Il MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro prende avvio, da venerdì 9 novembre 2018 a domenica 3 marzo 2019, con la nuova programmazione espositiva a cura di Luigi Fassi, alla guida dell’istituzione dallo scorso mese di marzo.
Il calendario include tre diversi progetti espositivi, autonomi ma concepiti come un unicum nella costruzione di un dialogo a più voci che ha al suo centro il Mediterraneo e le questioni urgenti della ricerca artistica contemporanea:
• “Sabir” la prima personale in Italia dell’artista israeliano Dor Guez
• la prima personale italiana “Sogno d’oltremare” di François- Xavier Gbré
• la collettiva “O Youth and Beauty!” degli artisti Anna Bjerger, Louis Fratino, Waldemar Zimbelmann.
Attraverso le differenti rese stilistiche e i diversi linguaggi proposti, le tre mostre testimoniano la necessità degli artisti di dar vita a un’indagine sulla propria identità culturale con uno sguardo al passato e l’altro al futuro e al progresso, in dialogo con lo spettatore europeo.
Tra le opere presentate nelle mostre alcune sono state appositamente commissionate dal Museo. Inoltre, la personale di François-Xavier Gbré nasce da un progetto di residenza d’artista: ne emerge che nel dialogo diretto con gli artisti e le altre istituzioni il Museo MAN si propone sempre più come interlocutore di primo piano per la promozione e lo sviluppo delle arti del nostro tempo.
Le mostre saranno accompagnate da una piccola ma esaustiva pubblicazione, con tre volumetti dedicati e rilegati in una cover cofanetto, che terrà memoria dell’intero trittico espositivo. All’interno dei volumetti saranno pubblicate, inoltre, cinque conversazioni con gli artisti protagonisti dell’esposizione realizzate da autori diversi appositamente per l’occasione.
“Sabir” | Dor Guez
Il MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro presenta da venerdì 9 novembre 2018 a domenica 3 marzo 2019 “Sabir” la prima mostra personale in Italia dell’artista israeliano Dor Guez (Baka 1980), a cura di Luigi Fassi.
Il progetto si inserisce nel programma di mostre a cura di Luigi Fassi, alla guida dell’istituzione da marzo 2018, che segna l’avvio della nuova stagione espositiva del MAN. La programmazione del museo per i mesi invernali prevede altri due progetti espositivi che saranno aperti al pubblico dal 9 novembre 2018 al 3 marzo 2019: la personale “Sogno d’ oltremare” di François- Xavier Gbré e la collettiva “O Youth and Beauty!” degli artisti Anna Bjerger, Louis Fratino, Waldemar Zimbelmann.
Le tre mostre, attraverso le differenti rese stilistiche e i diversi linguaggi, testimoniano la necessità degli artisti di dar vita a un’indagine sulla propria identità culturale con uno sguardo al passato e l’altro al futuro e al progresso, in dialogo con lo spettatore europeo.
Il percorso espositivo immaginato da Dor Guez con “Sabir”, comprende una collezione di documenti d’archivio, due lavori video e una nuova installazione sonora, prodotta e commissionata per l’occasione dal MAN.
L’artista attiva una riflessione di ampio raggio sul senso di appartenenza a una comunità, in rapporto alla grande storia e ai suoi stravolgimenti: cresciuto in Israele in una famiglia in cui s’intrecciano elementi cristiani, arabi, ebraici e palestinesi, Guez appartiene a una minoranza nella minoranza nello stato di Israele, quella della comunità palestinese di fede cristiana. Ed è a partire da qui che l’artista offre il proprio sguardo sul Mediterraneo, proposto nelle sale del museo Man.
La mostra prende il nome dal titolo di uno dei due video presentati, “Sabir”: termine arabo, dalla radice latina della parola sapere. Si riferisce a un linguaggio spurio, condiviso da popoli con lingue diverse, fatto di reinvenzioni per trovare una forma di comunicazione comune. Il video inizia con il primo piano del tramonto che scende sulle spiagge di Jaffa in Israele ed è accompagnato dalla voce di Samira, nonna dell’artista, che dipana il racconto della sua vita. Senza mostrare la protagonista, e alternando l’Arabo all’Ebraico, il monologo si articola dal racconto felice di un’infanzia mediterranea a Jaffa, passando per le violente espulsioni israeliane del ’48, alla dispersione di una famiglia nei Paesi mediorientali e poi in Europa per arrivare all’istituzione della nuova società israeliana.
Il titolo del secondo video in mostra riprende il nome della protagonista “Sa(mira)” (2009), voce narrante dell’opera, che racconta questa volta il conflitto interiore e sociale di una vita con doppia identità in Israele, come cittadina israeliana di origine araba.
