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Il vino racconta una storia, quella del territorio in cui prende forma e quella di chi lo degusta.

Bianco, rosso, rosato, fermo o mosso, il vino accompagna la storia dell’uomo fin da quando è stata addomesticata la vite. E proprio per raccontare l’importanza ricoperta nel corso dei millenni, le sensazioni che ci inducono a sceglierlo come accompagnamento dei pasti, che negli ultimi anni si sono sviluppati corsi, manifestazioni, eventi in cantina e degustazioni. Produrre vino e distillati oggi significa, infatti, coniugare la tradizione di una delle più antiche attività umane, la storia del territorio che accoglie le viti e l’innovazione della filiera vitivinicola.

Ecco quindi che diventa fondamentale puntare su una viticoltura che sia parte integrante di un ecosistema, dove ogni componente del complesso produttivo possa apportare il suo prezioso contributo nel rispetto della natura e della tradizione. La sostenibilità ambientale infatti, passa anche per la vocazionalità del territorio, e dunque per la necessità di produrre del buon vino senza ricorrere ad input esterni che possano incidere sulla capacità produttiva delle viti.

Imparare a valutare un vino è un mestiere difficilissimo, che vive in un delicato equilibrio e avviene percorrendo un tracciato sia organolettico che sensoriale, che riesca a valorizzare anche la stretta relazione con il territorio e il disciplinare di produzione. Il disciplinare indica, infatti, quali sono le linee guida a cui si devono attenere i produttori di una determinata zona delimitata, regionale o molto più spesso locale per avere in etichetta la menzione. Terreno, clima, vitigni devono pertanto rientrare in una serie di parametri prestabiliti: i vini devono essere ottenuti da uve prodotte in quantità specifiche, con una resa predeterminata ed elaborate con tecniche enologiche specifiche. Insomma, il disciplinare del vino è la carta di identità di un alimento garantito, certificato e tutelato ed è a tutti gli effetti la norma a cui si deve far riferimento per ottenere un vino DOCG, DOC, o IGT.

Scopriamo dunque quali caratteristiche devono avere i vini per meritare queste indicazioni.

L’uso del nome geografico per indicare il vino risale alle antiche civiltà. Già sulle antiche anfore del vino veniva scritto il nome del luogo di produzione, quello del proprietario e l’annata. Si conoscono, infatti, i genius loci di diversi crus egiziani, armeni, siriani, libanesi, israeliani, greci e romani. Le classificazioni infatti, sono utili per informare il consumatore: una denominazione chiarisce in modo univoco e indiscutibile che il vino in questione ha caratteristiche di origine e organolettiche certificate.

Il vino deve essere prodotto nel pieno rispetto di un insieme di norme, chiamate Disciplinare, che stabilisce in termini chiari quali siano le caratteristiche proprie di ciascuna denominazione: territorio, vitigni e così via. Produrre vini con questa certificazioni offre almeno due importanti garanzie: la certezza della buona qualità e l’origine. Questa certificazione, infatti, viene attribuita a vini le cui caratteristiche dipendono essenzialmente dai vigneti e dalle condizioni naturali dell’ambiente.

Se dovessimo tracciare il percorso della classificazione dei vini in Italia, il nostro viaggio inizierebbe nel 1861: con l’Unificazione, le diverse norme e regole previste per il mondo del vino erano troppo eterogenee, e vennero accantonate. Per molto tempo non ci fu un compendio di leggi riconosciute a livello nazionale. Quasi settant’anni più tardi, nel 1930, il vuoto normativo lasciato dalla mancanza delle precedenti indicazioni fu colmato da una prima classificazione: Vini Tipici (categoria che comprendeva Vini speciali, Vini superiori e Vini fini) e Vini senza nessuna indicazione. Tra il 1963 e il 1992 le denominazioni cambiarono ulteriormente e i vini vennero suddivisi in 4 categorie: Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, Vino a Denominazione di Origine Controllata, Vino a Denominazione di Origine Semplice e Vini senza denominazione.

Nel 1992 entra in vigore una nuova norma che mantiene DOCG e DOC, introduce la denominazione IGT(Indicazioni geografiche Tipiche) e quella di Vino da Tavola.

A partire dal 2009 l’Unione Europea ha ulteriormente rivisto la scala delle denominazioni, introducendo 2 nuove categorie, DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta). Le due restanti fasce sono costituite da Vini Generici con Annata e Vitigno e da Vini Generici (una evoluzione dei Vini da Tavola).

L’Italia ha mantenuto facoltà di utilizzare le precedenti denominazioni (DOCG, DOC e IGT): sia da sole, sia unite alle nuove categorie europee.

Come si ottiene la Certificazione?

La normativa comunitaria e nazionale prevede che per usufruire della Denominazione di Origine Controllata dei vini, i produttori devono fare richiesta alla regione di appartenenza per gli accertamenti chimico-fisici ed organolettici di cui al Regolamento CEE n.823/87, corredata di una relazione tecnica che illustri i fattori naturali ed i fattori umani che caratterizzano quel vino.

Gli esami analitici ed organolettici devono essere effettuati per tutte le partite di vino atte a divenire DOC, DOCG. Ne consegue che il superamento dell’esame chimico-fisico ed organolettico è il presupposto indispensabile e obbligatorio per qualificare con la Denominazione di Origine Controllata o con la Denominazione di Origine Controllata e Garantita le relative partite di vino.

La sigla DOC può essere riconosciuta anche a vini già indicati come IGT da almeno cinque anni. Tali vini devono essere prodotti in zone delimitate, di piccole o medie dimensioni, nonché avere caratteristiche legate all’ambiente naturale e ai fattori umani di produzione. Inoltre, il disciplinare prevede che siano sottoposti a controlli chimico-fisici e organolettici volti a confermarne i requisiti prima della messa in commercio.

Una piccola curiosità, quale è stata la prima DOC Italiana?

Se si fa una ricerca online sulla nascita della prima DOC italiana, ci si imbatte in una moltitudine di forum, blog e siti in cui si discute animatamente sulla primogenitura della denominazione di origine in Italia. Le voci che girano sono alquanto contrastanti, alcuni sostengono che si tratta della Vernaccia di San Gimignano, altri invece indicano il Marsala. La legge 930/63 è stata una grande svolta nel panorama vitivinicolo italiano, a quei tempi contrassegnato da molto frazionamento delle aziende, confusione nella gestione viticola e la diffusione delle frodi, e gettò le basi delle denominazioni di origine, imitando la legislazione francese sulle AOC.

Il primo vino in ordine cronologico ad essere inserito nella Gazzetta Ufficiale sarebbe proprio la Vernaccia di San Gimignano (G.U. n. 110, 6 maggio 1966). E quindi, oltre cinquanta anni fa, esattamente il 6 maggio 1966, la Vernaccia di San Gimignano ottiene il riconoscimento come vino a Denominazione di Origine Controllata (DOC) e sarà il primo vino italiano a essere insignito di questo marchio di qualità. Nel 1993 ha ottenuto anche la DOCG, il massimo riconoscimento della legislazione italiana vigente.

2 thoughts on “Territorio e vino, come nasce una Denominazione

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