Quartiere sanità
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Escluso dal resto, ma al centro di tutto, il rione sanità di Napoli.

Una realtà lontana da chi non la vive, un mondo che comincia ad appartenerti solo se decidi di entrarci in contatto sul serio, diversamente ti sfugge. Io l’ho fatto per un pomeriggio, insieme ad Antonio Caiafa, un giovane napoletano che si dedica a quel quartiere e al sociale, insieme alla rete della sanità di padre Alex Zanotelli, ormai da anni punto di riferimento per tutte le attività di volontariato del rione.

Abbiamo costruito per poche ore le linee di un racconto astratto e non, in cui la verità si nasconde, a tratti, e le sfaccettature negative, le uniche che si conoscono di un luogo dimenticato da dio, si perdono, lasciando intravedere i dettagli di un mondo misterioso. Un rione del quartiere stella, grande 5 chilometri, escluso dal resto, a sé, nascosto, ma nel cuore della città, al quale si accede scendendo per delle scalette laterali che partono da una strada principale, e sembrano trasportarti direttamente alle tue spalle, in un posto che non vedi mai. Purgatorio, una parola che gli assomiglia. Arrivo e mi fermo sulle scale di una chiesa, un’insegna, la scritta Cresciamo Insieme, salta all’occhio per i suoi colori, scopro essere un’associazione per tossicodipendenti che da anni organizza attività laboratoriali di comunità. Un furgoncino troppo largo per passare tra i vicoli porta delle piante creando scompiglio, c’è attorno ad un’inaspettata calma e tranquillità, tutto è pronto per l’incontro che avverrà il giorno seguente, e alla quale parteciperanno molte associazioni di volontariato presenti sul territorio.

Sono decine e decine queste realtà che lavorano nel quartiere, chi da anni, chi da meno tempo, la parola d’ordine è “ Dare mille per ricevere uno”, sì perché la maggior parte delle battaglie vengono perse, il più delle volte ci si sente isolati, le istituzioni usano la zona come ricettacolo di voti elettorali, tante promesse e nulla di più, e la disperazione spesso si fa sentire, nel dedicare la propria vita a un desiderio di giustizia che sembra non concretizzarsi mai. Immediatamente, l’inquietudine scatenatasi in me dall’entrare in un luogo sconosciuto, scompare. Con l’aiuto di Antonio Caiafa, che testimonia ogni giorno dal suo blog la vita del rione www.quartieresanità.blogspot.com, ho tentato di capire le condizioni vere in cui un rione ghettizzato del genere vive, il modo in cui la gente si relaziona alle attività di solidarietà e volontariato esistente, se ne rimane lontana o se ne fa parte, di come la gente pensi a quello che c’è fuori da li, se sta nascendo o se è possibile che nasca in queste persone una consapevolezza della propria condizione e se quindi sia pensabile la nascita della fiamma del desiderio di riscatto. Ho capito immediatamente una cosa del tutto banale, ma che serve come punto di partenza per spiegare di cosa stiamo parlando, le zone povere esistono perché servono a qualcuno, i ghetti esistono perché sono utili a qualcuno, l’esclusione sociale è ciò che equilibra un sistema che non vuole tutti al suo interno. Questi luoghi dimenticati da dio, non sarebbero tali, se le parole “ incentivo sociale” , “ diritto umano”, non fossero più solo parole, ma si traducessero in azioni concrete, se fosse cosi esisterebbero ludoteche, asili nido, se fosse cosi il vecchio Cineteatro felix sarebbe aperto, invece dopo esser stato chiuso per anni , è stato rimpiazzato da un supermercato. “ Se non mostri un’alternativa, come puoi pensare che le persone riescano a salvarsi, che gli ex carcerati ritrovino la forza di non ricadere nel giro, che i ragazzi si appassionino alla lettura se non gli mostri che c’è una possibilità”. I moti spontanei è il nome di uno dei film documentario di Antonio. Una testimonianza vera e semplice, un grido dalle strade. Una raccolta di storie, immagini, racconti di riappropriazione da parte della gente di ciò che gli viene negato. “ Non ti far ingannare, questa gente quando vuole qualcosa sa prenderselo”, ripete più volte Antonio. Parliamo di donne che non sopportando l’idea dell’abbandono della statua della madonna addolorata, lasciata a distruggersi in una chiesa inutilizzata, la prendono sulle spalle e la rimettono al loro posto, con l’unico aiuto, dicono, della Madonna stessa che dona loro la forza di alzare quel peso. Parliamo delle mamme del comitato Parco Rita Parisi che hanno riaperto un parco giochi chiuso senza motivo da anni, per donarlo ai loro bambini costretti a giocare in strada, e l’hanno dedicato a un’amica Rita Parisi, morta poco dopo l’apertura dello stesso parco. Parliamo dell’intera comunità del rione che dopo anni e anni di abbandono totale ha deciso di occupare e riaprire lo storico cimitero delle fontanelle, senza l’aiuto di nessuno. Questa gente è povera, è ignorante, ma sa prendersi quello che vuole. Non so se definirla capacità di riscatto, moto della comunità cittadina, potremmo semplicemente dire che questa gente è padrona delle sue strade, nel bene e nel male, e sa dimostrarlo. Fa caldo ma c’è tranquillità mentre continua il racconto di Antonio e io mi guardo intorno posando gli occhi qua e la, cercando un motivo.

Gli argomenti sono tanti, si potrebbe rimanere ore a parlare di tutto quello che non viene fatto e di tutto quello che si potrebbe fare, dire che la povertà è una piaga sociale e continuare a lungo con un panegirico infinito, ma credo che una delle cose da considerare e sulla quale bisognerebbe fermarsi a riflettere, è sul perché in un paese che ama definirsi democrazia sia possibile che i diritti umani principali delle persone vengano negati, tra questi c’è quello alla salute. Parlo del dramma silenzioso dell’amianto, più volte denunciato, ma mai risolto realmente, lasciato ai bordi delle strade, gettato sui marciapiedi a scadenza di qualche mese, con la popolazione, che passa e và, e sembra non sapere.

Al riguardo, pochi giorni fa l’ennesima denuncia dal blog del rione, in attesa di qualcuno che venga a toglierlo dalle strade. E cosi si conclude un viaggio, forse troppo breve per riuscire a capire tutto quello che c’è da capire, tra sacralità, tradizioni, disordine, dolore, disperazione, decine di storie unite insieme in un’unica sola storia, di rabbia, di inconsapevolezza, e di esclusione dal resto del mondo.

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