Di Eleonora Capomastro Orofino
Cent’anni fa,
da una montagna incantata,
nasce Maria, bambina ispirata.
Piangono gli uomini,
che a sognar non son più riusciti;
tra le grinfie della miseria,
nell’umana condizione impigliati.
Strozza il passo, l’ordito,
diventando prigione;
s’aggroviglia la trama,
nella trappola dell’illusione.
Scorda, l’uomo, la sua provenienza
e la sua destinazione;
scorda, l’uomo, l’Infinito,
nella sua disperazione.
Ma tu, antica bambina,
dagli occhi di eterna scintilla,
sei come jana, d’innocente candore,
che nella notte dell’anima scaglia
un filo ardente, d’azzurro stupore.
Con lungimiranza, un nastro celeste,
che scioglie i confini e i nodi del cuore,
ogni paura e sua ingannevole veste.
Curiosa, disegni i sogni
di un Dio mezz’addormentato,
mentre volano gomitoli
e danzano fili di lana colorata:
geometrie di un luogo
che dicon esserti immaginata,
o, forse, di un mondo,
da cui la gente s’è allontanata.
Giochi, tra terra e cielo,
e io con te appresso;
a tener per mano il sole e l’ombra,
a seguire il Senso, a tracciare il Nesso.
<< Sasso… solco… sole…>>
Sottile è la tua voce nel vento,
<< scure…sale…>>
Sorrido e ti vedo ancora giocare.
E a chi vuol giocare
tu tendi gentile la mano:
s’intreccia il Sentire
e supera il tempo,
poiché l’Infinito non è poi lontano.
Brilla la tua luce,
nel magico Mistero del firmamento.
Tu, eterna sognatrice,
ora fili stupore e sorridi tra le stelle
della chioma fatata di Berenice.
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