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dalla tragedia di Eschilo alle parole dei rifugiati
con Vincenzo Pirrotta – Gabriele Vacis
Teatro Romano di Nora (Pula) – domenica 23 luglio – ore 20

Il dramma degli esuli e le regole dell’ospitalità rivivono sulla scena attraverso la forza icastica del teatro, in “Supplici e Portopalo/ dalla tragedia di Eschilo alle parole dei rifugiati” con due protagonisti del calibro di Gabriele Vacis e Vincenzo Pirrotta, voci narranti e recitanti in un ideale viaggio dall’Atene del V secolo a. C alla realtà del terzo Millennio sotto le insegne del XXXV Festival La Notte dei Poeti organizzato dal CeDAC.

Focus su temi di accesa e scottante attualità nella pièce (da un progetto originale con ideazione e drammaturgia di Monica Centanni, per la regia di Gabriele Vacis) in cartellone domenica 23 luglio alle 20 al Teatro Romano di Nora, che svela l’assoluta modernità del testo classico e una sorprendente similitudine tra i cori della Danaidi in fuga dalle nozze con gli Egizi e i racconti dei profughi sbarcati sulle coste d’Europa.

I sogni e le aspirazioni che spingono le figlie di Danao e i moderni migranti, in fuga da guerre, carestie e persecuzioni ad attraversare le montagne e i deserti, e a varcare il mare, sono gli stessi: il desiderio di vivere in pace, senza timore di ritorsioni e vendette di potenziali nemici, lontano dalle imposizioni e dalla ferocia di regimi autoritari, da violenze e sopraffazioni, dalla spesso arbitraria privazione della libertà e dalle continue minacce di morte.
Nel mito le fanciulle cercano di sottrarsi al matrimonio con i cugini, figli di Egitto, imposto loro per ragioni dinastiche: nella loro ribellione è sottesa un’affermazione della volontà femminile di fronte al sopruso e al potere maschile, di fronte alla quale i loro antagonisti, incapaci di accettare il rifiuto, reagiscono, cercando di sottometterle con la forza delle armi. Un’idea di emancipazione dettata dal fato, e da una profezia che annuncia conseguenze nefaste per gli odiosi sposalizi, ma che suona straordinariamente anticipatrice sia pure in un contesto culturale e sociale, nell’Attica antica, che riconosceva alle donne se non pari diritti almeno pari dignità.

Se la storia delle Danaidi rimanda fin troppo da vicino alla questione tremendamente attuale della violenza di genere, amaro retaggio culturale di una civiltà patriarcale e tragica emergenza sociale, tra abusi fisici e psicologici e graffi sull’anima in un crescendo che giunge fino al delitto, nella descrizione della loro condizione di esuli, costrette ad abbandonare la patria e chiedere asilo in terra straniera ricorrono gli stessi accenti delle testimonianze degli immigrati.

Il ricordo delle vittime del naufragio nel canale di Sicilia nella notte di Natale del 1996, i cui corpi riaffiorati e impigliati nelle reti venivano sistematicamente rigettati in mare dai pescatori di Portopalo, che preferivano rinnegare ogni sentimento di antica pietas per timore che venisse loro interdetta l’attività cui era legato il sostentamento delle rispettive famiglie, si lega alle innumerevoli analoghe vicende rievocate dai superstiti di quei viaggi della speranza che hanno trasformato il Mediterraneo in un’immensa città dei morti. Gli eventi riportati alla luce dal giornalista Giovanni Maria Bellu, inviato di Repubblica, e raccontati in uno straordinario libro-inchiesta – “I fantasmi di Portopalo” (da cui è stata recentemente tratta una miniserie televisiva con Giuseppe Fiorello) – rappresentano un’eblematica sintesi della querelle intorno a cui ruota il dibattito – nell’antica tragedia come nei parlamenti odierni, da cui si riversa sulle pagine dei giornali e sui mass media e i social media.

L’eterno conflitto tra il bene e il male si complica, si fa più sfumato laddove le ragioni politiche si insinuano a difesa di un ipotetico baluardo della civiltà contro l’arrivo degli stranieri, quasi che le migrazioni di popoli non fossero da sempre fenomeni inarrestabili, non necessariamente pericolosi e deleteri, tanto più se sollecitate da eventi drammatici come i conflitti – etnici o religiosi sotto i quali si celano enormi interessi economici e spietati giochi di potere. Se poi le carte si mescolano, si creano artatamente distinzioni tra profughi e migranti “economici” – laddove la povertà non sia riconosciuta come pericolosa emergenza sociale, ma semmai si ipotizzi nella ricchezza e nello status sociale il discrimen per autorizzare o negare il diritto di circolazione liberamente nel mondo – si pongono i presupposti per trasformare di fatto gli immigrati in clandestini, “colpevoli” del paradossale “reato” di non essere riconosciuti come individui alla stregua degli altri cittadini, o più semplicemente come “esseri umani”.

