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Ma quant’è buono il pane! Lo abbiamo riscoperto durante i recenti periodi di ritiro forzato, quanto può essere aggregante e conviviale il rituale del farlo in casa con le proprie mani. Quel pane “spesso, lieve e profondo”, “azione d’uomo, miracolo continuo, volontà di vita”, come lo ha cantato Neruda. Se non fosse che l’uomo stesso che ha imparato a forgiarlo, lo ha degradato. E, sebbene il pane non manchi mai nelle tavole italiane, si assiste a un aumento esponenziale delle intolleranze alle farine nella popolazione. Può accadere infatti che il nostro organismo, anche in età adulta, cominci a presentare sintomi come anemia, debolezza muscolare, formicolii, crampi addominali, gonfiore alle caviglie, dolori ossei, alterazioni cutanee, cefalee o malesseri inspiegabili. E, a un’opportuna verifica, sempre più spesso si scopre di essere intolleranti al glutine se non, addirittura, celiaci. Ne parliamo con i referenti medici dell’Associazione Italiana Celiachia che chiariscono molti dubbi e sfatano diversi miti sull’argomento.

Facciamo innanzitutto chiarezza sulla celiachia. Può spiegare in parole semplici che cos’è il glutine e dove si trova?

Il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali, quali frumento, segale, orzo, farro, spelta, grano Khorasan (spesso in commercio come KAMUT®), triticale. La responsabile dell’effetto tossico nel celiaco è la prolamina, una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine.

In Italia i celiaci crescono in maniera significativa. Sono note le cause di un trend in continua crescita?

In Italia la celiachia colpisce l’1% della popolazione. Ad oggi (dati Relazione al Parlamento del Ministero della Salute al 31/12/2019) sono diagnosticati 225.418 celiaci. Circa 400.000 persone sono quindi ancora in attesa di una diagnosi. Questo fenomeno è attribuibile a una maggior consapevolezza e conoscenza della patologia da parte della classe medica e alla disponibilità di test diagnostici sempre più sensibili e specifici, e nel contempo meno invasivi. Si sta portando allo scoperto un numero sempre crescente di pazienti che fino a qualche anno fa sarebbero rimasti non diagnosticati. Si stima che, almeno in Italia, il rapporto tra celiaci diagnosticati e quelli non diagnosticati sia passato negli ultimi anni da 1 su 10 a circa 1 su 4.

Si nasce celiaci per predisposizione genetica o lo si diventa per fattori ambientali?

La malattia celiaca è il risultato dell’interazione tra fattori genetici e ambientali. Mentre il glutine è sicuramente il fattore ambientale scatenante, i determinanti genetici che conferiscono la suscettibilità alla malattia, non sono ancora del tutto noti. Il ruolo della componente genetica è dimostrato dalla ricorrenza familiare della malattia che ha una prevalenza tra i parenti di primo grado di circa 10 volte superiore alla popolazione generale.

Sembra che chi soffre di intolleranza al glutine reagisca meglio al consumo di varietà di grano antiche, con indice di glutine basso ma oggi poco coltivate in quanto meno convenienti per l’industria pastaria. La pratica di rafforzamento chimico del glutine e la selezione artificiale delle cultivar di grano può favorire l’aumento delle intolleranze nella popolazione?

Nessuna varietà di frumento è ammessa in una dieta senza glutine, in quanto non esistono varietà di frumento non tossiche per i celiaci. Anche i grani che mancano del genoma che codifica per alcune sequenze del glutine, risultano tossici per le persone celiache e quindi non possono essere inclusi in una dieta senza glutine. Oggi, viene riferita con una crescente frequenza l’introduzione nella pratica agricola di nuove varietà di frumento, che presenterebbero un contenuto di glutine maggiore rispetto alle varietà antiche, cioè quelle coltivate quando l’uomo sviluppò la pratica dell’agricoltura. Questa affermazione non è, allo stato attuale della conoscenza, suffragata da alcuna evidenza scientifica. In particolare, non vi è nessuna prova epidemiologica che negli ultimi anni sia aumentato il consumo di glutine nella popolazione mondiale generale e pure se questo venisse dimostrato, non vi è nessuna correlazione dimostrata tra consumo di glutine e sviluppo di celiachia.

