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Aritzo

sorge a 800 metri sul livello del mare, nel territorio della Barbagia di Belvì, fiero centro della Sardegna. Paese di poco più di mille abitanti, nemmeno chi ci passa ogni giorno potrebbe immaginare che esso contenga tante sorprese. Oltre alle bellezze naturali, Aritzo si contraddistingue per un patrimonio storico e culturale senza eguali, un vero e proprio scrigno di storie e tradizioni della montagna.

Credits: Kekko Manca

Il tacco calcareo Texile, o il Meseddu de Texile è una caratteristica naturale che identifica il paese. Distante solo due chilometri da Aritzo, è perfettamente visibile dal paese, per la sua grande massa e la particolare forma di fungo sbrecciato. Tutto attorno ad esso sorge un’importante area archeologica. Famoso per la sagra delle castagne e delle nocciole, ad Aritzo non mancano grandi terreni con castagni, bellissimi quando sono in fiore. Oltre alla natura, il paese si presenta come una cartolina: case ammassate su più livelli e di vario colore, immerse in una cornice di verde, contribuiscono a creare un’atmosfera unica. All’interno del paese ci sono poi diverse fontane, dove ci si può fermare a prendere acqua e a riposare, mentre una tappa obbligata è la chiesa di San Michele Arcangelo. Essa sorge al centro del paese ed è molto importante da un punto di vista storico, perché il suo impianto iniziale risale addirittura al 1000, nonostante abbia subito una restaurazione nel primo Novecento. Numerosi sono anche i murales che colorano il paese, tra cui quello che ritrae il “poeta bandito” aritzese Bachis Sulis, famoso per le sue denunce contro clero e potere.

É proprio da un punto di vista culturale che Aritzo sorprende, non solo per la poesia di Sulis o per la pittura e l’incisione di Antonio Mura, famoso artista tra i migliori del Novecento. C’è qualcos’altro ad Aritzo e va raccontato partendo da lontano. Su giuramentu, elemento caratteristico del codice barbaricino, è un’antica medaglia di bronzo usata dai pastori per dirimere le controversie nate da sconfinamenti di pascolo e furti, ma è anche il nome della società che ad Aritzo gestisce il sistema museale. Oggi l’Ecomuseo della montagna sarda o del Gennargentu, sistema museale diffuso nello spazio e nel tempo è il risultato di anni di ricerca e di raccolta di attrezzature che ricostruissero la storia del paese effettuate negli anni Settanta da un gruppo di amici. Ed è così che si è costruito un sogno: quello di fare di Aritzo la meta per conoscere la cultura del centro Sardegna.

Sul cocuzzolo del parco comunale “Passissu” sorge così il Museo Etnografico, dove gli strumenti dei pastori e dei carbonai, del calzolaio e dei boscaioli, delle ricamatrici e delle sarte, raccontano storie di duro lavoro e fatica, attraverso la loro forza silenziosa. Al suo interno, parlando con il curatore Armando Maxia, antropologo culturale con alle spalle diverse pubblicazioni su storia, simboli e leggende del centro Sardegna, sembra quasi di tornare nel passato a rivivere la vita degli uomini di un tempo.

Dopo la nascita del Museo Etnografico, si è passati alla creazione di un sistema museale che comprende oggi altri punti di grosso interesse storico. Il primo di questi è Casa Devilla, antica residenza di una famiglia della borghesia agraria e professionale del paese, nonché appaltatori delle Neviere, che rifornivano di ghiaccio l’intera regione, compreso il viceré a Cagliari. La stessa casa ospita oggi il museo del castagno e della cassa intagliata, un’arte particolarmente diffusa in tutta la zona. Ci sono ancora le prigioni spagnole, tra le più importanti prigioni regie aperte dal 1500 al 1936, e al cui interno è stata allestita la mostra di magia e stregoneria in Sardegna. Dette Sa Bovida, erano famose per la loro massima sicurezza, tanto che nel 1793 vennero rinchiusi al loro interno alcuni ufficiali francesi.

Credits: Kekko Manca

É possibile visitare il museo ogni giorno, tranne il lunedì, chiuso per riposo settimanale, mentre è necessario prenotarsi per conoscere altri due importanti siti culturali. Si tratta delle Neviere, grandi pozzi dislocati in alta montagna, ancora visibili e dove si spiega come veniva effettuata la lavorazione del ghiaccio, importante attività industriale in Sardegna. Le seconde sono, invece, le Inturgeras, costruzioni interrate che servivano per catturare avvoltoi, da cui estrarre poi le piume che venivano usate come penne per scrivere.

In una zona contraddistinta da un forte indice di spopolamento, Aritzo potrebbe diventare il punto di partenza per usare la cultura ai fini della ripresa economica. Attirando visitatori e studiosi, sarebbe possibile fare di tutta la montagna, dove le tradizioni si conservano intatte, la nuova meta di un turismo destagionalizzato e non.

Daniela Melis

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