Don Ciotti: «Se si fa politica per il cibo e per l’agricoltura si fa finalmente politica per tutti, si tutela il bene comune»
Larissa Bombardi: «La superficie coltivata a soia in Brasile è più grande della Germania, è per il 90% Ogm e viene importata da Cina ed Europa»
Cinque interventi di altrettanti esperti per riflettere su alcuni dei temi più urgenti che riguardano il sistema alimentare: ecco i Food Talk in programma e consultabili a partire da oggi sulla piattaforma web di Terra Madre Salone del Gusto 2020.
Larissa Mies Bombardi, docente presso la facoltà di Filosofia, letteratura e scienze umane dell’Università di San Paolo, parlerà delle conseguenze dell’agricoltura industriale partendo dal caso della coltivazione di soia in Brasile, che sta consumando velocemente ampie aree di foresta amazzonica (disponibile dalle 15). Sempre dalle 15 sarà disponibile l’intervento di Anthony Myint, chef di Mission Chinese Food, attivista e leader nel movimento di sensibilizzazione dell’industria della ristorazione statunitense sui temi della fertilità del suolo e della crisi climatica, che parlerà di come la transizione verso un sistema più buono, pulito e giusto passi anche dalle scelte e dall’attivismo dei cuochi che lavorano nelle cucine.
Con Don Luigi Ciotti, sacerdote, giornalista e attivista sociale, fondatore del Gruppo Abele e dell’associazione Libera, si ragionerà invece di agromafie e dei percorsi criminali del cibo (dalle 18). Sarah Frazee, direttrice per oltre 10 anni del programma sudafricano di Conservation International e oggi in Meat Naturally, affronterà invece la questione dell’impatto di allevamenti e della produzione di carne (dalle 18). Il tema dell’insicurezza idrica, dovuta alla distruzione degli ecosistemi naturali, sarà al centro della riflessione di Marianeli Torres Benavides, coordinatrice nazionale per la difesa dell’ecosistema delle mangrovie in Ecuador (dalle 18).
Soia e veleni, dai campi alla tavola – di Larissa Mies Bombardi
Con la globalizzazione dell’economia, il cibo ha perso il proprio valore legato alle proprietà intrinseche che riguardano la nutrizione umana e si è trasformato in agroenergia e commodity, cioè moneta di scambio nell’economia internazionale. È successo in Paesi come il Brasile, Argentina, Messico, Paraguay, Uruguay, che sono diventati terre destinate alla produzione di alimenti che si trasformeranno in commodities.
Un esempio? Oggi in Brasile una superficie superiore a quella dell’intera Germania è piantata esclusivamente a soia. L’impatto è enorme, perché queste monocolture richiedono grandi quantità di pesticidi, e non è un caso che il Brasile sia il primo consumatore di pesticidi al mondo: i 20% di quelli commercializzati in tutto il mondo è venduto in Brasile.
La coltivazione della soia in Brasile è conseguenza dell’aumento del consumo di carne a livello mondiale e ha un grande impatto sul cosiddetto Arco della deforestazione dell’Amazzonia. Più del 90% di questa soia è transgenica e viene per la maggior parte esportata verso l’Unione europea e la Cina: è una tragedia ambientale ed è anche una tragedia umana, se pensiamo che in Brasile ci sono state, tra il 2007 e il 2014, più di 40 mila persone intossicate da pesticidi per uso agricolo.
Una strategia dalla tavola alla fattoria – di Anthony Myint
Negli ultimi dieci anni gli ambientalisti sono riusciti a ottenere l’impegno di oltre 100 città e Paesi con il passaggio all’energia 100% rinnovabile. È un progresso incredibile e, con questi stessi principi fondati sull’agire collettivo, possiamo cambiare il concetto di coltivazione nel giro dei prossimi dieci anni. Possiamo riuscirci attraverso un nuovo approccio che io chiamo “dalla tavola alla fattoria”: proprio così, invertendo le parole comunemente utilizzate. Dopo decenni di diffusione, i prodotti biologici rappresentano meno del 2% del terreno agricolo mondiale; abbiamo bisogno di un approccio nuovo e complementare, che parta dalla tavola per giungere alla fattoria, per convertire anche quel restante 98%. Dobbiamo sconfiggere l’inerzia che caratterizza questo sistema alimentare estrattivo e cambiare in termini economici il modo in cui i terreni agricoli e i pascoli vengono attualmente gestiti. Farlo è molto semplice e anche redditizio per gli agricoltori, gli allevatori e per le aziende: l’agricoltura rigenerativa può rappresentare una prima soluzione ai problemi legati al clima, potrebbe anche condurci a una riduzione delle temperature globali. Il pascolo e la coltura rigenerativa offrono una grande fonte di guadagno economico e benefici sociali per ogni dollaro investito. Ma per riuscire a realizzare questo cambiamento, dobbiamo prendere delle misure economiche collettive, dobbiamo fare dei cambiamenti concreti e non limitarci solo a semplici scelte.
