Lo sport è cultura, ed è anche un modo di vivere e interpretare le varie realtà che si susseguono. Perfino quelle più difficili.
Per avere la conferma basta chiedere ai dirigenti della Umbro, storica marca di abbigliamento sportivo inglese, che è diventata da poco lo sponsor tecnico ufficiale della squadra NoWalls Internazionale, impegnata in un campionato Master Acli di calcio a 11 e famosa per avere giocatori provenienti da qualsiasi parte del mondo. Nata a Milano, questa squadra si è da sempre contraddistinta per la sua attenzione alle politiche sociali e di integrazione degli stranieri che arrivano in Italia per cercare una vita migliore. La NoWalls vanta ben 14 nazionalità diverse di calciatori nella propria rosa, partendo dall’Italia fino ad arrivare all’Etiopia passando persino per l’Iran e il Kosovo. Un’autentica multinazionale del calcio amatoriale che dà l’ennesimo esempio di come il calcio funga da elemento di coesione e connessione tra persone, dentro e fuori dal campo.
Ad avere la grande idea è stata la delegazione italiana della Umbro, storica marca sportiva inglese che ha vestito per decenni anche la nazionale dei Tre Leoni, una delle grandi favorite alla vittoria dell’Europeo 2020 secondo le sempre più popolari quote dei siti di scommesse specializzate sul calcio. Dopo l’Inghilterra, dunque, ecco che la prestigiosa marca britannica vestirà anche una squadra con un’impronta umana e sociale piuttosto marcata. Molti dei calciatori della NoWalls, infatti, provengono da tanti paesi del Mediterraneo e dintorni nei quali la situazione politica non è delle più agevoli. Per loro poter vivere in Italia, e soprattutto giocare a calcio, rappresenta la possibilità di vivere meglio e potersi sfogare con la loro passione. Lo sport trascende sia le frontiere sia le classiche dinamiche della vita di tutti noi, ed è per questo che la creazione di squadre del genere, come la NoWalls o la realtà napoletana dell’Afro-Napoli United, sono un riflesso delle nuove tendenze solidarie stabilite in Italia. In entrambi i casi, dunque, il calcio è stato utilizzato come veicolo di integrazione sociale. Partendo dal basso e dunque dalle passioni più popolari, come appunto è il pallone, si sono creati dei nuclei di persone che coesi e uniti hanno vinto la loro partita anche fuori dal campo. Si tratta, insomma, di due esempi vincenti di come lo sport sia riuscito a fare un exploit al di là degli eventi e dei campionati mainstream come possono essere la Champions League o i campionati nazionali.
Al di là dell’esempio della Umbro, quello di Marc Gasol è forse ancora più importante, dato che si tratta di uno sportivo in attività. Il cestista dei Memphis Grizzlies, a 33 anni, si è prodigato ad aiutare la truppa della Ong Proactiva Open Arms in occasione di un’operazione di salvataggio di una serie di migranti la cui nave stava affondando. Con un tweet molto diretto il cestista catalano ha voluto sensibilizzare il mondo intero facendo inoltre i complimenti a coloro che lavorano continuamente nel sociale.
Lo sport, insomma, anche in tempi politici e sociali complicati, trascende dalla mera funzione di spettacolo e intrattenimento. E a volte si rivela essere una fucina di umanità senza eguali.
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