di Anna Felicia Nardandrea
“Secondo la mia modesta opinione, non esercitare l’assassinio è qualcosa che ci rende meno umani e ci snatura. Devi avere molta immaginazione, e io non ce l’ho, per tremare davanti all’idea della morte aprendo una lattina di polpette con piselli nella cucina di casa”.
Sono parole di Rodrigo García, riconosciuto genio della scena teatrale contemporanea, attivo da un ventennio a Madrid o a Sesto Fiorentino, suo secondo luogo di sperimentazione presso il Teatro della Limonaia, con la compagnia Carnicería Teatro, Teatro Macelleria – un ironico riferimento al mestiere e alla figura del padre macellaio.
Parole che condensano la modesta opinione dello scrittore e regista di origine argentina sulla violenza onnivora naturalmente inscritta nella nostra umanità, e sulla colpevole ambivalenza del nostro rapporto con gli animali, quelli che scegliamo di mangiare aprendo una lattina di polpette nella cucina di casa.
Che sia compiuta per piacere, per cultura o per abitudine, questa scelta richiede di dimenticare “la catena di s-montaggio” a cui un essere vivente è sottoposto per essere trasformato in merce commestibile; obbliga a confinare in una dimensione di astratta lontananza l’esistenza stessa degli animali, a consegnare al non-immaginabile la loro sofferenza o l’idea della morte inferta dall’uomo.
Il dominante sistema di allevamenti intensivi e mattatoi industriali non fattura solo costi altissimi per l’ambiente – degrado del suolo, inquinamento dell’aria e dell’acqua, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità; non compromette solo la nostra salute e quella delle generazioni future – le devastanti “ripercussioni rutto-cerebrali” in bambini cavie cresciuti a fast food ed happy meal.
L’industria zootecnica ci impone un modello economico localmente e globalmente insostenibile, asservito alla logica del profitto e ferocemente diviso in predati e predatori, obesi e malnutriti, come ci ricorda Rodrigo García nella Storia di Ronaldo il pagliaccio del McDonald’s:
– Se hai nove anni e vivi a Lisbona, vai al McDonald’s tutte le domeniche.
Se hai nove anni e vivi a Cuba, vai a succhiare il cazzo a un turista italiano.
Se hai nove anni e vivi a Bruxelles, vai al McDonald’s tutte le domeniche.
Se vivi in Bolivia, vai nelle miniere per i gringos.
Se hai nove anni e vivi a Firenze, vai al McDonald’s tutte le domeniche.
Se vivi in Africa, cuci i palloni per la Nike.
Se hai nove anni e vivi a New York, vai al McDonald’s tutte le domeniche.
Se hai nove anni e vivi in Tailandia, te lo devi far mettere nel culo da una australiano.
Poi, due aerei si portano via due grattacieli e la gente si meraviglia.
Le questioni religiose sono una menzogna in più.
Credete alla propaganda politica come credete alla pubblicità del Danone.
Più profondamente, l’industria della carne riguarda le nostre coscienze perché chiama in causa la nostra stessa umanità e l’assimilabilità della nostra natura a quella di qualunque altro “animale mangiante”. Deve essere per questo che chiedersi cos’è la carne, perché mangiamo gli animali e se continuare a mangiarli ha sempre risonanze interiori imbarazzanti o fastidiose.
Deve essere per questo che il vegetariano, e ancor più il vegano, non cessano di apparire all’onnivoro, più o meno selettivo, come creature che hanno in sé qualcosa di non umano, più simili al Robo-sapiens Veganis disegnato da Lewis Heriz che a un uomo.
La modesta opinione di Rodrigo García sostiene, e in parte spiega, la contestatissima scrittura e messinscena della pièce Matar para comer, Ammazzare per mangiare, in cui il regista argentino esibisce, eludendo il rassicurante filtro della finzione scenica o l’ossequio a consolidate convenzioni teatrali, la dolorosa agonia e la morte in scena di un astice vivo e ancora vegeto.
