“… per raccontare la storia di questa madre e di noi due, fratello e sorella, e di tutte le nostre avventure ci vorrebbe uno di quei filmoni di una volta”
, dice così la voce narrante di Valerio Mastrandrea durante il trailer de “La prima cosa bella”, ultima fatica di Paolo Virzì.
Il regista livornese, per raccontare le vicende tormentate e toccanti di una madre e dei suoi due bambini, confeziona, a detta di molti recensori, un film che ricorda proprio “uno di quei filmoni di una volta”, una commedia all’italiana.
Si è parlato a tal proposito di omaggio alla commedia all’italiana, un genere che, come vuole la critica, ha inizio nel secondo dopoguerra e si caratterizza per l’intreccio strettissimo tra comicità, satira di costume e amarezza di fondo in un contesto piccolo borghese che si è andato delineando all’indomani della guerra, come conseguenza del benessere economico crescente del paese. Una parabola fertile e felice del cinema italiano che ha fine intorno agli anni ottanta, per effetto dei cambiamenti sociali e dell’invecchiamento di una leva numerosissima di registi tra i quali ricordiamo Dino Risi, Ettore Scola, Mario Monicelli e Luigi Comencini.
Come detto, durante gli anni ottanta si verificano dei cambiamenti economici e sociali che determinano il venir meno del contesto che fa da sfondo alla commedia all’italiana: il fenomeno del terrorismo e la crisi economica spengono quella spinta all’ironia e alla benevola presa in giro dei vizi e delle virtù italiani, per lasciare spazio ad un cinema dai tratti drammatici e più realisti.
Nonostante però durante gli anni successivi in Italia ci sia poco di cui stare allegri, c’è chi tra i registi e gli sceneggiatori, continua a coltivare la passione per la leggerezza della commedia unita all’impietosa critica sociologica tipiche dei “filmoni di una volta”, per dirla alla Virzì.
E allora come non citare la ricchissima produzione cinematografica di Carlo Verdone, che mettendo in scena le sue caricature, scatta un’impietosa fotografia delle nevrosi contemporanee, unendo comicità e riflessione, facendosi specchio delle debolezze e dei difetti della società.
Proprio Carlo Verdone, considerato da alcuni critici l’erede di Alberto Sordi, uno dei principali protagonisti della commedia all’italiana, gira con quest’ultimo due film, “In viaggio con papà” (regia di Sordi) e “Troppo forte” diretto dallo stesso Verdone, costruendo in tal modo una sorta di ponte tra il cinema del secondo dopoguerra e quello contemporaneo.
Tra i giovani registi da collocare sull’altra estremità del ponte c’è sicuramente il già citato Paolo Virzì che rappresenta uno dei potenziali eredi della commedia all’italiana: nei suoi film riesce a cogliere i tratti caratteristici della società nel passaggio tra prima e seconda repubblica, come nell’esilarante “Ferie d’agosto”, a raccontare la difficile vita di un ragazzo della classe operaia livornese in “Ovosodo”, o la tragicomica situazione del precariato degli anni zero in “Tutta la vita davanti”.
Storie in cui dramma e sorriso si intrecciano e nelle quali l’umanità, in tutte le sue declinazioni, è protagonista e oggetto dell’ironia presente in tutte le vicende raccontate. Perché nonostante i dolori e le vicissitudini che angustiano i personaggi, c’è sempre un’ironia di fondo che stempera e rende più sopportabile, proprio come nella vita, la crudezza della realtà.