Pentedattilo
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di Angela Chirico

“La visione è così magica che compensa di ogni fatica sopportata: selvagge e aride guglie di pietra lanciate nell’ aria, nettamente delineate in forma di una gigantesca mano contro il cielo….mentre l’ oscurità e il terrore gravano su tutto l’abisso circostante”

Lo stupore immaginifico di Edward Lear restituisce bene il senso di sperdimento e di vertiginosa suggestione che avvolge quanti, abitanti e visitatori, possano pregiarsi di ammirare, percorrendone stradine e vicoli tortuosi, il borgo antico di Pentedattilo. Lo scrittore e pittore britannico vi giunse nell’ Agosto 1847, nel corso di un viaggio intrapreso per scoprire i luoghi dell’ amata Italia, rimanendone ammaliato.

La dimensione di incanto da cui parevano essere circondati la rupe e i suoi pinnacoli di arenaria lo indussero a scolpire, con lo stesso tratto preciso ma delicato dei suoi disegni, una cornice carica di meraviglia; parole capaci di evocare l’ intima sensazione di turbamento ispirata da uno scenario immobile, senza tempo, quasi spettrale. Un fascino, quello di Pentedattilo, rimasto intatto nei secoli. Un borgo in cui, ancora oggi, il concetto di durata, depurato dai ritmi alienanti della modernità, sembra destinato a un’inedita ridefinizione dei suoi connotati, consegnato a un procedere sonnolento, imperturbabile. Già dal litorale, da cui si inerpica la strada che conduce al paese vecchio, si stagliano con chiarezza i grappoli di case aggrappate alla maestosa roccia sovrastante, che ha la forma di una mano ciclopica. Da qui, infatti l’ etimologia del nome Pentedattilo, dalle parole greche pente (cinque) e daktilos (dita).

Un’ origine antichissima dunque quella della frazione, ricadente nel comune di Melito Porto Salvo. Tuttora, la storia della sua fondazione è avvolta dal mistero, e tra gli studiosi si registrano pareri discordi: alcuni, infatti, ne legano le radici alla dominazione Bizantina e alle migrazioni monastiche Basiliane; altri, invece, ritengono maggiormente accreditata la dominazione romana o quella greca.

Celebre e di grande interesse, invece, un episodio storico noto come “la strage degli Alberti”, avvenuto nella notte di Pasqua del 1686, di cui il borgo fu cupo testimone. Una vicenda i cui echi continuano ad alimentare la fantasia popolare e la leggenda, che narrano la presenza nel borgo dei fantasmi delle persone uccise, dei loro lamenti ancora udibili quando il fruscìo del vento ridesta i vicoli silenziosi dalla loro quiete secolare. Racconti che, uniti ad un evento naturale nefasto, come il terremoto del 1783 e successive scosse, e al pericolo sempre agitato, ma mai di fatto verificatosi, di possibili frane, hanno determinato il progressivo abbandono (completato negli anni ’60 del ‘900) di Pentedattilo da parte dei suoi abitanti. I quali, in seguito al decreto di sgombero, si spostarono un chilometro più a valle, fondando Pentedattilo Nuovo. Oggi il borgo antico, dopo tanta incuria, è meta prediletta non solo di architetti e storici, ma anche delle associazioni di volontariato, che intendono valorizzarlo con iniziative culturali ed eco-pacifiste.

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