Il percorso espositivo immaginato dall’artista continua con una preziosa istallazione sonora ambientale prodotta dal MAN appositamente per la mostra. Qui la voce della nonna dell’artista è frammentata e distorta dal rumore delle onde del mare che si infrangono contro le rocce e la registrazione dell’abbattimento della casa avita di Jaffa a opera delle autorità israeliane.
Conclude il percorso “The Christian Palestinian Archive”(CPA), work in progress che riunisce documenti e fotografie che testimoniano la storia e la vita della comunità cristiano-palestinese dalla prima metà del XX secolo all’esodo forzato successivo alla fondazione dello stato di Israele. Il CPA è stato creato dall’artista nel 2009 ed è costituito da migliaia di immagini raccolte mediante il coinvolgimento diretto di alcune famiglie che hanno vissuto la diaspora cristiano-palestinese. Mediante un processo di riproduzione Guez rivitalizza le fotografie rendendole scanogrammi, immagini analogiche ottenute eseguendo una scansione che le trasforma in nuovi e unici documenti visivi.
Gli “Scanograms” si impongono come una riflessione sul rapporto tra qualità estetiche e culturali dei documenti storici e sul valore civico della testimonianza ai fini della costruzione di una storia condivisa.
Per questa mostra Guez presenta “Scanogram # 1 and Scanogram # 2” (2010), due capitoli dell’archivio che presentano un’ampia quantità di immagini datate 1938-1958, raffiguranti una donna, Samira (nonna dell’artista) e la sua famiglia.
La ricerca artistica che caratterizza le opere di Guez manifesta, attraverso molteplici e differenti modalità e forme di rappresentazione, il rapporto tra l’identità personale, la memoria e la continuità del passato negli eventi del presente con l’obiettivo di ripercorrere la complessità della storia israeliana. Momenti intimi e personali servono a ricostruire una vicenda collettiva restituendo voce e testimonianza agli accadimenti politici e sociali che hanno interessato il popolo palestinese e israeliano.
“Sogno d’oltremare” | Francois- Xavier Gbré
Il MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro presenta dal 9 novembre 2018 al 3 marzo 2019 “Sogno d’oltremare” la prima mostra personale in Italia dell’artista franco-ivoriano François- Xavier Gbré (Lille 1978) a cura di Luigi Fassi. Il progetto si inserisce nel programma di mostre a cura di Luigi Fassi, nuovo direttore dell’istituzione, che segna la riapertura della stagione espositiva del MAN e che comprende anche la personale “Sabir” di Dor Guez e la collettiva “O Youth and Beauty!” degli artisti Anna Bjerger, Louis Fratino, Waldemar Zimbelmann.
Le mostre, attraverso le differenti rese stilistiche e i diversi linguaggi testimoniano la necessità degli artisti di attivare un’indagine sulla propria identità culturale con uno sguardo al passato e l’altro al futuro e al progresso, in dialogo con lo spettatore europeo. Con “Sogno d’oltremare” Fraçois- Xavier Gbré, per la prima volta in Italia, presenta una selezione fotografica a soggetto africano, che documenta un’esplorazione delle città capitali dell’Africa occidentale, Abidjan e Bamako, Porto Novo e Dakar insieme a nuova serie di immagini realizzate durate il suo soggiorno in Sardegna e commissionate dal MAN.
La residenza di Gbré in Sardegna, svoltasi con il supporto della Film Commission Sardegna tra luglio e settembre 2018, percorrendo la maggior parte delle regioni storiche dell’isola, si traduce all’interno di questa esposizione in una ricerca fotografica composta in forma di ipotetico dialogo epistolare tra un cittadino ivoriano residente in Sardegna e qualcuno rimasto a casa, o forse, tra chi vive in Africa e scrive a un amico ormai lontano nelle latitudini europee. La solitudine emotiva del dislocamento geografico, lo sfruttamento dei territori, e il rapporto tra ciò che viene classificato come sud e ciò che è definito nord, sono le tematiche che trapelano da questi lavori. La mostra vuole portare alla luce la difficile situazione identitaria nell’Africa occidentale contemporanea, divisa tra le conseguenze della guerra fredda, la migrazione del popolo e l’ascesa di una occupazione economica guidata dalla Cina.
