Indubbiamente Identità Mediterranea, con il progetto Mosaico per Procida, sta contribuendo a scrivere una bellissima pagina dell’enogastronomia campana, dedicando spontaneamente alla capitale della cultura italiana di quest’anno la bottiglia celebrativa grazie al preziosissimo contributo delle cantine partner, selezionate secondo i criteri di Gaetano Cataldo su tutto il territorio regionale, e del winemaker Roberto Cipresso ad assicurare non soltanto l’impeccabile riuscita di una cuvée di vini bianchi inedita e mai immaginata prima ma persino un’equanimità tra le parti altrimenti irrisolta se si fosse deciso di eleggere un enologo campano e per evidenti conflitti di interesse.
Questa stupenda pagina ci racconta oggi di quanto sia possibile fare scelte libere e senza diktat di alcun genere, di quanto sia facile immaginare un volto della Campania vitivinicola e gastronomica coerente proprio perché fuori dai soliti schemi, di quanto sia bello affermare che il popolo campano intero sia unito e desiderosi di esprimere gioia, creatività e riconoscenza verso l’isola di Procida e stringersi a lei con affetto e senso di appartenenza a partire dalle istituzioni. Ebbene sì, Identità Mediterranea e tutti gli attori chiamati ad adempiere a questo gesto significativo questa pagina vuole continuarla a scrivere senza escludere le istituzioni e a dimostrazione di ciò il dialogo costante con le stesse ha potuto sortite i seguenti patrocini morali: quello del Comune di Procida e del Comune di Castel San Giorgio in primis, quello dell’Associazione Nazionale Donne del Vino, quello dell’Associazione Nazionale Città del Vino, quello del Museo dell’Arte del Vino e della Vite e, immancabilmente, quello dell’Associazione Italiana Sommelier.
E non ci si poteva aspettare di meno poiché Mosaico per Procida, oltre ad essere un progetto genuino e spontaneo, è nato e procede senza finanziamenti di alcun genere a dimostrazione che le proposte di valore, gli ideali, l’amore disinteressato per il territorio e l’intelligenza imprenditoriale collettiva possono smuovere le montagne. Mosaico per Procida ha addirittura raccolto già i fondi per iscrivere il comune di Procida nell’elenco di Città del Vino e ne raccoglierà degli altri perché una replica dell’abito ottocentesco della Graziella possa essere riprodotto e donato alla popolazione procidana.
Dopo aver rivelato in un precedente articolo le “tessere irpine” è arrivato il momento di presentare al pubblico le Cantine del Mosaico nel beneventano. La provincia di Benevento è il propulsore dell’economia vitivinicola, questo lo dicono i numeri di ettolitri di vino prodotti ogni anno e la rinomanza delle aziende agricole che insistono in quest’area, dando lustro a tutto il territorio. La tradizione vitivinicola di Benevento, oggi ubicata nel settore più a Sud dell’antico Sannio e proprio nel cuore dell’Appennino Meridionale, supera di gran lunga i due millenni. Descrivere in poche righe la sua storia sarebbe impossibile per una terra cinta da ogni lato di contrafforti quali quello del monte Partenio, del Matese e dei monti della Daunia e dei monti Tifatini che hanno osservato ininterrottamente, esattamente come il massiccio del Taburno, accadimenti storici che si studiano in tutte le scuole del mondo e che hanno lasciato tracce negli innumerevoli siti archeologici, come il Parco Geopaleontologico di Pietraroja, e nei monumenti romani, tra le mura di Telesia e del castello di Montesarchio, nei borghi di Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Morcone e Sant’Agata de’ Goti, solo per citarne alcuni. Tra fasti gloriosi in tutte le epoche storiche, le leggende a partire dalla fondazione della città da parte di Diomede, il mito del cinghiale di Calidone e dell’Albero delle Streghe, queste sono le splendide cantine che dimostrando libero pensiero ed interesse genuino per il territorio campano sono parte del Mosaico per Procida:
Antica Masseria Venditti
Una cantina di antico retaggio incastonata tra i monti del Matese e del Taburno che esiste dal 1595 a Castelvenere, con la lungimiranza di convertirsi al biologico fino ad ottenere la relativa certificazione nel 1988 ed aderire più avanti alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: pertanto la famiglia Venditti ha saputo dimostrare nei secoli di riporre attenzione tanto al suo areale, scrigno di tradizioni e vecchie viti, che all’innovazione necessaria per stare sempre al passo coi tempi, mettendoci soprattutto umanità e raziocinio. Dopo numerosi passaggi di testimoni tra generazioni il vento del cambiamento arriva verso gli anni ’80 con Nicola Venditti, al timone dell’Antica Masseria Venditti assieme alla moglie Lorenza e da diverso tempo sostenuto anche dai figli Andrea e Serena. Le linee produttive della casa vinicola sono Assenza, Monovitigni, Cru, Vient e Voria con infine il Marì, il vino dedicato alla madre di Nicola e frutto di un blend di Cerreto, Falanghina e Greco di Castelvenere. Con l’agriturismo Donna Lorenza l’ospitalità e la cucina contadina, talvolta con qualche rivisitazione, sono di casa e si possono assaggiare piatti tipici castelveneresi come ad esempio la scarpella.
