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S’intitola “SARDEGNA 2019 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” il progetto firmato Teatro del Segno e realizzato con il patrocinio e il sostegno dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna: da martedì 15 fino a venerdì 18 gennaio al TsE di Is Mirrionis a Cagliari sarà in scena in scena “GAP / Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” – lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Stefano Ledda, ispirato alla storia (vera) di un giocatore di videopoker.

La pièce teatrale è il fulcro del progetto di sensibilizzazione e informazione sulle nuove dipendenze “non da sostanze” che la compagnia cagliaritana porta avanti da diversi anni nella scuole e nei teatro dell’Isola e della Penisola – in cui una vicenda emblematica rappresentata sul palco offre lo spunto per una riflessione sulle insidie celate oltre l’apparenza di un innocuo “passatempo” che rischia di trasformarsi in una sorta di “droga” per la mente.

Se “rovinarsi è un gioco” – come ricorda il sottotitolo dello spettacolo, che dà il nome al progetto di respiro regionale – l’antidoto è rappresentato dalla consapevolezza delle insidie celate dietro il piacevole brivido dell’azzardo, cui è possibile assuefarsi finendo con il diventare prigionieri di un’ossessione, al punto da desiderare di perdere per “doversi rifare” e recuperare le perdite e quindi giocare, e giocare ancora. La visione dello spettacolo sarà seguita da un incontro-dibattito sulle conseguenze e gli effetti – e le ricadute economiche e sociali – del gioco d’azzardo patologico con l’autore e regista e con psicologi ed esperti del SerD – in cui è possibile approfondire i vari aspetti e porre quesiti confrontandosi con un fenomeno “invisibile” (come invisibili spesso ci appaiono i clienti “stregati” dalle slot machines) – ma in costante crescita.

GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” sarà in cartellone al TsE di via Quintino Sella a Cagliari da martedì 15 fino a venerdì 18 gennaio tutti i giorni alle 9.30 e alle 11.30 (matinées per le scuole) e venerdì 18 gennaio alle 20.30 con una una replica straordinaria – fuori abbonamento – incastonata fra gli appuntamenti della stagione 2018-19 di “Teatro Senza Quartiere”. NOTA – Per tutti i dirigenti scolastici e docenti interessati: il Teatro del Segno comunica che è ancora possibile prenotarsi per aderire al progetto “SARDEGNA 2019 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” – per singole classi o sezioni, o anche gruppi di studenti – nelle diverse fasce orarie in base agli impegni e all’attività didattica.

SARDEGNA 2019 – ROVINARSI E’ UN GIOCO”  progetto di respiro regionale nato con l’obiettivo di riscoprire la “cultura del gioco” al di là e al fuori della pericolosa spirale dell’“azzardo” riparte – non per caso – da Is Mirrionis: «un quartiere che ci sta particolarmente a cuore» – come sottolinea il direttore artistico Stefano Ledda – «un quartiere “difficile” e complesso come lo è la realtà metropolitana, e l’epoca in cui viviamo, e che potrebbe diventare un interessante laboratorio di crescita culturale e sociale per la città».

La storia di un giocatore rivive sul palco del TsE di via Quintino Sella –fulcro di“TEATRO SENZA QUARTIERE / per un quartiere senza teatro”,il progetto pluriennale di “teatro sociale” promosso dal Teatro del Segno che punta sulle arti sceniche per restituire identità e centralità al rione sorto dopo il secondo dopoguerra, attraverso eventi e spettacoli, laboratori e incontri in cui riflettere e confrontarsi sui temi fondamentali e sulle questioni d’attualità tra etica ed estetica.

SARDEGNA 2019 – ROVINARSI E’ UN GIOCO” – in questa prima tranche di metà gennaio – guarda in particolare alle giovani generazioni: «La scuola è il punto strategico da cui vogliamo partire, il luogo in cui affrontare e risolvere i conflitti e le questioni fondamentali per la formazione dei cittadini di domani»ricorda Stefano Ledda. «Conoscere i rischi celati dietro un “innocuo passatempo”, che per alcuni potrebbe trasformarsi in dipendenza, è importante: è indispensabile sapere per poter scegliere … e orientarsi nel mondo.»