Gbré ha sviluppato un diario di appunti fotografici sui paesaggi del territorio interno dell’isola, seguendo le tracce di edifici dismessi, antichi insediamenti industriali, siti archeologici, infrastrutture abbandonate e scenari naturali circostanti. Oggetto di indagine, infatti, sono le strutture civiche e l’architettura pubblica (piscine, stadi sportivi) e luoghi storici come monumenti e elementi decorativi (murales) osservati come simboli futuristici del progresso e allo stesso tempo luoghi di esclusione e selezione sociale. Il viaggio dell’artista in Sardegna si trasforma in un percorso culturale e sociale seguendo le tracce stratificate di insediamenti e memorie, identità d’oltremare di epoca coloniale, vittorie e sconfitte.
In mostra è presente anche un’antica carta geografica settecentesca che rivela l’immagine di “un’altra Sardegna” dove i consueti codici cartografici sono irriconoscibili. Se nelle immagini di Gbré l’Africa non si distingue più dall’Europa e il Mali dalla Sardegna è perchè il mondo del Mediterraneo insulare, immerso in una falda di storia lenta come ha scritto lo storico Fernand Braudel, omette le prospettive e sommerge il presente con l’enigma della propria storia, tra incroci e ibridazioni, lingue e paesaggi, lutti e rinascite. Osservata dall’Africa, la Sardegna che Gbré racconta è così un universo sfuggente e inafferrabile, in cui altre culture, altri popoli e altri mondi hanno precedentemente coabitato.
La ricerca di François-Xavier Gbré è un’investigazione fotografica della modernità africana, un’ininterrotta osservazione di luoghi rurali e scenari urbani che contribuisce a ripensare la storia recente del continente attraverso uno strumento di confessione intimo e privato.
“O Youth and Beauty!” | Anna Bjerger, Louis Fratino, Waldemar Zimbelmann
Il MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro presenta da venerdì 9 novembre 2018 a domenica 3 marzo 2019 “O Youth and Beauty!”, collettiva che riunisce le opere di Anna Bjerger, Louis Fratino, Waldemar Zimbelmann, a cura di Luigi Fassi.
“O Youth and Beauty!” prende titolo dall’omonimo racconto di John Cheever, in cui lo scrittore americano crea una rappresentazione della quotidianità sospesa tra bellezza e rimpianto, e dove l’ambientazione tra i sobborghi e le aree suburbane delinea l’immagine del conformismo americano post bellico. Allo stesso modo le opere di Anna Bjerger (Svezia 1973), Louis Fratino (Stati Uniti 1994) e Waldemar Zimbelmann (Kazakistan 1984), accomunate da un uso intimistico della pittura figurative, tentano di delineare un ritratto dell’identità culturale di questi autori attraverso una stratificazione di elementi realistici e finzione. Frammenti di quotidianità, mediante l’utilizzo della pittura figurativa, divengono lo strumento per dare forma al proprio vissuto in cui dominano le tonalità della malinconia e di un’identità culturale che appare incerta e sfuggente.
I dipinti di Anna Bjerger si rifanno reciprocamente a fotografie che ritraggono personaggi anonimi per tracciare figure indefinibili in scenari non determinati. I soggetti, colti un attimo prima di rivelare la propria identità, vengono rappresentati tra ambienti domestici e paesaggi naturali; l’artista non fornisce ulteriori indizi narrativi e la contrazione delle scene rimane irrisolta, tra tagli di prospettive, dettagli in primo piano e sfocature lontane.
Louis Fratino autore di un raffinato corpus di opere ispirate alla storia dell’arte classica e moderna, attraverso il medium del disegno e dell’olio su tela, compone un inno alla quotidianità. Giovani uomini rappresentati in tranquille scene di vita, ma anche amanti avvolti nella passione sono i protagonisti delle raffigurazioni, dove il registro meditativo si alterna a quello melanconico, passando dalla solitudine all’euforia della socialità. Le sue opere si mostrano come un omaggio agli amici, al desiderio e al rimpianto di momenti fugaci della vita metropolitana. Soggetti animati come animali, bambini, figure femminili sovrapposti a paesaggi naturali e interni domestici caratterizzano le illustrazioni di ispirazione anni Sessanta e Settanta di Waldemar Zimbelmann.
I personaggi raffiguranti rivelano le influenze culturali che caratterizzano la vita dell’artista, nato in una regione rurale del Kazakistan da una famiglia della minoranza tedesca e successivamente riemigrata in Germania negli anni della sua infanzia. Zimbelmann fornisce alle sue opere un duplice approccio: letterario, poichè sembrano ispirate a un’iconografia non lontana dalla dimensione del mito e della fiaba; materico, attraverso l’utilizzo e l’introduzione di materiali riciclati che interagiscono, tramite un sentimento di percezione tattile della materia, con lo spettatore.
La mostra individua nel confronto tra tre diverse espressioni pittoriche figurative un’ipotesi di racconto, trasfigurando gesti e situazioni in una soffusa, inquieta malinconia.