Brigante d'anima
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Articolo di Laura Gatto

Briganti d’anime in nome del dio Denaro
Banditismo celato e violento. Rapine ed estorsioni sotterranee quasi invisibili. Logorano la vita, l’anima, l’umanità. Diritti-doveri negati. È questa ormai la situazione che si sta insinuando nelle nostre esistenze e che in silenzio ci depaupera.
Inganni mascherati da allettanti promesse per chi disperato deve tirare avanti in una vita sempre più stentata. Promesse che rendono schiavi di un sistema fatto di volgari capi che mirano alle posizioni alte, in cui di alto c’è solo il potere sopra le parti, il coltello dalla parte del manico e un unico interesse, il proprio, e per il quale servono le masse come mezzi e non come fini delle loro azioni politiche e sociali. Un potere in cui i potenti si additano spettacolarizzando uno show che parla delle sorti del nostro presente e del nostro futuro, un additarsi per il puro piacere di farlo, per un partito preso che perde di mira il vero contenzioso della diatriba.

Un brigante fantasma che si insinua nelle nostre vite privandoci della parte più intima di noi stessi cioè l’intrinseca e originaria umanità che ognuno di noi ha. Un brigante che si sdoppia, triplica, quadruplica, un brigante onnipresente in ogni ambito della nostra vita e che crede in un solo dio, il Denaro. Sì un dio Denaro che vale più delle vite delle persone che lavorano e che ignari rischiano la vita. Che vale più dei bambini che vengono sfruttati, delle donne che si prostituiscono, dei genitori lasciati soli nella disperazione e nel dolore di un figlio malato, dei malati di cancro che non ricevono le medicine perché tanto prima o poi dovranno morire, degli immigrati reclusi, negati, rimpatriati perché l’unica cosa che fanno è quella di stravolgere la nostra vita. Un dio Denaro che ci fa vedere l’altro come un nemico, un diverso, un brigante e in nome del quale disconosciamo l’uomo che ci sta di fronte, lo neghiamo, lo reifichiamo, lo condanniamo, lo uccidiamo come essere umano.

Che Italia è questa? Un’Italia brigante che ruba ogni briciolo della nostra umanità. Una società di noi italiani che ci lasciamo saccheggiare, svuotare, depredare divenendo al contempo briganti di noi stessi. Una società brigante nel suo insieme che toglie sostanza all’interiore per dare forma all’esteriore, nella vana illusione di trovare condizioni di vita migliori fuori da sé, nel tran tran della ricchezza esteriore.

Povertà e miseria interiori che ci fanno cedere ai compromessi, compromessi che, se ci soffermiamo a riflettere un po’, non avrebbero motivo di esistere, perché quelli che ci vengono promessi sono i nostri diritti e i nostri doveri, diritti e doveri di cui dovremmo godere e che dovremmo esercitare per il solo motivo di essere nati. Uomini briganti, uomini che piangiamo miseria negli sprechi quotidiani perché l’unico termine di confronto è chi sta meglio. Ma meglio in che cosa? E soprattutto, a quali condizioni? Una società stravolta, una società brigante. Una cultura vuota che osanna lo scandalo e propone per fiction le reali crudeltà del mondo usufruite da noi telespettatori che mangiamo pop corn e siamo sempre pronti a giudicare sulla base di supposizioni, interpretazioni, opinioni. Telegiornali che danno priorità al malore del cantante rispetto alla fame nel mondo.

Squallidi Robin Hood dei tempi moderni, i briganti di oggi che tolgono ai poveri per dare di più ai ricchi e potenti, che esasperano i primi, riempiono i secondi ed inaridiscono entrambi. Italiani sempre più poveri dentro e fuori in un circolo vizioso che lascia il vuoto nell’esistenza.
E se questa è una parte d’Italia, l’altra parte, seppur in minoranza, mette in atto un brigantaggio insurrezionale contro l’ordine costituito e vuoto in nome del ritrovamento di una perduta umanità. Poco importano origine, provenienza cultura e religione, siamo tutti Uomini che rivendicano il diritto e il dovere di vivere secondo umanità.
Riprendiamoci i nostri volti e mettiamoci la faccia in quello che pensiamo, e che facciamo e che diciamo. Automi manipolati no, uomini pensanti con una coscienza e una dignità sì.

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