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Piccola società disoccupata

Si alza il sipario sulla “Piccola Società Disoccupata” del drammaturgo francese Rémi De Vos, nell’originale mise en scène firmata da Beppe Rosso per ACTI Teatri Indipendenti in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la stagione 2016-17 de La Grande Prosa – nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna: la pièce ispirata ai feroci meccanismi del mercato del lavoro debutterà in prima regionale lunedì 27 marzo alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale, per approdare martedì 28 marzo alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania e infine mercoledì 29 marzo alle 21 al Teatro Civico di Alghero.

Sotto i riflettori – accanto a Ture Magro (uno degli artisti più interessanti della scena contemporanea, reduce dal successo di “Padroni delle nostre vite” e “Malanova”) e Barbara Mazzi (attrice teatrale, già diretta da registi come Mauro Avogadro e Valter Malosti ma anche volto noto del piccolo schermo – da “Centrovetrine” ai “Cesaroni”), lo stesso Beppe Rosso – figura di riferimento nel panorama culturale e artistico torinese, attore e regista e autore teatrale – che firma drammaturgia e regia del surreale e moderno dramma sull’alienazione e sulle contraddizioni della società.

“Piccola Società Disoccupata” – nella traduzione di Luca Scarlini – mette l’accento sullo sfrenato individualismo e la feroce lotta per conquistare e conservare un posto di lavoro a qualsiasi costo: ritratto di un’umanità concentrata solo su se stessa, sui propri bisogni e sulle proprie paure, indifferente alla bellezza e insensibile al dolore altrui, ma impegnata in un’eterna, folle e inutile corsa con un’unica ossessione – un’assunzione (magari a tempo indeterminato) come conditio sine qua non per iniziare a immaginare un futuro.

Focus sulla moderna civiltà globalizzata – tra mondi virtuali e crudele realtà: vittime della crisi economica, ma anche dell’automazione e della conseguente drastica riduzione dei posti di lavoro, con condizioni sempre più sfavorevoli e una competizione sempre più agguerrita, i protagonisti vengono coinvolti (o meglio travolti) in una guerra di tutti contro tutti, ma senza vincitori. Follia e astuzia formano l’esplosiva miscela che innesca la catastrofe in un conflitto tra poveri senza regole e senza esclusione di colpi, in cui è lecito approfittarsi delle debolezze altrui, far ricorso a stratagemmi e inganni -senza nessuna pietà.
L’ironia è l’arma sottile con cui affrontare un universo impazzito, dove il confine tra il bene e il male viene fatalmente superato ogni qual volta si cede e si accetta un compromesso, rinunciando ai principi etici e morali in nome di un’ipotetica ascesa in una graduatoria non strettamente meritocratica, dove più delle eventuali capacità e della competenza vale l’arte dell’adulazione.

“Piccola Società Disoccupata” racconta un’insolita e nuova variante della sfaccettata comédie humaine – frutto di una mutazione antropologica in seno ad una società tradizionalmente fondata sul lavoro come strumento di affermazione ed emancipazione, nonché di crescita personale e professionale. Le magnifiche sorti e progressive si arrestano davanti ad una difficoltà insormontabile posta dalla trasformazione forse irreversibile del mondo del lavoro, dove per la ferrea legge della domanda e dell’offerta i prestatori d’opera, impiegati e operai, ingegneri e muratori, insegnanti e artigiani, come del resto attori e tecnici, si trovano in una posizione sempre più svantaggiosa e precaria.
Se l’antico conflitto di classe si trasforma in una lotta all’ultimo sangue – in senso metaforico ma non troppo – e quel “fantasma” che si aggirava un tempo per l’Europa sembra aver perso gran parte del suo fascino e del suo potere di suggestione, quel che resta è una società disgregata, fatta di individui tendenzialmente disperati e esasperati, in cui si consuma l’orrendo delitto della privazione della dignità. Uno stillicidio quotidiano – con la progressiva riduzione dei diritti e delle tutele – che colpisce trasversalmente le diverse categorie, tra ricatti e mobbing, licenziamenti di massa, chiusura di stabilimenti e fabbriche, fallimenti più o meno programmati e le famigerate delocalizzazioni – con un prevalere della finanza come mero calcolo degli utili immediati sull’economia, non per nulla scienza filosofica, capace di analizzare il presente e prevedere e disegnare scenari futuri.