“Supplici e Portopalo” propone una riflessione su argomenti cruciali nella forma trasfigurata e potentemente evocativa del linguaggio teatrale, attraverso una narrazione a due voci che dà risalto ai dialoghi e ai cori, immersa nella suggestiva scenofonia firmata da Roberto Tarasco e con la partecipazione straordinaria, in veste di “testimoni” ma anche “attori” delle storie, di alcuni giovani stranieri – grazie alla collaborazione della Caritas.
Sotto i riflettori due interpreti eccellenti – il regista e drammaturgo Gabriele Vacis, fondatore del Laboratorio Teatro Settimo – una delle realtà più interessanti e feconde della scena italiana del secondo Novecento – nonché compagno di viaggio di Alessandro Barico nel “Tandem” televisivo e l’attore, regista e drammaturgo siciliano Vincenzo Pirrotta, che unisce una lunga frequentazione dei classici all’innesto di forme arcaiche, come il cunto, nel suo lavoro di ricerca e sperimentazione di nuovi linguaggi adatti a una sensibilità contemporanea.

Il XXXV Festival La Notte dei Poeti proseguirà con tre appuntamenti nell’Ex Municipio di Pula: lunedì 24 luglio alle 21.30 in prima nazionale l’inedito “Recitar Mangiando” di e con Maria Teresa Ruta, Guenda Goria e Silvia Siravo, tra gusto e letteratura, mentre martedì 25 luglio spazio a “Uno è Trino” di LucidoSottile con Felice Montervino e musiche di Francesco Medda “Arrogalla” per la regia di Tiziana Troja e Michela Sale Musio. E mercoledì 26 luglio sempre alle 21.30 il nouveau cirque di Madame Brûlée in “C’est la Vie!” di e con Virginia Viviano – con il laboratorio per bambini e ragazzi “Costruisci la tua bici”.

Per chiudere in bellezza il la XXXV edizione de La Notte dei Poeti, ancora un duplice appuntamento al Teatro Romano di Nora: l’ideale sipario si chiuderà venerdì 28 luglio alle 20 nell’antico teatro di pietra su “MedeAssolo” con Valentina Banci – dalla tragedia di Seneca, con traduzione e drammaturgia di Paolo Magelli, per riscoprire inquietudini e passioni di un’eroina in nero.
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Prevendite: BoxOffice di Cagliari (tel. 070.657428) – l’InfoPoint del Teatro Massimo di Cagliari – ex Municipio di Pula (dalle 18 alle 21) e Teatro Romano di Nora – online sul sito: www.vivaticket.it

Per informazioni: e-mail: biglietteria@cedacsardegna.it – cell. 345.4894565 – 345.9515704
www.lanottedeipoeti.it – www.cedacsardegna.it – www.comune.pula.it

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SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Supplici a Portopalo
dalla tragedia di Eschilo alle parole dei rifugiati

con Vincenzo Pirrotta – Gabriele Vacis

ideazione e drammaturgia Monica Centanni
scenofonia e allestimento Roberto Tarasco
collaborazione alla drammaturgia Anna Banfi
riprese video Michele Fornasero

regia Gabriele Vacis

Sulla costa siciliana, divenuta frontiera delle rotte della disperazione del Mediterraneo, un coinvolgente racconto teatrale, basato sul dramma Le Supplici di Eschilo, che mette in scena la difficile decisione della città di fronte alla richiesta di asilo di chi fugge dalla guerra, dalla fame, dalla carestia. La spietata logica del respingimento di chi si presenta supplice, alle porte della città, a chiedere aiuto è deprecabile e inaccettabile per le leggi non scritte del codice etico della gente di mare, ma anche per la sensibilità di una comunità civile. Ma non basta la carità, non basta la pietà: solo la dimensione politica insegna già Eschilo 2500 anni fa può affrontare e risolvere positivamente, nel segno del bene comune, la difficoltà di migranti e cittadini.

Eschilo compone le Supplici intorno al 460 a.C.: il racconto inizia con uno sbarco, lo sbarco di un gruppo di migranti in fuga dal proprio paese, l’Egitto, giunti a chiedere asilo in Grecia al re della città, e si conclude con la decisione dell’intera città greca di accogliere gli esuli come astóxenoi ‘stranieri e insieme nuovi cittadini’, in nome dei diritti sacri dell’ospitalità.

Portopalo è una città di frontiera sulla punta estrema della Sicilia, un piccolo paese che vive quotidianamente la realtà degli sbarchi e il problema dell’accoglienza, in cui una piccola comunità di pescatori e di contadini è costretta a misurarsi con una legislazione ambigua, a fare i conti con norme restrittive e violente che non fanno parte del codice tradizionale delle genti di mare. Portopalo è lo scenario su cui le parole antiche di Eschilo e i racconti dei migranti del nostro tempo acquistano una nuova vitalità.

Qual è il ruolo del teatro oggi? Può una tragedia di Eschilo, un’opera di 2500 anni fa raccontare il nostro presente? Quante Portopalo ci sono in Europa? E quanto a lungo può continuare questo racconto?
il testo di Eschilo si intreccia e si confonde con le tragiche testimonianze dei migranti che esuli dai loro paesi, in fuga dalla guerra, dalla fame e dalla carestia, dopo viaggi estenuanti per terra e per mare giungono sulle coste del nostro Mediterraneo, a chiedere asilo, a cercare una nuova patria. Così il racconto teatrale si fa orazione civile e riflessione collettiva. Il teatro recupera così la funzione originaria che aveva nell’Atene del V secolo a.C.
Oggi come allora, il teatro ha senso soltanto se ‘ricorda’ il suo originario ruolo politico.

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