione dell’XVI convegno annuale AIDEA Giovani dal titolo La creazione di valore: aspetti critici e problematiche di misurazione.4
La tesi di fondo è che in un momento di crisi profonda com’è quello che stiamo vivendo il passaggio generazionale potrebbe costituire un’opportunità (e non una minaccia) per le imprese, nella misura in cui si è in grado di gestirlo con largo anticipo. Per non disperdere la ricchezza che le imprese hanno acquisito nel tempo vi è la necessità di elaborare nuovi e adeguati strumenti che accompagnino imprenditori e familiari nella delicata fase del passaggio del testimone. In considerazione del fatto che il 60% degli imprenditori si troverà a dover affrontare a breve il passaggio di consegne, se vogliamo cogliere le opportunità che esso ci può offrire, diventa quanto mai urgente sensibilizzare imprenditori e successori sui rischi che comporta un passaggio generazionale non pianificato. Il problema fondamentale è che in molti casi, nelle imprese italiane, il passaggio generazionale non solo non viene affrontato, ma spesso non viene neppure pensato, nonostante si tratti di un evento che dovrà necessariamente verificarsi e che non può essere evitato.
Se come sostiene Einstein “è nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie” allora perché non utilizzare il ricambio generazionale come momento importante di revisione e modernizzazione dell’azienda?
La questione del passaggio generazionale si presenta di solito difficile da affrontare perché, seppure in prima approssimazione sembri interessare soltanto l’impresa e la sua organizzazione, da un’attenta osservazione, si avverte come un tale processo comporti delle ripercussioni anche nella famiglia, nei rapporti tra i suoi componenti e nel patrimonio che questa detiene. Nella fase del trasferimento, infatti, entrano in gioco tutta una serie di fattori umani che difficilmente possono essere colti per mezzo di analisi economiche di tipo quantitativo.
Le difficoltà maggiori si riscontrano quando l’impresa è di natura familiare poiché in essa si sovrappongono e agiscono due sistemi: il sistema famiglia (emotion-oriented) che pone l’accento su emozioni e sentimenti e il sistema impresa (results-oriented) che ha come obiettivo il raggiungimento di risultati economici. Studi recenti suggeriscono come in molte imprese familiari la creazione di ricchezza dell’azienda può essere sacrificata per preservare la ricchezza socio-emotiva della famiglia5.
L’importanza della sfera emotiva e umana durante il passaggio generazionale è evidenziata dal contenuto di interviste non strutturate somministrate ad imprenditori che si trovano ad affrontare il trasferimento. Da queste interviste è emerso che l’impresa è un fatto umano prima che economico e ciascuna azienda è un universo a sé stante con i propri valori, le proprie dinamiche e la propria identità, così come unica e irripetibile è ogni storia di vita, difficilmente inscrivibile in categorie universali precostituite. Essendo il passaggio generazionale un fenomeno complesso si è scelto di condurre lo studio secondo un’ottica multidisciplinare che coniuga insieme conoscenze ed esperienze di discipline differenti quali la filosofia, l’economia e il management.
In un momento delicato, come è quello del passaggio di consegne,l’homo economicus non sempre è dominante e le variabili emotive ricoprono un ruolo non inferiore a quelle legali, economiche e finanziarie. L’individuo dominato dalle emozioni, infatti, non riesce a ricostruire razionalmente l’universo dei rapporti reali nei quali è inserito, ma tende ad interpretare e ricondurre ogni avvenimento ed ogni rapporto alla propria condizione emotiva. Dagli studi fino ad ora effettuati risulta che gli imprenditori/fondatori, nella delicata fase del passaggio generazionale, non sono consapevoli delle loro emozioni, non riescono a razionalizzarle e non hanno una visione chiara e reale della situazione che si trovano a dover affrontare. Con l’analisi delle narrazioni ci si prefigge di elaborare e decostruire il quadro immaginativo ed emozionale del fondatore e dei familiari coinvolti nel passaggio, attraverso un’analisi razionale della situazione reale che stanno affrontando. L’auspicio è che chi deve passare il testimone sia portato a riflettere sulle paure, spesso inconsce, che bloccano il trasferimento e chi subentra sia preparato per assumersi le responsabilità che il nuovo ruolo gli impone.
Da quanto detto risulta chiaro come in materia di passaggio generazionale non esistono ricette precostituite, per questo il modello di accompagnamento pianificato e logicamente strutturato dovrà essere costruito “su misura” per ciascuna azienda. Tale modello dovrà essere elaborato tenendo conto delle variabili umane dei componenti della famiglia, degli indici economico-finanziari di salute dell’azienda e delle problematiche di governance, al fine di ri-costruire un’identità aziendale condivisa da tutti gli attori coinvolti nel trasferimento. L’ingresso della nuova generazione nei vertici aziendali potrebbe essere l’occasione per portare avanti quel cambiamento che pare essere l’unica risposta alle sfide che oggi la generazione degli esclusi si trova a dover affrontare.
1. Ricerca SDA Bocconi, 2002.
2. L’Osservatorio AUB, promosso da AIdAF Associazione Italiana delle Aziende Familiari, UniCredit Private Banking e UniCredit Corporate Banking, dalla Camera di Commercio di Milano e dalla Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari dell’Università Bocconi, rappresenta l’unica rilevazione sistematica sulle aziende italiane a controllo familiare di medie e grandi dimensioni.
3. Ricerca SDA Bocconi, AidAf e Unicredit, 2004; relazione Mckinsey, 2006.
4. Il convegno si è tenuto all’Università di Economia di Cagliari il 18-19 novembre 2011 e l’articolo è pubblicato negli Atti del Convegno (ISBN: 9788890662706).
5 Gómez-Mejía, L., Haynes, K., Núñez-Nickel, M., Jacobson, K.,& Moyano-Fuentes, J. (2007). Socioemotional wealth and business risks in family-controlled firms: Evidence from Spanish olive oil mills. Administrative Science Quarterly, 52, 106-137.