È corretto dire che nessuno è in grado di digerire il glutine?

Il glutine è sicuramente un complesso proteico che richiede una digestione più laboriosa e lunga di altri alimenti, ma c’è da dire che le persone celiache digeriscono il glutine come quelle sane. La risposta celiaca al glutine non dipende da un’alterata digestione di questa proteina.

I comuni test, disponibili anche in comodi kit fai da te, possono essere fallaci? Esistono degli accertamenti diagnostici considerati sicuri e attendibili?

È fondamentale combattere l’autodiagnosi ed evitare che il paziente abbia già escluso il glutine prima ancora di un consulto medico. Tale comportamento impedisce l’accertamento della celiachia. La celiachia può essere identificata con assoluta sicurezza solo attraverso la ricerca sierologica e la biopsia della mucosa duodenale in corso di duodenoscopia. Più nello specifico, la diagnosi di celiachia si effettua mediante dosaggio sierologico degli anticorpi anti-transglutaminasi (anti-tTG) ed anti-edomisio (EMA) di classe IgA, oltre il dosaggio delle IgA totali. Per la diagnosi definitiva di celiachia è necessaria la biopsia dell’intestino tenue con il prelievo di un frammento di tessuto, per determinare l’atrofia dei villi intestinali attraverso l’esame istologico. Dall’inizio del 2012 le nuove raccomandazioni dell’ESPGHAN (Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica) permettono di porre diagnosi senza la necessità di eseguire la biopsia intestinale in casi selezionati pediatrici in cui siano presenti contemporaneamente tutte le seguenti condizioni: sintomi suggestivi di celiachia, positività per anticorpi antitransglutaminasi di classe IgA ad alto titolo (> 10 volte il valore di normalità del test), positività per anticorpi antiendomisio di classe IgA e presenza dell’HLA –DQ2 e/o –DQ8. Gli accertamenti diagnostici per la celiachia devono necessariamente essere eseguiti a dieta libera (dieta che comprende il glutine).

Quali sono i sintomi che devono indurci a effettuare i test per la celiachia?

La celiachia può colpire a qualsiasi età. Nelle forme che esordiscono tardivamente nel bambino, dopo il secondo o terzo anno di vita, la sintomatologia gastroenterica è per lo più sfumata, e in genere prevalgono altri sintomi, quali deficit dell’accrescimento staturale e/o ponderale, ritardo dello sviluppo puberale, dolori addominali ricorrenti e anemia sideropenica (o anemia da carenza di ferro) che non risponde alla somministrazione del ferro per via orale. Le manifestazioni cliniche nell’adulto sono varie: alcuni soggetti presentano un quadro classico di malassorbimento, ovvero l’insufficiente assorbimento di nutrienti, con diarrea, perdita di peso e carenze nutritive multiple. Altri riferiscono uno o più sintomi cronici spesso estranei all’apparato digerente. Sono disturbi comuni crampi, debolezza muscolare, formicolii, emorragie, gonfiore alle caviglie, dolori ossei, facilità alle fratture, alterazioni cutanee, afte, disturbi psichici. Molto frequente è l’anemia da carenza di ferro. Esistono anche persone che non presentano alcun sintomo evidente o nelle quali i disturbi sono talmente modesti da non richiedere l’intervento del medico. Altri vengono diagnosticati perché parenti di primo grado di una persona già affetta da celiachia. Non raramente alla celiachia sono associate malattie quali diabete, artrite reumatoide, epatite cronica attiva, alterazioni della tiroide e dermatite erpetiforme.

