La sua immagine impressa nel bronzo vive per sempre sul monte di Nuoro. La statua di Grazia Deledda sussurra atmosfere di altri tempi, di una città ai piedi di un monte aspro e selvaggio che la scrittrice amò e raccontò per tutta la vita. Dal 2020 una statua di bronzo accoglie chi arriva al Monte Ortobene per assaporare quell’ambiente naturale che fu tanto caro alla scrittrice. Un’opera a grandezza reale in cui anche i più piccoli dettagli parlano della cultura di una Sardegna di tempi antichi.
La figura in bronzo di Grazia Deledda compare fra le rocce con un movimento elegante e armonioso del costume tradizionale. Cammina con leggerezza sui prati dell’Ortobene e la pesantezza del metallo svanisce in quel passo deciso, ma lieve di donna sarda. Ogni particolare è un simbolo modellato con realismo estremo. Nella mano destra stringe la penna, nella sinistra diversi libri e la medaglia del Premio Nobel. Delicatamente china nell’atto dello scrivere, l’espressione del volto serena e concentrata evoca la pace della Natura, l’ispirazione trovata più e più volte contemplando quel monte. Il costume è quello di Nuoro di fine Ottocento che rende omaggio alle sue origini, alle tradizioni nuoresi e al forte legame con la città. La scultura riproduce in ogni dettaglio i tessuti, i ricami e le pieghe tanto cari alla scrittrice.
“Il costume di Nuoro (…) è certo uno dei costumi più splendidi della Sardegna. Bisogna studiarlo in Chiesa, nei dì solenni (…). Lo scarlatto fiammeggiante al sole, il broccato, il velluto, l’orbace -produzione paesana – i nastri, i fazzoletti smaglianti di fiori, le bende bianche, nere, gialle, di lana, di mussolina e anche di seta, i bottoni a filigrana d’argento e d’oro si fondono in un insieme magnifico, ricco, e il personale alto e slanciato delle donne contribuisce a rendere elegante e bello il vestire”. Lettere al Gigante biondo (1891-1909).
La statua ha preso forma dalle mani sapienti di un affermato scultore dei nostri giorni. Non ha bisogno di presentazioni Pietro Longu che ha trovato ispirazione direttamente dai romanzi della Deledda. Classe 1944, artista sin da bambino, è stato allievo di Stanis Dessy, Filippo Figari, Clemente Durante e Gavino Tilocca, solo per citare alcuni dei suoi maestri. A partire dal 1962 ha vinto innumerevoli premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Di lui hanno scritto le maggiori riviste italiane specializzate in arte. Sue opere impreziosiscono piazze, edifici e chiese di numerose città e paesi. Pietro Longu è stato per oltre trent’anni insegnante e poi dirigente all’Istituto Ciusa di Nuoro. Un nome autorevole nel panorama artistico italiano che incanta e stupisce riproponendo il figurativo tradizionale reinterpretato nella modernità del XXI secolo.
Nato a Bortigali in provincia di Nuoro non poteva non accettare l’incarico per la statua da dedicare a Grazia Deledda, personaggio che più di ogni altro è emblema della sua terra. Rappresentarla era il sogno della vita. Da bambino, a soli sette anni, quando già ricavava figure scolpendo il tufo, realizzò il suo primo busto dedicato alla scrittrice. All’apice della carriera, dopo una vita dedicata all’arte, nel 2020 il sogno diventa realtà. Grazie al Comitato Nuoro Monte Ortobene Ultima Spiaggia gli viene affidato l’incarico di realizzare una statua in bronzo raffigurante la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel.
“L’ho immaginata di mezza età, non vecchia e sofferente come è spesso rappresentata dai media. Il volto sereno e ispirato per ricordarla nel pieno della sua creatività. Ma soprattutto tenevo in particolar modo che indossasse l’abito tradizionale nuorese. Quello descritto dalla scrittrice nei più minimi particolari. Quello che la madre le mise in valigia quando si trasferì a Roma. Il costume che più di ogni altro narra la storia della nostra terra e delle nostre tradizioni.” Spiega Pietro Longu che ha modellato la statua in creta.
“Oggi più che mai l’immagine eterna di una donna che ha fatto storia nell’affermazione della figura femminile vuol dire anche comunicare parità di genere. Una parità che ancora stentava ad essere riconosciuta in una Nuoro che appare ancora oggi troppo spesso distratta e arcaica. L’abito diventa così simbolo dell’affermazione femminile e del suo ruolo in una società che muta.” Prosegue l’artista.
Dalla creta alla cera e infine al bronzo per avere l’immagine immortale della celebre donna. “Dopo aver modellato la statua in creta ho ottenuto gli stampi su di essa. In questi stampi si cola la cera e poi, nella più antica tradizione scultorea greca e romana, si utilizza la tecnica della cera persa per ottenere la fusione in bronzo. Una fusione realizzata da me e i miei collaboratori. La statua è stata fusa in due pezzi poi uniti con la medesima lega metallica della fusione. È la tecnica con la quale venne realizzato il Redentore che domina il monte Ortobene.” Spiega lo scultore.
Il realismo rappresentativo è una scelta dell’autore che auspica un ritorno dell’arte all’essenza del figurativo come ritorno alla realtà. “L’arte deve essere comprensibile per tutti. Le persone devono fermarsi e capire l’opera artistica”. Non un’arte d’élite quindi quella che propone Pietro Longu, ma il ritorno alla rappresentazione classica patrimonio della nostra cultura. L’opera è dunque una riflessione sull’evoluzione della bellezza estetica e del cambiamento del gusto, recupera il concetto di rappresentazione comprensibile da tutti nello spirito del figurativo classico, ma apre una nuova via al realismo che coinvolge differenti livelli estetici del tutto nuovi.
Il realismo della statua si fonde perfettamente con il verismo dell’opera deleddiana che, nel suo stile di narrazione semplice e dettagliato, seppe cogliere i gusti letterari del popolo. Quel popolo che oggi, senza intermediari, capisce, contempla e apprezza l’arte figurativa come essenza stessa dell’espressione umana.
La Deledda introduce costantemente il lettore ai temi ambientali di cui solo oggi stiamo imparando ad apprezzarne l’importanza nella conservazione del Pianeta. L’Ortobene è il simbolo di una natura che ha forgiato un intero popolo. “l’Ortobene è uno solo in tutto il mondo, è l’anima nostra, il nostro carattere, tutto ciò che vi è di grande e di piccolo, di dolce e puro e aspro e doloroso in noi.” (Lettera di Grazia Deledda a Salvator Ruju – Nuoro, 1905)
La statua sul monte Ortobene diventa così un messaggio d’amore per quel luogo, per la Natura unica di un’isola aspra e selvaggia che Grazia Deledda descrisse con la leggerezza dei sui passi. La statua, quasi viva, evoca il “fruscio dei… passi sull’erba” (Canne al vento – 1913), trasmette serenità, ma anche dinamismo e movimento. Un movimento che proietta l’osservatore nell’eternità delle parole di una donna che seppe affermarsi oltre i luoghi, oltre i pregiudizi, oltre la sua epoca, al pari degli uomini.