Un’azione estrema di disturbo tesa a innescare nel pubblico presente in sala una riflessione sulla oscenità sottesa alle nostre scelte alimentari, e aggredire, svelandola, la nostra ipocrisia di consumatori irresponsabili.
È una scrittura teatrale ironica, ostile e provocatoria, quella di Rodrigo García, che, scardinando e reinventando forme e contenuti della tradizione drammatica, tenta di recuperare al fatto teatrale la sua funzione primaria, poetica e politica insieme, di relazione conflittuale fra corpi in presenza o all’interno di uno stesso corpo.
Un teatro fisico, animato da persone e non da personaggi, che dell’essere animale o umano rivendica la dignità del vivere e del morire. O la sua insensatezza.
Il corpo, ma anche il cibo – l’educazione al consumo etico o l’iniqua distribuzione delle risorse alimentari nel mondo globalizzato – sono temi cardine, derisi-criticati-denunciati, nel repertorio di Rodrigo García.
Non sorprende, allora, che tra le sue Note di cucina il regista ci proponga alcuni “piatti semplici” e sani da riportare in tavola:
– Questi sono alcuni dei piatti semplici che vi presenterei se non sapessi bene che li rifiutereste immediatamente per la loro delicatezza e genuinità per chiedere al loro posto un intruglio di carne e ossa:
– Un’acciuga arrotolata che riposa su una fetta di rapa tagliata a forma di rana
– Un’altra acciuga disposta attorno a un germoglio di cavolfiore
– Una carota tagliata ad arte
– Un cetriolino tagliato a metà su una foglia di lattuga
– Una coscia di rana sopra una foglia di dente di leone
– Sei germogli di cavolfiore bolliti e, nel mezzo, uova di storione con panna.
– Una cipolla bollita di medie dimensioni su una fetta di buon formaggio di bufala e coronata da un’oliva nera divisa in quarti.
– Una susina, pestata e divisa in quarti, e disposta su una sottile fetta di carne di mucca cruda e asciugata al sole per tre mesi. Accanto a questa, un ramettino di melo in fiore.
– Tre rotelle di carota cruda tagliate a forma di cavallucci di mare e un pizzico di salsa d’acciughe accanto”
o “piatti per la gente povera”:
1. Polenta con un’erba. Mischiate alla polenta un po’ di tanaceto.
2. Polenta con due erbe. Mischiate alla polenta un po’ di tanaceto e fiori secchi di sambuco.
3. Questo è un piatto per festeggiamenti e occasioni speciali: polenta con tre erbe. Mischiate alla polenta un po’ di tanaceto, fiori secchi di sambuco e il succo di papaveri rossi.
Il lettore curiosamente famelico potrà avere un assaggio della scritturadi Rodrigo García sfogliando la recente pubblicazione dei suoi Sei pezzi di teatro in tanti round, raccolta teatrale edita da Ubulibri. Un assaggio e un appello alla nostra sensibilità fin dai titoli, pensati per destare la nostra attenzione: Prometeo – Note di cucina – Borges – Dovevate rimanere a casa, coglioni – Il bello degli animali è che ti vogliono bene senza chiedere niente – La storia di Ronaldo il pagliaccio del McDonald’s.
Gli italiani sono i più vegetariani d’Europa: sei milioni, secondo un’indagine della Ac Nielsen rielaborata dall’Eurispes. Eppure, l’arte senza tregua della Carnicería Teatro scuote, con uno choc mental-verbale di pari intensità, sia lo spettatore attento ad un consumo etico anche del cibo sia il consumatore smemorato, indulgente o noncurante. Parla a quanti di noi, liberandosi dei propri angusti abiti mentali, si siano sorpresi a pensare: “non so cosa ho più sconvolto, se la testa o lo stomaco”.
Proprio come Ronaldo, il pagliaccio del McDonald’s…