E niente. Il titolo non è esattamente un programma perché magari ricorda certi film poliziotteschi che andavano per la maggiore negli anni ’70. In effetti la prima cosa che mi è venuta da pensare quando sono entrato nel laboratorio di Gerardo di Dato ad Angri, più che pensare alle sparatorie, mi sono detto: il mondo visto al contrario è decisamente più dolce. E per forza! Tutti quei bei panettoni artigianali girati sottosopra, il profumo proveniente dal forno con gli altri fratellini quasi pronti a raggiungerli, il sorriso del mastro pasticcere che ti accoglie allegro assieme ai figlioli malgrado le ore di lavoro incessanti, tra impasti e controllo delle temperature, è qualcosa che nell’insieme non può che mettere di buon umore.
È in questa atmosfera che ho ricevuto la mia prima anticipazione del Natale che verrà, ed ho subito sentito dentro di me che sarà certamente una chiusura di anno migliore del precedente, volesse il Cielo!
Ebbene sì, un artigiano che ti fa entrare nel suo laboratorio mentre è impegnato in piena fase di lavorazione, che ti racconta del suo percorso trentennale nella pasticceria, mantenendo l’ottimismo e la fiducia nel futuro malgrado le batoste e ti offre pure una fetta di panettone milanese fatto in giornata, deve per forza di cosa metterti in pace col mondo, o no?
Il fatto è che il titolo poco azzeccato, lo ammetto, l’ho pensato quando ho finalmente addentato il soffice lievitato e mi sono detto: quando Gerardo Di Dato fa il panettone milanese il Duomo meneghino trema. Non ci stanno Santi e la Campania, e lo dico fuori da ogni forma di provincialismo, ormai sta in cima al podio dei panettoni artigianali e ne ha per tutti i gusti. È un fatto oggettivo, chiedete in giro.
Però non è che mi sia limitato a trangugiarlo così: il lavoro ben fatto merita attenzione e senso critico.
La parte esterna del panettone era giustamente brunita, né troppo chiara né troppo scura o con segni di bruciatura, risultando ben aderente alla mollica, insomma una crosta bruna ben salda alla pasta interna, la quale risultava ampiamente ed uniformemente alveolata. Ci tengo qui a dire che quando un panettone è davvero artigianale e l’alveolatura è evidente, l’assenza di conservanti e l’aria che comincia a circolare al suo interno tende ad asciugarlo e renderlo raffermo prima dei panettoni industriali. Quindi niente paura e mal che vada “azzuppatelo” nel latte. Anche i canditi e l’uvetta risultano ben distribuiti per intanto che al naso la fragranza del profumo arriva nitida e franca negli aromi tipici del Milanese. Morbidezza, vaporosità e leggerezza sono le qualità tattili che meglio fanno apprezzare l’impegno e la strategia di lievitazione: la fetta dopo la pressione esercitata tornava su una bellezza e pure a snapparla l’elasticità ci stava tutta. Poi al palato il bilanciamento tra i gusti era in perfetto equilibrio, elegante nella calibratura degli ingredienti, senza eccesso di zuccheri o di spezie. Insomma un panettone milanese che concettualmente ti fa stare bello in buona sostanza e non ha per effetto collaterale il pentimento qualora, nella distrazione, lo si dovesse mangiare per intero. Potrei averne un’altra fetta maestro?