Jean-Louis Ruf Francia
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Il nostro viaggio musicale nel Mediterraneo approda in Francia. Come hanno reagito i nostri cugini d’oltralpe alle restrizioni sanitarie imposte per arginare i rischi di contagio da Covid-19? “L’epidemia non va in vacanza” twitta il presidente Macron, invitando i suoi connazionali alla prudenza e al rispetto del distanziamento sociale.

Nel Paese i contagi continuano a crescere superando i duemila casi al giorno rispetto ai mille di tre settimane fa, avverte il neopremier Jean Castex che, di fronte al peggioramento dei parametri epidemiologici, ha annunciato la proroga fino al 30 ottobre del divieto di eventi con oltre cinquemila persone, lasciando ai prefetti la possibilità di derogare al divieto previa verifica dello stretto rispetto delle norme sanitarie.

Eppure la musica non si ferma in Francia, ed è un pullulare di eventi estivi che si svolgono tra lo stato di allerta generale e il senso di responsabilità individuale, dal Paris Jazz Festival al Festival de Lacoste, aperto dal nostro Andrea Bocelli. Altre manifestazioni non hanno invece potuto avere luogo, o hanno subito un drastico ridimensionamento della programmazione a causa della pandemia, che si tratti di grandi raduni rock come l’Hellfest Summer Open Air, o di realtà più piccole ma consolidate come il Festival de Carcassonne o Le Cabaret Vert. A Nizza incontriamo Jean-Louis Ruf, musicista etno-jazz virtuoso del mandoloncello e membro dei gruppi Melonious Quartet, Dona Bela, Pau i Treva e, attualmente, anche del Roccassera Quartet, che vede l’italiano Sergio Caputo al violino.

“Non ho più fatto spettacoli da inizio di marzo – racconta il musicista a Mediterranea – visto che a Nizza sono stati annullati alcuni Festival programmati a cui dovevo prendere parte. Solo di recente ho fatto qualche concerto col “Roccassera Quartet” e ho suonato in qualche spettacolo teatrale all’aperto. D’estate è possibile fare musica nei giardini o nei parchi, ma mi preoccupo per quello che succederà in autunno, che è ancora un’incognita”.

Il musicista è autore infatti delle musiche dello spettacolo “Tombés du ciel”, scritto da Thierry Vincent: una comédie jardinière, genere inedito inventato dalla Compagnia “BAL Arts légers” proprio per essere fruito al di fuori dei tradizionali luoghi teatrali, all’aria aperta e con l’accompagnamento dal vivo della musica eseguita dallo stesso Ruf e dalla fisarmonicista Nadine Bentivoglio.

“La pièce – continua Ruf – riprende la mitologia greca e racconta in modo ironico e adatto a un pubblico sia giovane che adulto di dei dell’Olimpo caduti dal cielo che chiedono ospitalità sulla terra. Di solito siamo noi che li preghiamo, ma qui tutto cambia: il loro paradiso è diventato inospitale, mentre la terra è ancora bella. In cambio dell’ospitalità umana, gli dei Iris, Prometeo, Hermes e Era ci conducono attraverso le loro leggende, come quella di Fetonte che, secondo la narrazione di Ovidio nelle “Metamorfosi”, guida il carro del Sole e si infrange sulla terra, provocando incendi devastazione e prosciugamento delle acque. Ovidio aveva previsto quello che succede oggi: l’arroganza dell’uomo che distrugge il pianeta”.

Jean - Louis Ruf

Chiediamo al musicista se la forte riduzione dell’attività lavorativa dovuta alla circolazione del virus abbia penalizzato gli artisti sul piano economico, e scopriamo che il trattamento riservato dal governo francese ai lavoratori dello spettacolo garantisce al comparto tutele maggiori rispetto al nostro Paese.

“In Francia – spiega il musicista – abbiamo l’“Intermittence”, che garantisce sostegno agli artisti, la categoria di lavoratori considerati appunto “intermittenti”, perché lavorano nei periodi di produzione degli spettacoli. Si tratta di una protezione sociale che garantisce gli stessi diritti di un lavoro continuativo. Nei periodi in cui non lavoriamo percepiamo un’indennità di disoccupazione, ma dobbiamo aver lavorato almeno 600 ore negli ultimi 12 mesi. Quando è subentrata la crisi dovuta al Coronavirus – continua – tutti gli operatori dello spettacolo, non solo gli artisti ma anche le maestranze, hanno ricevuto un’indennità, anche se i mesi di pausa forzata hanno fatto perdere agli artisti molte ore di lavoro, così qualcuno ha rischiato di finire nell’RSA, l’indennità minima percepita che ammonta a circa 400 euro”.

Nonostante le tutele, in Francia la riflessione collettiva sui diritti dei lavoratori è incessante, e il settore artistico francese non è stato esente nell’ultimo periodo da rivendicazioni e manifestazioni di protesta contro il governo per chiedere unteriori passi avanti nelle politiche culturali.

“Faccio parte come musicista – racconta Jean-Louis – del sindacato “CGT, Confédération générale du travail”, che si è speso molto durante il lockdown per chiedere nuove tutele al governo per i lavoratori dello spettacolo e che il 6 giugno ha portato a una mobilitazione generale perché la promessa fatta a maggio dal Presidente Macron di prolungare il regime di “assurancechômage”, l’indennizzo contro la disoccupazione, fino all’agosto del 2021, non era stata ratificata in via ufficiale. Inoltre – prosegue – nelle dichiarazioni governative alcune categorie più deboli, come le donne in gravidanza, le madri o i lavoratori in congedo per malattia non venivano menzionate e tutelate a sufficienza”.

Ma in democrazia, ad ogni diritto corrisponde un dovere. Chiedo a Ruf quanto sia diffuso in Francia il lavoro nero dei musicisti che, per non rinunciare a una serata a un concerto, accettano il pagamento in contanti senza alcuna copertura previdenziale, trascurando di versare le imposte per la loro prestazione. “Certamente alcuni giovani musicisti – afferma – si comportano in questo modo anche in Francia, ma il sistema di tutele nel nostro Paese è decisamente più strutturato che da voi. In Francia un artista disoccupato percepisce un’indennità doppia rispetto all’Italia, di circa 1200 euro, anche se può variare a seconda del numero di ore lavore nell’ultimo anno, dei contributi versati e dell’ammontare del cachet”.

Una differenza tale tra i due Paesi confinanti da non consentire oltralpe la domanda “Sei musicista, ma di mestiere che fai?”.

4 thoughts on “Viaggio musicale nel Mediterraneo. Jean-Louis Ruf e la musica come mestiere in Francia

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