Il progetto “Rovinarsi è un Gioco” del Teatro del Segno ha ottenuto il patrocinio della Presidenza della Camera dei Deputati, della Presidenza del Senato della Repubblica, della Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna, della Consulta Nazionale Anti Usura, dell’A.GIT.A (Associazione nazionale degli ex Giocatori d’Azzardo e delle loro famiglie), di svariati Comuni e ASL della Sardegna, è stato sostenuto dalla Caritas e dalla Camera di Commercio di Cagliari nell’ambito del progetto di sensibilizzazione sull’uso responsabile del denaro, ed è stato ospite del progetto “IO NON MI AZZARDO 2014-2015” al Teatro Fraschini di Pavia, e del progetto triennale “GAME OVER” promosso dalla Caritas – Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela.

Sull’onda dell’interesse suscitato dallo spettacolo “GAP / Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” e dell’attenzione da parte di istituzioni e associazioni per il progetto “Sardegna –Rovinarsi è un Gioco” – davanti alla crescente diffusione della dipendenza da gioco d’azzardo presso i giovanissimi è nato “Noi non ci azzardiamo/ impariamo a distinguere il gioco dall’azzardo” – un laboratorio teatrale rivolto agli studenti delle scuole secondarie inferiori e superiori, finalizzato alla messa in scena di un’opera originale creata e interpretata dagli allievi – inserito tra i Laboratori Didattici Extracurriculari del Bando Iscol@ indetto dalla RAS per gli anni scolastici 2018-2019 e 2019-2020. La visione dello spettacolo “GAP / Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” si affianca allo studio delle tecniche espressive, e offre lo spunto per di riflessione sui rischi dell’azzardo a livello individuale e sociale.

Il progetto “SARDEGNA 2019 – ROVINARSI E’ UN GIOCO ” accende i riflettori su un dramma privato – la storia di un uomo prigioniero del demone del gioco, che distrugge se stesso e la propria famiglia, sacrificando affetti e ambizioni, serenità e felicità fino a un tardivo tentativo di riscatto – per raccontare con tutta la forza espressiva e comunicativa del teatro quali insidie si celino dietro slogan accattivanti come “Ti piace vincere facile?”. In realtà la visione ludica dell’Italia – patria del Lotto e delle varie lotterie e perfino della roulette utilizzata da legionari romani – come di un moderno “paese dei Balocchi” stride atrocemente con la generale crisi economica: la diminuzione del potere d’acquisto di redditi e pensioni, la disoccupazione e/o inoccupazione, hanno come paradossale effetto di favorire il ricorso all’azzardo nella speranza – spesso illusoria – di facili e cospicui guadagni

Nel gioco avverso delle probabilità – una possibilità su sei milioni di conquistare un dovizioso jackpot o l’eventualità di realizzare una combinazione vincente al videopoker – il miraggio della vincita offusca la consapevolezza della perdita (quasi) certa, e per provare (e riprovare) il sottile brivido nello sfidare la fortuna si consumano decine, centinaia, a volte migliaia di euro. Il confine tra l’innegabile piacere del gioco e la cronaca di una tragedia annunciata, quando il divertimento diventa dipendenza, è invisibile e non si riconosce se non quando è troppo tardi: esiste in alcuni una inclinazione particolare, son le fasce più a rischio per la cui la tentazione si trasforma ben presto in schiavitù, ma anche l’abitudine, il costume e la facilità di accesso del gioco d’azzardo mietono vittime – tra le più insospettabili.

Ipnotizzati da un videopoker – quante volte abbiamo intravisto questi “fantasmi” nell’angolo di un bar o in una sala giochi, senza prestar loro attenzione? – o “stregati” dal Superenalotto o dal Lotto, con tutte le possibili varianti e relative reiterate “estrazioni”, assidui del Gratta e Vinci e frequentatori del Bingo, appassionati di poker online o amanti dello slot machines: i giocatori in Italia – come in Europa – sono una moltitudine, una folla silenziosa di individui che alimenta un gigantesco sistema d’affari. Le cifre: secondo i dati forniti alla Camera dei Deputati, le entrate fiscali per il 2015 superano gli 88 miliardi di euro (di cui lo Stato incassa quasi il 10 %, intorno agli 8,7 miliardi) – in Sardegna si parla di 1 miliardo e 542 milioni. Gli italiani nel solo 2015 hanno speso 25 miliardi e 963 milioni in Newslot e 22 miliardi e 198 milioni in Vlt, 12 miliardi e 502 milioni in giochi di carte e giochi di sorte a quota fissa, 9 miliardi e 63 milioni per le lotterie, 7 miliardi e 77 milioni al Lotto, 5 miliardi e 592 milioni nei giochi “sportivi”, 1 miliardo e 598 milioni al Bingo, 1 miliardo e 67 milioni in scommesse, 1 miliardo e 55 milioni in giochi numerici a totalizzatore e ancora 727 milioni in giochi di abilità a distanza a torneo, il gioco a base ippica con 636 milioni, il betting exchange con 541 milioni.

