All’alba del sette Novembre 1987, il primo ministro tunisino Ben Ali ha annunciato il suo colpo di stato contro Bourguiba, invitando sette medici a denunciare che quest’ultimo non è più in grado di governare a causa della sua vecchiaia. Bourguiba fu il patrono e protettore di Ben Ali nella sua carriera militare e politica, fin da quando ha assunto la presidenza dei servizi segreti militari (1964-1974).
All’alba del sette Novembre sulle onde di Radio Tunisi il presentatore ha annunciato l’inizio di una nuova Era. Nei primi mesi del colpo di stato, Ben Ali è apparso come il portatore di un progetto pluralistico, democratico e sociale; è dal 1990 che iniziarono a delinearsi i tratti della tirannia politica del regime 7 Novembre.
La lotta di Ben Ali non era solo una lotta per il potere, ma piuttosto una lotta per il furto di un intero paese, e la sua consegna a una banda di ladri. Durante l’era di Ben Ali, Era di dittatura, corruzione e violazioni dei diritti umani, il popolo tunisino era esposto allo sfruttamento, all’impoverimento, all’emarginazione e all’esclusione.
Il movimento di tendenza islamica “Ennahdha” aveva sostenuto e benedetto il colpo di stato del generale. Tuttavia, la loro posizione a favore di Ben Ali non gli ha permesso di raggiungere il verdetto positivo per poter essere riconosciuti legalmente ed entrare in parlamento. Anzi, il movimento di tendenza islamica, che ha sostenuto il dittatore, ha subito una repressione feroce; la sua richiesta di permesso per esercitare un’attività politica legale, in conformità con la legge sui partiti politici, è stata respinta.
Dopo l’esclusione del movimento Ennahdha, il predominio del partito “Assemblea Costituzionale” è diventato sempre più radicato in tutti i ceti della vita politica. Le forze democratiche non avevano il potere necessario per creare un terzo polo opposto alla polarizzazione bilaterale: Islamisti- Assemblea Costituzionale.
La corruzione ha toccato tutti i campi. Gli aderenti al partito “Assemblea Costituzionale” erano presenti in tutti i dipartimenti, impiantati ovunque. Si tratta di una vera macchina di sorveglianza che include, non solo gli oppositori politicamente attivi o le organizzazioni per i diritti umani o i sindacalisti, ma tutti i cittadini; un sistema che tracciava tutti i movimenti nel quartiere, a scuola, negli istituti, all’università e al bar.
Durante il governo del dittatore Ben Ali il popolo tunisino ha conosciuto tutti i tipi dell’oppressione, dell’esclusione e dell’autoritarismo. Ben Ali era il guardiano di un potere oppressivo basato sulla frode e contro ogni pluralismo e democrazia. Le restrizioni alle libertà fondamentali dei cittadini ha creato un risentimento continuo, montato progressivamente ed esploso infine in modo inatteso.
La disoccupazione, l’emarginazione e le restrizioni alle libertà provocavano gravi effetti sociali e psicologici. La disperazione ha spinto i giovani a immolarsi. Ed è il caso del giovane ambulante Mohamed Bouazizi che dieci anni fa si è dato fuoco davanti all’ufficio del governatore di Sidi Bouzid in segno di protesta contro le vessazioni delle forze di polizia. Bouazizi è morto a seguito delle ferite e la sua auto-immolazione ha dato inizio a un’ondata di proteste. La vicenda di Bouazizi ha scatenato il dissenso popolare in tutta la Tunisia, è stata la scintilla di una rivoluzione contro un regime corrotto. Le contestazioni hanno costretto Ben Ali a lasciare il paese, causando in poco meno di un mese la fine della dittatura benalista. In giro di qualche settimana le proteste si dilatarono in Egitto, Bahrein, Yemen, Libia e Siria.
Lo scoppio della rivoluzione faceva parte di un determinismo storico; un mezzo di liberazione dalla tirannia dei regimi arabi autoritari e tirannici. L’evento ha ripristinato il valore simbolico e materiale della politica e dell’azione politica. Si tratta di un progetto di riforma politica araba.
Dieci anni di fondazione o piuttosto di tentativi per la dignità, la libertà e la giustizia sociale. I frutti della Primavera Araba non sono sbocciati come si aspettava ed è ancora troppo presto per definire i risultati delle rivoluzioni. C’è ancora un lungo percorso da fare.
Sembra che la scena politica in Tunisia sia diventata più complessa rispetto all’era di Ben Ali. La nascita di tanti partiti ha molte giustificazioni, forse le più importanti delle quali sono la privazione politica e la violazione del diritto di riunione, garantito costituzionalmente ma vietato praticamente (durante il governo di Ben Ali). Ciò che sta accadendo oggi in Tunisia a livello dei partiti avrebbe dovuto apparire più di cinquant’anni fa, cioè dall’indipendenza; ma realmente un solo partito ha usurpato il potere e lo spazio pubblico in nome della legittimità nazionale.
Negli ultimi dieci anni la Tunisia ha conosciuto un cambiamento politico radicale grazie alla revisione del codice giuridico. Una nuova Costituzione tunisina è stata approvata il 26 gennaio 2014, tre anni dopo la caduta del regime precedente. La costituzione del 2014 ha rappresentato una svolta importante nella storia della Tunisia, in quanto ha sancito l’approvazione dei diritti e delle libertà. La costituzione del 2014 ha dedicato un’intero capitolo ai diritti e alle libertà. Ed è la prima volta che una costituzione tunisina si occupa esplicitamente di libertà individuali. Ma le costituzioni devono essere accompagnate da un sistema legislativo che traduca i principi in leggi. Oggi, a sei anni dalla rettifica della Costituzione, sembra che la realtà legislativa sia ancora lontana da quanto hanno scritto gli autori della Costituzione del 2014.
Oggi la Tunisia sta vivendo una vera crisi economica. Sembra facile raggiungere un contratto politico sul quale si mettano d’accordo le varie forze in parlamento, ma è difficile concordare un contratto economico.
Prima della rivoluzione, il sogno o la richiesta dei giovani in particolare e di ogni tunisino in generale, era quello di raggiungere un certo grado di prosperità, giustizia sociale e diritto al lavoro. Il sogno era legittimo con la caduta della dittatura e l’arrivo di nuovi governanti. Ma il sogno è svanito dopo un decennio. Oggi la situazione è peggiorata, l’economia si è ulteriormente deteriorata e la disoccupazione è aumentata.
Il fallimento politico, la debolezza del governo e la corruzione hanno portato il paese ad un situazione economica molto difficile. In questa fase la classe politica può essere considerata il più grande dilemma, che ostacola il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione. Quest’ultima, infatti, vive ancora la lotta per l’esistenza, e pensa che si possa esiliare l’uno l’altro a causa del suo atteggiamento religioso o intellettuale. La classe politica e le forze nazionali non sono ancora riuscite a concordare un modello di sviluppo inclusivo.
Il carretto di frutta e verdura di Mohamed Bouazizi rovesciato dalla polizia nel 2011, ha aperto una porta nella storia che non verrà chiusa. Le turbolenze politiche e sociali in Tunisia si ritengono un percorso naturale per una rivoluzione incompiuta. La situazione non è buona ma prima o poi sarà migliorata.