Vi sono particolari stati di salute o fattori ritenuti di rischio che possono favorire l’insorgenza della celiachia?

La celiachia ha una predisposizione genetica, tuttavia solo il 3% di coloro che hanno tale predisposizione sviluppa la celiachia e non tutte nello stesso periodo di vita. Alcuni fattori ambientali possano favorire l’insorgenza della celiachia, ma non conosciamo ancora quali.

Quali possono essere i rischi per la salute di persone affette da una celiachia non diagnosticata clinicamente?

La diagnosi di celiachia deve avvenire tempestivamente: ancora oggi sono necessari in media circa 6 anni per arrivare a una diagnosi di celiachia, un tempo troppo lungo durante il quale il celiaco non diagnosticato continua a esporsi ai danni indotti dal glutine, rischiando di andare incontro alla complicanze della celiachia, tra cui il linfoma intestinale. Nei bambini la diagnosi precoce tutela il processo di crescita e lo sviluppo, consentendo di gestire nel migliore dei modi i sintomi. Se la celiachia non viene diagnosticata, i piccoli possono incorrere in severe complicanze, tra cui perdita di peso, problemi nella crescita, ritardo della pubertà, stanchezza cronica e osteoporosi.

C’è differenza tra intolleranza al glutine e celiachia?

L’espressione “intolleranza al glutine” può essere utilizzata per definire la celiachia (o Malattia Celiaca). L’Allergia al Frumento (grano) è invece una condizione patologica completamente diversa dalla celiachia, coinvolge meccanismi immunitari diversi, è scatenata da un complesso di molecole del grano diverse dal glutine, e comporta tempi di risposta e reazioni ben diverse da quelle della celiachia, inclusi l’eruzione cutanea e il temibile shock anafilattico. Inoltre mentre nella celiachia l’unica via di esposizione al glutine in grado di attivare la malattia è quella intestinale, le vie di innesco dell’allergia al frumento (grano) sono diverse e includono anche il sistema respiratorio, la cute e le mucose. Diversa è anche la sensibilità al glutine non celiaca. La comunità scientifica nazionale e internazionale è impegnata a studiare se si tratti di una vera e propria patologia e quali meccanismi la inducano. Per il momento la gluten sensitivity va considerata ancora come un ambito di ricerca. A differenza della celiachia, la sensibilità al glutine non provoca lesioni alla mucosa intestinale e non esistono marcatori nel sangue per identificare questa condizione, né genetici, né sierologici. Il paziente, tuttavia, riferisce ugualmente la comparsa di sintomi all’ingestione del glutine (o dei cereali che lo contengono) e la loro scomparsa alla loro esclusione. La diagnosi in questo caso è esclusivamente clinica in quanto non esistono test diagnostici sicuri ed è necessario affidarsi a quanto riferisce il paziente. In presenza di una sospetta sensibilità al glutine è assolutamente necessario che il paziente consulti un medico specialista prima di apportare qualsiasi modifica alla sua dieta.

Che ruolo ha il microbioma nella malattia celiaca e nell’intolleranza al glutine?

Al momento, non esistono evidenze scientifiche definitive sul ruolo del microbiota intestinale nello sviluppo della celiachia. Alcuni ceppi batterici sono più frequentemente rintracciabili nell’intestino delle persone celiache.

La dieta aglutinata è l’unica terapia possibile contro la celiachia?

Sì, la dieta aglutinata è l’unica terapia disponibile. Le persone celiache devono modificare la loro dieta per tutta la vita, escludendo rigorosamente tutti gli alimenti che contengono glutine ed evitando ogni trasgressione. Inoltre è necessario ridurre il più possibile le contaminazioni, i rischi di “assunzione nascosta” di glutine a causa di comportamenti errati. A incidere sulla vita delle persone, oltre alla modifica permanente del regime alimentare, è la relazione con gli altri in contesti che prevedono pasti fuori casa: dalla scuola al lavoro, dal viaggio ai momenti di svago con gli amici. Dal 2005 la celiachia è riconosciuta “malattia sociale”.