Fulcro del progetto è lo spettacolo “GAP /Gioco d’Azzardo Patologico” – scritto, diretto e interpretato da Stefano Ledda e ispirato a un fatto di cronaca, la testimonianza su una “vita esplosa” che ha aperto uno squarcio su una realtà ancora sommersa (era il “lontano” 2005): l’idea di mettere in scena una versione contemporanea della vicenda de “Il Giocatore” di Dostoevskij si è concretizzata attraverso una “ricerca sul campo” – documentazione, incontri e interviste – e una prima stesura del testo, poi sottoposta a “verifica” attraverso il parere di esperti come il dottor Rolando De Luca. La pièce fonde e sintetizza in un’unica trama dettagli tratti da testimonianze, studi scientifici e reportages giornalistici – «non c’è una parola che non sia autentica», sottolinea l’autore: una storia emblematica e amara, unica e singolare ma simile a infinite altre in cui il gesto di inserire una moneta in un videopoker ha segnato l’inizio di una caduta, di un perdersi in una spirale da cui è molto difficile tornare indietro.

Sul filo dei ricordi – in un flusso di coscienza – il protagonista ripercorre l’intera vicenda, con brevi flashback che si traducono in azione scenica, inframmezzati dall’arida sequenza dei numeri (le cifre del gioco d’azzardo sia in termini di giro d’affari che di costi e ricadute sociali): una narrazione densa di pathos, per un viaggio agli inferi in cui si manifestano tutti i sintomi della dipendenza, tra cui la negazione della verità in un pietoso tentativo di autoinganno, smascherato alla luce dei fatti. Emanuele – un giovane uomo come tanti, felicemente fidanzato, con un lavoro normale, e una famiglia normale – scopre sulla propria pelle il rischio insito nella fascinazione del gioco d’azzardo: una vincita inattesa, il desiderio e poi il bisogno, sempre più forte di giocare, per vincere, poi per “rifarsi” delle perdite, e poi giocare, e giocare ancora. La posta sale, diventa sempre più alta. Finché in gioco – ma lo scoprirà troppo tardi – c’è la sua stessa vita.

La pièce offre lo spunto per una riflessione comune sul significato del gioco e dell’azzardo, tra sollecitazioni che rimandano facilmente all’esperienza, diretta o indiretta di ognuno: il gioco d’azzardo fa parte del quotidiano, nei tabacchini e negli uffici postali i “Gratta e Vinci” vengono offerti insieme al resto, le réclames – e le “obbligatorie” avvertenze” sui rischi (come le scritte minacciose sui pacchetti di sigarette)- campeggiano ormai dappertutto, trasmettendo l’idea che si possa (o perfino debba) “vincere” il futuro. Invece di costruirlo, con la propria intelligenza e l’impegno, il talento e la fatica – in una società in cui ciascuno dà il meglio di sé per il bene comune.

La sfida è lanciare un segnale – che ciascuno è libero di cogliere – sui pericoli dell’assuefazione da gioco “virtuale”, davanti alle macchinette come allo schermo di un computer e insieme informare sulle reali cause di comportamenti – altrimenti incomprensibili – dettati dalla dipendenza da gioco d’azzardo patologico. Tra gli obiettivi, quello di innescare il circuito virtuoso della comunicazione peer to peer per diffondere il messaggio tra i giovani – i prossimi potenziali clienti del sistema dell’azzardo, specialmente per quel che riguarda le forme del gioco online. L’incontro con gli artisti e gli insegnanti e con gli psicologi, esperti e operatori del SerD – che affrontano ogni giorno gli effetti della patologia ossessivo-compulsiva riassunta nell’acronimo GAP – è l’occasione per approfondire un tema scottante e attuale – ormai una vera emergenza sociale – ma anche per analizzare le strategie di comunicazione, e ridefinire un sistema di valori in cui la figura del “vincente” non si identifica necessariamente con chi indovina una serie di numeri o una combinazione di carte, e trova una più reale corrispondenza con la consapevolezza e l’espressione delle capacità di ognuno – attraverso il rispetto di sé e degli altri – in un armonioso sviluppo della personalità.

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