Bagel: ciambelle che hanno rinunciato ai propri sogni. — John Oliver
10:23 Come ogni mattina sorseggio il mio caffè davanti al telegiornale.
I numeri, tre mila morti a oggi, raccontano di una guerra in corso; i volti invece rivelano di come questa guerra la stiamo perdendo.
Il coronavirus o meglio “coronavairus” nella pronuncia anglosassone del termine, non conosce confini, religione o partito politico. Colpisce tutto e tutti. E noi impotenti guardiamo quello che è a oggi il più miserabile e crudele reality show .
Distratto scorro tra le pagine del mio ricettario, cercando quale incantesimo mi salverà dalla pazzia oggi.
In quel momento scorgo alla televisione il faccione color albicocca del presidente degli Stati Uniti si china davanti al microfono, occhi bassi e parole moderate come non mai. Nel suo sguardo il vuoto. Un vuoto di pensieri e idee. Un vuoto senza via di fuga.
Tiro giù un altro sorso di caffè. È freddo. Sento un conato risalire la gola. Ripongo la tazzina nel lavandino.
La nausea so già non passerà da sola. È uno tra i sintomi più comuni tra gli infetti, ma non mi preoccupa questo perché è tra i sintomi più comuni anche tra chi infetto non lo è.
E’ il sintomo principe di chi affacciato alla finestra non può far altro che guardare la propria normalità svanire in un pugno di polvere .
È giovedì, e dovrei darmi una mossa. La cucina è da pulire e i panni da stendere. Ma che importa? Ogni giorno oramai sembra relegato al destino di una pigra domenica di metà novembre.
Tra una molletta e l’altra ragiono sul da farsi. Nel ricettario non ho trovato una cura. E lì, ripensando al faccione arancione di Donald Trump decido: Bagel!
Questo pane originario dei conventi di clausura del XV secolo in Germania e poi diffuso in tutto il globo dalla “americanizzazione” culturale mondiale, rappresenta la perfetta ironia per noi costretti a effettuare il percorso opposto.
Comincio mescolando in una ciotola i 500 gr di farina per pane richiesti con 10 grammi di sale e 20 di zucchero. Nel mentre in un’altra ciotola preparo gli elementi umidi, 240 ml di acqua tiepida, 5 grammi di lievito di birra, 25 grammi di burro morbido e infine un uovo sbattuto.
Verso la ciotola contenente la farina e gli altri ingredienti secchi sopra gli ingredienti umidi.
I raggi di sole passando attraverso le tapparelle illuminano la scena dando un aspetto mistico alla nube di farina che si solleva.
I suoni di una strada moribonda mi accompagnano mentre mescolo gli ingredienti fino a ottenere una sfera liscia.
Metto a riposare l’impasto coprendolo con un canovaccio.
Annoiato mi affaccio al balcone.
Davanti a casa un signore trascina un cane per strada lamentandosi della sua pigrizia. Sorrido pensando all’ironia del momento, i padroni e i cani finalmente compatiscono la stessa ragione per poter uscire: l’ora d’aria.
Dopo di lui il niente. Il rumore di passi del marciapiede ha ceduto il passo ai freddi ululati del vento.
Durante il mio solito turbinio di pensieri vengo fulminato da un dubbio, subito confermato dopo aver rovistato nella dispensa. Non ho neanche uno degli ingredienti necessari per terminare i bagel: i semi.
Velocemente mi vesto e salgo in macchina. Mi frugo le tasche, sento di non avere qualcosa di importante ma non capisco cosa. I supermercati sono chiusi non ho altra soluzione che recarmi a casa di mia madre, sperando mi possa aiutare.
Le citofono chiedendole aiuto. Prontamente scende al piano terra nell’androne del suo palazzo dove poggia le bustine contenenti i semi. La porta davanti a me è aperta ma so di non poter entrare, non possiamo rischiare un possibile contagio. Lei lo sa. Si gira guardandomi attraverso il vetro scuro alza la mano per salutarmi e poi scompare tra le porte dell’ascensore che si chiudono.
Entro. Prendo i semi. Esco chiudendo la porta dietro di me. Di colpo una voce robotica rompe il silenzio della strada: “E’ fatto obbligo di rimanere in casa. È consentito solamente…” “MERDA LA POLIZIA!” penso tra me e me,.
Improvvisamente ricordo cosa avevo dimenticato: sono senza autocertificazione e documenti. Inizio a correre senza voltarmi sino a quando quella voce distopica svanisce nel silenzio della città.
Salgo in macchina e torno a casa.
Mentre guido penso all’assurdità di questo nuovo mondo in cui ci troviamo catapultati. Mi domando se tutto tornerà come prima.
17:30 Fortunatamente sono casa prima che termini l’ora di lievitazione necessaria, sollevo il telo per contemplare la mia modesta creazione. E’ cresciuta e come ogni volta mi riempie di gioia.
Terminata la lievitazione divido l’impasto i 10 pezzi da circa 80 grammi l’uno, li arrotolo delicatamente con le mani per formare delle sferette nelle quali in seguito faccio al centro un buco con le dita.
Alla televisione appaiono sempre le stesse facce.
Affrante, deluse, terrorizzate ma soprattutto perse. Tutti hanno la stessa sensazione di impotenza, nessuno sa realmente cosa fare.
Metto a bollire l’acqua. Questo momento separa i bagel da ogni altro tipo di pane. Per prepararli devono essere immersi in acqua bollente a più riprese, così da ottenere la loro inconfondibile consistenza definita dal new york times nel 1960 come: “..delle ciambelle senza zucchero col rigor mortis..” .
L’acqua bolle.
Immergo i Bagel nell’acqua per 3 volte fino a quando non vengono a galla. Rimossi dall’acqua li poggio in una teglia a sfreddare.
Spennello i Bagel nella parte superiore e li spolvero con i semi.
Il sole è calato e la luce bluastra del televisore illumina la cucina.
Una colonna di vicoli militari appare in diretta al telegiornale, il sangue mi si gela nelle vene: trasportano i corpi dei defunti. La voce di una giornalista accompagna quel lugubre traffico “.. forse l’attuazione del modello cinese..”, di colpo queste parole lacerano l’agonia di quella visione trasformandola in rabbia.
“Come si può prendere di esempio lo stato corrotto e fascista che ha causato tutto questo?! Solo nell’insensatezza dell’epoca post ideologica in cui viviamo una frase così può avere ancora un senso.” Penso tra me e me.
Le voci di vari politici ed esperti continuano: “…usiamo i militari per controllare le nostre città…”, “..I telefoni possono essere usati per registrare gli spostamenti degli infetti..” e così da un canale all’altro il coro dei Neo-flagellanti spinge l’opinione pubblica verso una gestione autoritaria che sembra ormai scritta nel nostro destino.
Spengo il televisore.
Metto a riscaldare il forno a 220°.
Una volta a temperatura abbasso a 200° e inforno per circa 15 minuti.
Tra i palazzi risuona “The end of the world” di Julie London.
Quella voce così dolce e struggente mi culla lentamente mentre osservo sgretolarsi la vita che sino a due settimane fa chiamavamo normalità.
Una lacrima scenda dalla mia guancia. Niente sarà più come prima.
I Bagel nel mentre sono pronti. Ma che importanza può avere in tutto ciò?