Il mercato “Gluten Free” è in continua espansione, ed è in crescita la popolazione che acquista prodotti “Free From” benché non ve ne siano ragioni mediche. Alternativa più salutare o lifestyle alla moda?

Oggi molte persone scelgono di eliminare il glutine dalla propria dieta per seguire la moda del momento, un’idea talvolta rafforzata dai sempre più numerosi personaggi celebri, non celiaci, che seguono la dieta gluten free e lo dichiarano pubblicamente. Ricordiamo che la dieta senza glutine è l’unica terapia ad oggi nota, vero e proprio “salvavita” per curare la celiachia. Con questa finalità, il Servizio Sanitario Nazionale eroga ai pazienti celiaci i prodotti dietetici senza glutine. I pazienti, in quanto tali, sono affetti da una vera e propria patologia e devono nutrirsi senza glutine per tutta la vita, in ogni circostanza. Nel corso del tempo, i pazienti hanno faticosamente conquistato importanti diritti, tutele fondamentali che rischiano di essere messe in discussione dal diffondersi della moda del senza glutine tra la popolazione non celiaca, che svilisce e banalizza questa patologia, le difficoltà e i rischi di chi ne soffre.

La dieta priva di glutine è benefica o dannosa per chi non è celiaco?

Chi non soffre di celiachia NON ha vantaggi o benefici dall’esclusione del glutine. Anzi, adottare autonomamente la dieta senza glutine potrebbe rendere impossibile la diagnosi corretta di celiachia, qualora il paziente non sapesse ancora di esserne affetto, esponendosi così, in futuro, alle complicanze, anche gravi.

E’ opinione comune che adottare una dieta Gluten Free sia un escamotage per perdere peso. Mangiare cibi privi di glutine è dimagrante?

La dieta senza glutine non ha alcuno specifico effetto sulla diminuzione del peso, non è utile per dimagrire, come molti credono. Come per gli altri alimenti, gli effetti sul peso dipendono da quantità e qualità nutrizionale degli specifici alimenti abitualmente consumati, nell’ambito dello stile di vita condotto. È importante controllare sempre le etichette e prestare attenzione nella scelta e nel consumo degli alimenti, senza escludere necessariamente alcuni prodotti, ma consumandone i giusti quantitativi, seguendo una dieta varia e bilanciata e praticando, secondo la propria età e condizione, un’idonea attività fisica.

I social media svolgono un ruolo molto importante nella divulgazione della tendenza del Gluten Free associato nella percezione comune al mangiar sano e a uno stile di vita più salutare, con profitto delle aziende produttrici. Quanto conta oggi il marketing nelle abitudini alimentari?

La moda del senza glutine come dieta buona per tutti è nata con la diffusione di alcune fake news, come quella che il glutine sia dannoso per la popolazione sana, che la popolazione mondiale sia più esposta a questo complesso proteico rispetto al passato, che la dieta senza glutine contribuisca a perdere peso o a diventare campioni sportivi. È difficile tracciare l’origine di queste fake news. Quello di cui siamo certi è il danno che tali mode, per quanto transitorie, facciano alla corretta e precoce diagnosi di celiachia nei pazienti, così come alla reale valutazione della celiachia come malattia sistemica severa e della dieta senza glutine rigorosa e per tutta la vita come unica terapia oggi nota per la malattia. Chi conosce il mercato è ben consapevole che i cosiddetti “gluten avoiders” non sono consumatori fedeli e fidelizzabili come i celiaci e che quindi rappresentano un interesse commerciale ondivago. L’Associazione ha, tra i suoi compiti, la tutela dei pazienti, anche dai messaggi pubblicitari ingannevoli e fuorvianti, che segnaliamo, quando è il caso, agli organi di controllo della comunicazione.

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