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Pepe, anice, salvia, rosmarino, alloro: son tutti elementi che valorizzano un piatto. Erbe e spezie inebriano il palato. Le papille gustative si esaltano.
Le loro biografie sono curiose: luoghi di nascita, proprietà, usi, particolarità. Le spezie non sono mai apolidi e spesso si abbinano alla regione d’origine, talvolta al popolo che le ha in dote. Così se il curry è India, la vaniglia è Messico; se la cannella è Sri Lanka, il cardamomo è Iran.
Alla Sardegna generalmente si associa il mirto (bacche viola e corteccia rossiccia sono un cult), ma per chi in Sardegna ci vive quest’equazione non è automatica. L’isola in realtà è un arcipelago composito: litorali, pianure, colli e vette innevate. Ogni atollo ha le sue caratteristiche. Nell’entroterra, ad esempio, l’aridità dei terreni incolti oltre i 700 mt d’altitudine favorisce lo sviluppo e la conservazione di una eccellente varietà di timo selvatico. Il Thymus herba-barona cresce nel Gennargentu, dove il sole bacia le montagne e il freddo le zittisce. È una specie endemica, unica, tipica del Centro Sardegna e della Corsica. In Sardegna, che è posto matriarcale, culla della Dea Madre, il timo ha solo nomi femminili: armidda, alba barona, amenta de Santa Maria, aspridda. Si riconosce per gli arbusti bassi, le foglie piccole e i dolci fiori bianchi. Il suo odore è intenso (Thymus deriva dal greco thymos, a sua volta derivato di thyein: profumare) e frizzante, come suggeriscono alcuni degli appellativi in limba; ha un sapore deciso; ha virtù curative.


Tradizione, cultura e retaggi barbaricini sono impregnati di aspridda. Le sue facoltà antisettiche e antibatteriche hanno valori officinali: si sanano i malanni, si leniscono i dolori (tosse, pertosse, infiammazioni della gola o intestinali, coliche, disturbi nervosi). In casa, ma anche negli ovili, si usa per rinfrescare gli ambienti, per assorbire i cattivi odori. Inoltre, essendo diffusa nei pascoli, conferisce alle carni e al latte del bestiame qualità singolari (aromi, sapore, retrogusto).
In cucina è il tocco finale nei secondi più riusciti. Si sposa perfettamente con la selvaggina, ma arricchisce anche altri cibi. È sì ottima spolverata su verdure grigliate, minestre, sughi, frittate e risotti (fondamentale in quello alla zucca), ma esprime il suo vero potenziale con gli arrosti e con le carni in umido.
Ha qualità digestive. Non per niente aromatizza acquaviti, grappe e liquori medicinali.
La primavera è il periodo del massimo splendore: quando la bella stagione si avvicina la fragranza di timo si diffonde ovunque, nelle campagne, nelle valli, e permea tutto. Respirarlo significa respirare la Sardegna stessa, e se ne carpisce uno dei suoi segreti più antichi e più sacri.
Si raccoglie un rametto, lo si lascia essiccare, lo si posa sulla pietanza. Ogni portata avrà la sua magia, il suo perché.

 

Daniela Melis

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