Sulla scena – tra tradimenti e inganni, e brevi e forse illusorie parentesi luminose di solidarietà – si declinano i differenti status dei lavoratori contemporanei: il precario e il disoccupato, il freelance, l’occupato a tempo indeterminato e l’occupato in via di licenziamento, appaiono come casi emblematici, differenti fasi di una nuova evoluzione, o meglio involuzione, della specie verso una società sempre più disumana. La pièce di Rémi De Vos affronta con un linguaggio moderno e “spiazzante” un tema scottante e decisamente d’attualità, mettendo l’accento sulle situazioni più estreme e sui paradossi del sistema in chiave decisamente e crudamente umoristica, e offre interessanti spunti di riflessione sui limiti insuperabili e i baluardi necessari contro una nuova barbarie, a salvaguardia della così faticosamente raggiunta – e ancora tanto fragile – idea di civiltà.

SCHEDA DELLO SPETTACOLO

ACTI Teatri Indipendenti
Piccola Società Disoccupata
dal teatro di Rémi De Vos
traduzione Luca Scarlini

con Ture Magro, Barbara Mazzi, Beppe Rosso

scene e luci Lucio Diana
movimento Ornella Balestra
assistenti alla regia Valeria Tardivo e Federica Alloro

drammaturgia e regia Beppe Rosso

una produzione ACTI Teatri Indipendenti con il sostegno del Sistema Teatro Torino e Provincia
«Un intero periodo storico sta per tramontare: quello in cui il lavoro umano era alla fonte di ogni ricchezza. In gestazione da anni la terza rivoluzione industriale è cominciata» André Gorzt

“Piccola Società Disoccupata” è il secondo spettacolo di Beppe Rosso sul mondo del lavoro contemporaneo. Questa volta è il conflitto generazionale ad essere al centro dell’allestimento, quel disagio che intercorre tra giovani e anziani nel affrontare l’attuale trasformazione dell’uomo in rapporto al lavoro.
Tre attori di diversa generazione formano una “piccola società disoccupata” interpretando vari ruoli in un gioco cinico ed esilarante; sono personaggi che si dibattono in una lotta senza esclusione di colpi per conservare o trovare lavoro, una lotta del tutti contro tutti, in cui non mancano slanci d’amore, ingenuità e momenti di grande illusione. E’ un mondo dove è evidente la fragilità individuale che di volta in volta si trasforma in astuzia o in follia solitaria. Astuzia e follia che sono anche strategie di sopravvivenza in una commedia contemporanea dove ogni scena apparentemente reale attraverso lo humour e il paradosso viene portata ad estreme conseguenze tragicomiche.

Il testo di Remi De Vos propone un calembour di situazioni che toccano quasi tutti i ruoli che attualmente offre il mercato del lavoro: il precario, il disoccupato, il freelance, l’occupato a tempo indeterminato o l’occupato in via di licenziamento. Più situazioni legate da un filo rosso che nell’insieme ricostruiscono la “commedia” del mondo del lavoro in questa società postindustriale.

Rémi De Vos, autore francese, tra i maggiori degli ultimi decenni, acclamato da pubblico e critica in patria, ma ancor pressoché sconosciuto in Italia, ci fa entrare nel dramma con un linguaggio imprevedibile ed incalzante che scarta qualsiasi deriva retorica e rivela l’assurdo “indecifrabile” che stiamo attraversando.
Una Piccola Società Disoccupata che riflette sul passato e sul futuro, su cosa avviene in una società centrata sul lavoro quando il lavoro viene a mancare. Dove porterà questa nuova rivoluzione, condurrà alla società della disoccupazione o a quella del tempo libero? Evidenti le diverse considerazioni e risposte che le generazioni ancora attive ne danno ed evidente è il conflitto strisciante che le contrappone. Immersi dentro un mondo in cui tutto è mercato, un vortice di mutazione sociale ed antropologica sempre più veloce dominato da formule matematiche, statistiche e ricerche di mercato.
Il teatro, mestiere antico e lento, può tentare di fermare un attimo questo vortice e riportare al centro l’uomo, le sue paure, le contraddizioni, le fragilità e i paradossi che incontra sulla strada del lavoro, trasformando la complessità del momento in puro gioco teatrale.
Impossibile trovare una soluzione, solo l’ironia può svelare cose che la ragione e i dati statistici non ci fanno comprendere.

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