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Premio Nobel ad Akerlof
Premio Nobel ad Akerlof

Nel 2001 tre economisti americani, Akerlof, Spencer e Stiglitz, hanno vinto il premio Nobel per l’economia per i loro studi condotti sull’influenza dell’informazione nei fatti economici, in particolare sull’asimmetria informativa. Con asimmetria informativa s’identifica quel fenomeno secondo cui un’informazione non è condivisa integralmente tra gli individui facenti parte del sistema economico, perciò esistono degli agenti che dispongono di maggiori informazioni rispetto ad altri attori, potendo così trarre vantaggio da questa condizione. In campo finanziario un’informazione trasparente, quindi, come lo stato reale dei fattori della produzione e della solidità finanziaria delle imprese, è essenziale per il calcolo del rischio e per evitare insolvenze. La recente crisi finanziaria e la conseguente crisi economica hanno sollevato il problema del ruolo svolto dalle agenzie di rating e dalle banche riguardo alle distorsioni informative dei mercati.

Il rating, una valutazione dell’affidabilità creditizia di singole società o di uno stato che le agenzie esprimono con una scala alfabetica, dovrebbe ridurre l’asimmetria dell’informazione tra fornitori di obbligazioni e investitori. Nel momento in cui un’azienda quotata o uno stato emettono un’obbligazione, le agenzie di rating certificano attraverso un parere la solvibilità della società e il rischio del credito.

Queste agenzie, quindi, dovrebbero svolgere un importante ruolo di controllo sul mercato finanziario, in particolare a favore degli investitori, fornendo loro un’informazione che li aiuta a valutare i rischi connessi ad un determinato titolo. Le vicende di Swissair, Parmalat ed Enron e la recente crisi della finanza, però, hanno evidenziato la lentezza con la quale le agenzie si accorgono che certi prodotti finanziari sono inaffidabili. Queste, le principali sono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, sono società quotate in borsa, controllate da gruppi finanziari con interessi borsistici, che vengono pagate per le loro attività dalle stesse società controllate[1], interessate ovviamente ad ottenere valutazioni positive. Non di rado, infatti, le consulenze mirate forniscono il miglior giudizio possibile d’affidabilità, vale a dire la tripla AAA, per risultare poi titoli spazzatura con scarsa probabilità di rimborso della quota capitale e di quella d’interesse. Emerge, quindi, un chiaro conflitto d’interessi tra proprietà e controllo, tra controllori e società controllate, ragione per la quale l’interesse dell’investitore è spesso sacrificato dall’intermediario per il perseguimento di finalità diverse legate ad un interesse economico da parte delle stesse agenzie.

Il fenomeno dei ‘titoli tossici’, inoltre, ha evidenziato l’incapacità da parte delle istituzioni bancarie di controllare i prodotti scambiati, imponendo quindi una riflessione sul ruolo delle banche nell’attività di controllo del rischio e nel collocamento di strumenti finanziari. Quando le banche collocano sul mercato titoli di società loro affidate, possono disporre d’informazioni privilegiate sulle condizioni finanziarie di queste imprese e, dunque, essere pienamente in grado di valutare il rischio dell’investimento. Secondo i principi di trasparenza, però, le banche dovrebbero rendere pubbliche le eventuali esposizioni verso le società, in modo da informare il risparmiatore sui possibili conflitti d’interesse.

Questo avviene molto di rado. Una banca che presenta un’esposizione creditizia verso una società con alto rischio d’insolvenza, può essere sicuramente interessata a collocare sul mercato i titoli di quest’impresa. In questo modo la banca recupera il credito grazie alla liquidità che proviene dal mercato, trasferendo sul risparmiatore, spesso ignaro, il rischio d’insolvenza del proprio debitore. I conflitti sono strettamente legati al sistema d’incentivi: da un lato le banche guadagnano quando vendono certi prodotti finanziari, dall’altro sono loro stesse che consigliano l’investitore su come impiegare i propri risparmi, spesso distorcendo la realtà dei fatti e facendo gli interessi della banca piuttosto che del cliente[2]. La Citigroup, la più grande banca al mondo, che il presidente Obama ha nazionalizzato per evitarne il fallimento, è già stata in passato al centro di alcuni scandali per avere dato, durante la bolla della New Economy, ‘consigli d’acquisto truccati’ ai propri clienti. Inoltre la stessa banca è stata al centro di inchieste nel 2001 per il caso della bancarotta Enron e per il crac Parmalat[3]. Le banche hanno quindi assunto un ruolo multiforme: finanziano le imprese, collocano e vendono i loro titoli e ne consigliano l’acquisto ai loro clienti e ad altri soggetti. I conflitti d’interesse sono quindi endemici e possono generare frodi tali da investire l’intero assetto economico e finanziario.

I recenti scandali hanno messo in luce i potenziali conflitti d’interesse in cui possono trovarsi gli istituti bancari e le agenzie di rating nello svolgimento della loro attività. Sebbene la teoria economica liberista abbia sempre esaltato il mercato come meccanismo che si autoregola e come luogo in cui il consumatore esplica la sua libertà, appaiono evidenti la carenza di controlli pubblici, l’insufficienza di una regolamentazione più stringente e il peso delle asimmetrie informative nella distorsione dei mercati. In questi ultimi mesi cominciano a prendere forma le prime proposte di riforma del sistema finanziario.

Il presidente Obama ha proposto di concedere maggiori poteri agli istituti pubblici, in particolare alla Federal Reserve, in modo da rafforzare la supervisione e la regolamentazione sulle istituzioni finanziarie. Per quel che concerne i conflitti d’interesse delle banche e delle agenzie di rating, l’amministrazione americana intende imporre da un lato maggiori requisiti di trasparenza e dall’altro ridurre la rilevanza delle agenzie di rating[4]. Si tratta di un disegno di riforma ambizioso che, se approvato, potrebbe essere il primo passo verso un sistema finanziario più affidabile e trasparente, sempre che il Congresso e le lobby della finanza non ne stravolgano i contenuti.


[1] Giovanni Facci, Le Agenzie di Rating e la Responsabilità per Informazioni Inesatte, in http://www.ilcaso.it/opinioni/99-facci-26-03-08.pdf
[2] Tullio Jappelli, Promotori Finanziari e Conflitti di Interesse, in www.lavoce.info
[3] Federico Rampini, Il Mondo fino al 2008, in “Azione” del 25 maggio 2009.
[4] Guido Tabellini, Un rischio per tutti: il ritorno degli eccessi, in ‘Il Sole 24 Ore’ del 24 giugno 2009.

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