Naturalmente carne – di Sarah Frazee
Per quale ragione tornare a consumare carne dopo aver vissuto 18 anni da vegetariana? Perché mangiarne il giusto tipo, e nelle giuste quantità, è la scelta più appropriata che si possa fare per preservare gli allevamenti, specialmente in Africa.
Il punto non è essere semplicemente vegetariani o vegani: è importante cibarsi di quelle sostanze nutritive appropriate per l’ecosistema, per quella determinata regione in cui si vive, assicurandosi che i metodi di allevamento promuovano la sostenibilità a lungo termine dell’allevamento stesso e della biodiversità. In che modo? Ad esempio con il metodo del pascolo rigenerativo, che prevede di raggruppare gli animali, farli spostare e farli pascolare sotto la supervisione di un pastore. Ma il pascolo rigenerativo si potrà diffondere solo se la popolazione africana continuerà a consumare carne proveniente da allevamenti che imitano questo sistema naturale, evitando di scegliere invece la carne prodotta industrialmente.
Dobbiamo trovare il modo di rendere sostenibile l’aumento di proteine nelle diete alimentari, favorendo queste tecniche di allevamento e di pascolo rigenerativi.
Secondo l’ultimo rapporto di Agromafie e Caporalato della Flai Cgil, in Italia ci sono circa 450 mila persone che vivono in condizioni di sfruttamento lavorativo solo in agricoltura; di queste 130 mila circa si trovano in condizione schiavistica. I clan criminali interessati sarebbero circa 27, per un fatturato complessivo di circa 25 miliardi di euro, con un balzo del 12,4% nel solo 2019. Ma parlare di agromafie significa ampliare l’orizzonte rispetto al solo caporalato: oggi occorre contrastare anche l’agropirateria, tutelare cioè il patrimonio agroalimentare dalla contraffazione. La criminalità organizzata nel settore agroalimentare è arrivata a controllare e condizionare l’intera filiera agroalimentare. È un percorso criminale che coinvolge attività a loro volta criminali, come la tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento lavorativo. È il caporalato in agricoltura, il riciclaggio di capitali illeciti attraverso il lavoro nero e grigio, il racket, l’usura a danno degli imprenditori in difficoltà, la gestione diretta dei mercati generali allo scopo di condizionare la borsa dei prezzi.
Bisogna quindi richiamare la politica alle sue responsabilità, sollecitare meccanismi di controllo più efficaci sulla qualità di ciò che mangiamo, mettere a punto certificazioni che restituiscono trasparenza a tutto il processo produttivo. Sollecitare la politica ad adeguate politiche alimentari, condivise e interconnesse con l’ambiente, l’agricoltura, la dimensione educativa, la salute, l’economia, la giustizia, lo sviluppo.
Acqua: bene comune – di Maríaneli Torres Benavides
Nessun essere vivente, nessuna società potrebbe prosperare senz’acqua, eppure oggi 2 miliardi e 300 milioni di persone in tutto il mondo si vedono private di questo fondamentale diritto: 3 abitanti su 10 del nostro pianeta non godono di un accesso garantito all’acqua e la natura stessa, anzi, l’acqua stessa rischiano oggi il collasso. Perché l’acqua è sottoposta a una minaccia così seria? Deforestazione, distruzione di ecosistemi fondamentali per il ciclo vitale dell’acqua, scioglimento di parami e ghiacciai, ma non solo. La questione tocca anche il tema della privatizzazione e l’accaparramento dell’acqua, e naturalmente anche della contaminazione imputabile al settore agroindustriale, alle attività di estrazione e ad altri settori come il turismo di massa e lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Per cambiare le cose serve l’impegno di tutti: l’acqua è fonte per la nostra vita, un bene da curare e tutelare ripristinando gli ecosistemi, reintegrando i cicli vitali e restituendo alla natura la sua vitalità.
La più importante manifestazione dedicata al cibo buono, pulito e giusto, è organizzata da Slow Food, Città di Torino e Regione Piemonte con il patrocinio di Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’edizione 2020 di Terra Madre Salone del Gusto è possibile grazie al sostegno delle aziende che credono nel progetto. Tra tutte citiamo i Platinum partner: Pastificio Di Martino, Unicredit, Lavazza, Acqua S.Bernardo, Quality Beer Academy; i Gold partner: Agugiaro&Figna, Astoria, BBBell. Con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Associazione delle fondazioni di origine bancaria del Piemonte. Con il contributo di IFAD, UE. In collaborazione con SANA e Turismo Torino e Provincia.