Link consigliati: www.venditti.it
Cautiero
Un’azienda agricola a misura d’uomo perché possa essere gestita in prima persona da Fulvio Cautiero e da sua moglie Imma, di modo che dietro il lavoro in vigna ed in cantina ci siano le loro mani: è questa l’idea di partenza di una giovane coppia che nel 2002 decise di dedicarsi alla vitivinicultura. La cantina di più recente costruzione e prossima alle vigne è stata scavata nella roccia e vede un rivestimento in tufo e, adiacente ad essa, una piccola struttura è stata adibita per la vendita e la degustazione. Precisamente ci troviamo in contrada Arbusti di Frasso Telesino, cittadina situata a sua volta sul versante occidentale del Taburno Camposauro, un massiccio calcareo isolato rispetto all’Appennino Campano. I tenimenti di questa cantina ricadono pertanto nella Doc Sannio e al tempo stesso nel Parco Regionale del Taburno Camposauro, nei quali Fulvio alleva viti Aglianico, Falanghina, Fiano, Greco e Piedirosso, mediante i cui grappoli riesce ad ottenere ben dieci referenze.
Link consigliati: www.cautiero.it
Fontana delle Selve
La bellissima cantina, sorta verso la fine degli anni ’90 e capitanata oggi dai fratelli Gianluca e Salvatore Falato, ruota tutto attorno al territorio che ha dato i natali a San Barbato ed alla sua rinomata vocazione alla viticultura ed all’enologia. Siamo infatti a Castelvenere, borgo che conta poco più di 2600 anime, posto a 120 metri circa dal livello del mare, attraversato dal fiume Calore e dal torrente Seneta. Un tempo chiamata Véneri, probabilmente per l’esistenza di un tempio dedicato alla dea Venere, diverrà Castrum Veneris a partire dal XIV secolo per assumere, nel 1683, il nome di “Castiel Venere” come si evince dal tavolario di Giampiero Gallarano in quanto riferimento al maniero voluto dalla famiglia Monsorio. In piena Valle Telesina la famiglia Falato ha, in epoche anteriori alla fondazione della cantina, da sempre allevato viti di Falanghina, Greco e Fiano, poi Barbera, o meglio Camaiola, dunque Aglianico e Piedirosso, una tradizione ripresa egregiamente dai due fratelli Falato e tradotta in una linea enologica degna di una delle Città del Vino più emblematiche del Sud Italia.
Link consigliati: www.fontanadelleselve.it
Fosso degli Angeli
Siamo in contrada Acquaro, precisamente nel comune di Casalduni, comune posto ad una media altimetria di 549 metri sul fianco del monte Cicco e sulla riva destra del fiume Tammaro di non più di 1300 abitanti. Casalduni costituisce, grazie alle sue 23 contrade, uno dei borghi con la più vasta estensione rurale della Penisola, vi si respira un’aria estremamente salubre e tra una rigogliosa macchia boschiva scorre l’Alenta, un torrente dalle acque incontaminate e limpidissime che forma delle cascate di grande suggestione e attrattiva. In questa terra nasce Fosso degli Angeli che, senza bisogno di lavorare di fantasia, si riassume precisamente così: autoctono, biologico, senza fretta e indipendente. Si, esatto… sono anche amici del vignaiolo Ampelio. Giunti alla terza generazione le sorelle Dina e Marenza Pengue con Pasquale Giordano, marito della prima, custodiscono quanto fu ereditato nel ‘45 da Vincenzo Pengue, loro nonno, e quindi da loro padre Domenico che nel ’78 coraggiosamente reimpianta l’autoctono Fiano. Su questo cammino che riconduce alle radici del passato il vino del presente non può che essere una svolta fiera, identitaria ed autentica che ha visto il reimpianto di Piedirosso nel 2012 e quello di Sciascinoso nel 2014 a cui certo seguiranno altri progetti di recupero. Nove in tutto le bottiglie prodotte da Fosso degli Angeli con questi criteri, tra cui il Ver Sacrum che esce solo nelle migliori annate.
Link consigliati: www.fossodegliangeli.it
Vi state chiedendo come mai soltanto quattro? Lasciate perdere chi non ci ha creduto o si è defilato all’ultimo minuto. Invece queste fierissime aziende sannite sanno cosa sia il fair play, hanno la capacità di sognare e da sole reggerebbero l’Arco di Traiano, simbolo della città capoluogo.