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Maschito è un comune molto caratteristico della Basilicata, si trova in provincia di Potenza ed appartiene, come Barile, San Costantino Albanese, Ginestra e San Paolo Albanese, al distretto dei paesi arbëreshë, abitati da una minoranza etnico linguistica culturale proveniente dall’Epiro, dall’Attica e dalla Morea, riconosciuta come comunità degli albanesi d’Italia, stanziatasi in queste terre tra il XV e il XVIII secolo. Maschito, ossia Mashqiti in arbëreshë e Maschìte in dialetto lucano, conta circa 1600 abitanti e l’etimo incerto del suo nome è dovuto probabilmente ad una delle seguenti ragioni: il ratto delle donne venosine da parte dei profughi, in gran parte di sesso maschile, immigrati dall’Epiro nel XV secolo, il termine di origine latina “masculetum“, traducibile come terra di viti maschie in riferimento alla virilità dell’Aglianico ed infine l’omonimia tra questo paesino del Vulture ed un borgo balcanico al quale gli immigrati, in onore della terra natia, sembrerebbero essersi ispirati battezzando così questo luogo.

Questa cittadina è nota per essere stata un castrum romano, poi abbandonato, e risorto molti secoli dopo, verso il 1467 grazie a Ferdinando D’Aragona, inoltre a causa di una sommossa popolare antifascista scoppiata nel settembre del ’43 Maschito, pur per poche settimane, è famosa per essere stata la prima Repubblica libera italiana emersa dalla Resistenza.

Tra le colline di questo comprensorio, ricco di cultura e tradizioni secolari, si trovano i vigneti di Casa Maschito, realtà fondata nel 1999 da un gruppo di giovani imprenditori, amici nella vita, i quali decisero di acquistare dieci ettari terreno e costituire la società vitivinicola così come la conosciamo oggi. La produzione di questa cantina si attesta sulle 60 mila bottiglie l’anno, che vedono in prevalenza l’impiego delle uve Aglianico, ed una buona valorizzazione del Moscato e della Malvasia, comunque autoctone della regione.

La Bottaia è fatta da Aglianico in purezza proveniente da terreni collinari tra i 450 ed i 600 metri sul livello del mare, le cui viti sono impiantate in terreni di origine vulcanica e di matrice tufaceo-argillosa e vengono allevate a Guyot; qui la densità di impianto conta 5000 ceppi per ettaro con una resa tra i 60 ed i 70 quintali e la vendemmia ha luogo a partire dall’ultima settimana di ottobre. Dopo la pigiadiraspatura le uve vanno in macerazione in acciaio inox a temperatura controllata, subendo frequenti rimontaggi, fermentando per una durata complessiva tra i 10 ed i 15 giorni. La malolattica avviene entro i due mesi dalla vendemmia, dopodiché il vino affina per 18 mesi in piccole botti di rovere francese da 228 litri ed infine per 6 mesi in vetro, per un totale di appena 20 mila bottiglie prodotte.

La Bottaia Doc Aglianico del Vulture del 2016 si presenta con un colore rosso rubino compatto ed impenetrabile con una lieve nuance tendente al granato e di grande consistenza, proprio quella che ci si aspetta dai suoi 29 gr/litro di estratto secco. Impatto olfattivo con una grande presenza di ciliegia, tanto in confettura che sotto spirito, ma anche di mora e prugna disidratata, toni soffusi di tabacco, leggera nota piperita e speziato di vaniglia, il tutto veicolato da un piacevole balsamico. Più che di sorso bisognerebbe parlare di morso tondo e delizioso, con una grande presenza di tutte le componenti morbide del corpo del vino riequilibrate da tannini abbastanza sinuosi ed anche da una discreta freschezza.

Vino poderoso che si affetta col coltello e che si abbina alla perfezione con gli strascinati al ragù di cinghiale.

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