Il banditismo che proviene dal mare prende il nome di pirateria. Il primo attacco documentato risale al 705 d.C. in periodo bizantino, al quale ne seguirono altri sempre più frequenti e durante i quali gli incursori arabi non fecero alcuna fatica a piegare le difese pressoché inconsistenti rispetto all’imponenza degli attacchi.
Da questi primi avvenimenti che seminarono terrore e razzie tra gli abitanti poi venduti come schiavi, si dava il via alle prime costruzioni litoranee con funzione di avvistamento e di segnalazione del pericolo alle popolazioni interne più prossime alle coste. Alla cacciata dei Mori dalla Spagna, per effetto dell’editto del 1502, seguì un fortissimo incremento della pirateria nel bacino mediterraneo, che vide uniti i musulmani profughi dalla Spagna con i Saraceni e Berberi del Nord Africa, che già lanciavano le loro incursioni in tutto il tratto di costa che va da Gibilterra all’Egitto. Al termine della prima metà del Cinquecento distruzioni terrore e razzie dei beni e delle popolazioni locali divennero ormai insostenibili, non solo per le popolazioni costiere della Sardegna ma anche di gran parte delle coste dell’Italia meridionale e di quella Spagnole.
Le torri di avvistamento vennero costruite in maniera man mano sempre più sistematica dalle varie strutture amministrative del variegato territorio della Sardegna; si passa infatti dai Giudicati tra i secoli VIII e XV, alle repubbliche marinare di Pisa e di Genova in cui le torri censite risultarono circa 60 nel 1479, fino a culminare con la dominazione Spagnola che istituì una apposita organizzazione denominata Reale Amministrazione delle Torri che completò la dotazione di torri costiere collegando una rete di circa 105.
Nel 1582 l’incursione piratesca della città di Quartu Sant’Elena alle porte di Cagliari, mise in evidenza la già nota vulnerabilità estrema delle coste sarde ed il grande rischio che correva la Corona di Spagna circa la perdita dell’isola non tanto per le ricchezze economiche della terra, quanto per la posizione strategica baricentrica nel Mediterraneo per il controllo dei traffici marittimi e di avamposto di protezione delle Coste spagnole, per il rifornimento ed approvvigionamento e non ultimo per la relativa facilità di reperimento di popolazione sostanzialmente indifesa da ridurre in schiavitù ed essere commercializzata come tale.
L’accadimento di Quartu indusse, con ogni probabilità, il re Filippo II di Spagna ad istituire la già ventilata Reale Amministrazione delle Torri, sul modello difensivo già in essere in altri tratti di costa spagnola.
Tale organizzazione aveva il compito di provvedere alla manutenzione delle torri costiere e delle costruzioni di avvistamento ed alla pianificazione di un sistema organico di nuove torri, tali da permettere un sistema efficiente in grado di avvistare il nemico ed allertare il territorio di riferimento per preparare la difesa e far fronte all’attacco.
La reale amministrazione delle torri, con sede a Cagliari, provvedeva all’arruolamento dei soldati, al loro mantenimento ed all’approvvigionamento di viveri ed armi; a tale scopo aveva la facoltà di imporre tributi ai paesi la cui area di influenza e protezione, contribuiva a preservare dagli incursori.
La localizzazione delle torri costiere rispondeva ad alcune esigenze specifiche strettamente correlate al territorio da difendere. Solitamente quelle costruite in alte scogliere a picco sul mare erano le più piccole, denominate TORREZILLAS, con 5 m di diametro alla base e 7 m di altezza, ed assolvevano ad una prevalente funzione di avvistamento e di trasmissione dei messaggi visivi e sonori.
Le SENZILLAS erano torri di dimensioni intermedie, circa 12 m di diametro e 10 m di altezza, con funzione di difesa leggera e venivano realizzate su promontori facilmente raggiungibili da cannonate o comunque su aree di facile accesso agli incursori sbarcati, in zone prossime alle aree da proteggere con maggiori attenzioni. Queste avevano una dotazione militare più consistente. Infine le fortificazioni di maggiori dimensioni, con diametro di circa 17 m per 15 m di altezza, erano dette DE ARMAS o GAGLIARDE, e rappresentavano i pezzi di difesa pesante con una guarnigione composta da un alcalde al capo di una squadra composta da un artigliere e quattro soldati, armate solitamente con quattro cannoni di grosso calibro, spingarde e fucili. Queste fortificazioni venivano costruite generalmente alle porte delle grosse città o delle vie di accesso privilegiate alle aree produttive da proteggere con maggiore potenza di fuoco (Saline, Città porto, fonti di approvvigionamento di acqua dolce).
Tutte le torri venivano costruite in posizioni tali da avere visibilità su ampi tratti di costa ed in modo tale che potessero essere visibili contemporaneamente con almeno altre due torri, così da potersi scambiare i messaggi secondo un codice articolato e ben definito, che capace di trasmettere informazioni piuttosto dettagliate sull’entità e tipologia di attacco in arrivo dal mare. Quando fondi ed orografia non consentivano di realizzare un numero sufficiente di torri per rispettare la triangolazione visiva fra le tre torri più vicine, i segnali, luminosi con fuochi più o meno alti o con semplici fumate oppure con segnali sonori emessi da corni e campane, venivano ripetuti attraverso il sistema delle guardie morte, ovvero una piccola truppa di soldati che faceva la staffetta tra i diversi presidi per svolgere tale servizio.
La forma in pianta delle torri costiere, solitamente circolare, e la forma cilindrica o tronco conica, è dovuta sia a motivazioni di tipo statico, (garantiva contemporaneamente una buona resistenza agli urti laterali delle cannonate), e sia di tipo economico in quanto poteva essere realizzata da mano d’opera non specializzata. La localizzazione delle Torri e la scarsità di fondi a disposizione faceva si che le fortificazioni venissero realizzate con materiali reperiti in loco, compresa la sostituzione delle malte con impasti di argilla e sabbia, dove non risultava possibile reperire la calce.
Il sistema di controllo delle coste della Sardegna consentiva di trasmettere un messaggio lungo l’intera fascia costiera in un paio di ore, attraverso due sub-sistemi di difesa: uno statico e l’altro dinamico.
Al sistema statico delle torri si affiancavano due sub-sistemi mobili: uno di terra, consistente nelle guardie morte, o atalayas, che all’occorrenza ripetevano il segnale inviato dalle torri; ed il sistema delle staffette navali che controllavano tratti prefissati di costa e triangolavano messaggi con le torri.
Il sistema difensivo delle torri costiere perse di importanza in seguito al Congresso di Vienna del 1815, anno dell’ultima incursione barbaresca nelle coste della Sardegna, quando Inghilterra e Russia riuscirono ad imporre a Tunisi, Tripoli e Algeri, di conformarsi ai dettami del Congresso che sanciva l’abolizione della schiavitù e, di conseguenza, della pirateria. Questo fatto ebbe come conseguenza la soppressione della Reale Amministrazione delle Torri con un documento datato 17 settembre 1842.
Alcune torri conservarono comunque una certa funzione ed importanza, tantoché vennero utilizzate persino durante la 2° guerra mondiale con funzioni militari logistiche, doganali e di segnalazione come punti notevoli per la navigazione. La dismissione del sistema difensivo delle torri costiere avvenne a seguito dell’intesa Stato-Regione del 1989.
Oggi queste costruzioni storiche sono definite beni identitari in virtù della loro forte caratterizzazione del paesaggio costiero della Sardegna e non solo.
Lo stato di conservazione delle centocinque torri documentate può sinteticamente essere racchiuso in quattro macro categorie: il 23% di queste si trova allo stato di rudere o addirittura non v’è rimasta che qualche traccia del basamento, il 32% si trova in pessime condizioni, mentre il restante 45% di questi beni si trova in buono od ottimo stato di conservazione grazie all’intervento degli Enti Locali, delle Sopraintendenze e, a partire dal 2008, dell’Agenzia regionale Conservatoria delle Coste della Sardegna.
Tale Agenzia, primo esempio nel Mediterraneo di soggetto a carattere regionale deputato alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e paesaggistico, nell’anno in cui in cui ha ricevuto tredici torri costiere ha realizzato un progetto di messa in sicurezza e valorizzazione di tali beni facenti parte di quel 25% di torri in avanzato stato di degrado. Oggi, questa Agenzia gestisce, tra gli altri, questi beni di particolare rilevanza paesaggistica e ambientale, riprendendo, di fatto, il ruolo di mantenimento delle Torri un tempo assunto dalla Reale Amministrazione delle Torri, con lo scopo della salvaguardia, valorizzazione e messa in rete di questo patrimonio comune ancora poco conosciuto.