Squartalized, “squarcio paralizzante”, è un neologismo che la nota attrice e showgirl italiana Nathaly Caldonazzo ha coniato per intitolare il progetto pittorico creato a quattro mani con l’artista Vito Bongiorno, uno dei protagonisti più rappresentativi dell’arte italiana contemporanea nel mondo, attraverso il quale vengono espressi i traumi e le ferite laceranti delle vittime di violenza fisica e psicologica. Per questo progetto l’attrice, che ha alle spalle una lunga esperienza teatrale, ma che è anche un’affermata pittrice, la cui carriera ha avuto recentemente un’impennata di popolarità grazie alla sua partecipazione all’ultima edizione del Grande Fratello Vip, il reality show più famoso d’Italia, è stata insignita, il 23 maggio scorso, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio a Roma, di un premio per la Sezione Spettacolo nell’ambito della manifestazione Donne d’amore: racconti e non solo – Riflessioni sull’universo femminile. Organizzato dall’Associazione Naschira, partner di Barrett International Group dell’artista Virginia Barrett, operante da tempo in Italia in ambito sociale e culturale, con il patrocinio morale dell’Assemblea Capitolina, l’evento ha visto premiati altri personaggi della cultura e dello spettacolo alla presenza di Simonetta Matone, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma.
Nathaly Caldonazzo, di cui si ricorda la storia d’amore di gioventù col compianto attore Massimo Troisi, è impegnata da tempo nella lotta alla violenza in particolare contro le donne, vittima lei stessa di violenza psicologica nel recente passato, racconta, insieme a Vito Bongiorno, a Mediterranea la genesi di questo sodalizio artistico e il significato del progetto artistico Squartalized.
Nathaly, quando e come nasce la tua passione per la pittura?
Nathaly Caldonazzo – “Si è sviluppata circa otto anni fa. Ho iniziato dapprima a fare delle opere a quattro mani insieme all’artista romano Enrico Dicò, noto per la sua tecnica di plasmare la plastica e altri materiali col fuoco, col quale ho già allora realizzato delle opere contro la violenza sulle donne. In seguito ho imparato varie tecniche pittoriche avvicinandomi all’artista siciliano Croce Taravella, che mi ha insegnato a giocare con i materiali e a vivere l’esperienza pittorica con la fantasia e con l’intuito. E poi di recente c’è stato l’incontro con Vito Bongiorno: abbiamo unito le nostre due tecniche, dando vita a un progetto di dodici opere contro la violenza dal titolo Squartalized”.
Avete lavorato insieme?
Vito Bongiorno – “Sì, a partire da un’idea comune che si è sviluppata a tavolino, davanti a un foglio di carta e a un bicchiere di vino, quasi per caso quando, raccontandoci le nostre esperienze sentimentali abbiamo capito che avevamo subito entrambi delle ferite molto profonde che abbiamo deciso di rappresentare nei nostri quadri. Operativamente abbiamo lavorato insieme e unito le nostre tecniche pittoriche. Su supporto di tela, o tavola o lastre di metallo abbiamo sovrapposto diversi materiali – per esempio il carbone che io utilizzo molto – resine e i colori forti di Nathaly, che ama lasciarsi guidare dall’istinto, chiudendo gli occhi e usando le mani, più che i pennelli”.
Perché il titolo Squartalized?
Nathaly Caldonazzo – “Perché questo termine, che ho inventato io, mi evoca la sensazione che si prova quando si subisce una violenza dell’anima da parte di un compagno che spesso è un manipolatore, un narcisista covert piuttosto che un gaslighter o altre maschere di questi personaggi che spesso sono uomini, ma non necessariamente. All’interno del ciclo di dodici opere di grandi dimensioni che fanno parte del progetto ci sono infatti anche due opere che rappresentano la violenza emotiva subita dagli uomini”.
Come è rappresentato l’uomo vittima di violenza?
Nathaly Caldonazzo – “Per esempio c’è un’opera che raffigura un uomo ricoperto di garze, il cui volto non ha espressione, tutto intorno è rosso, mentre lui è totalmente bianco, come se la vita lo avesse abbandonato. Un altro è un uomo di carboni senza la testa; al posto della testa ha una matassa di filo spinato attorcigliato, a rappresentare il fatto che questo tipo di violenze braccano i sensi e imprigionano la mente, rendendo le persone che ne sono vittime incapaci di reagire. È come una stanza della morte che bisogna attraversare con una forza e una determinazione da samurai, senza poter tornare indietro”.
Se ne esce?
Vito Bongiorno – “Non se ne esce mai completamente. È come quando si frantuma un vaso: si può ricomporre e incollare, ma le crepe rimangono a vita. Le ferite che ci hanno inferto rimangono, ci sono passato anch’io, ma si deve andare avanti e sperare in una rinascita, che è possibile”.
Il simbolo della mostra è un cuore stretto in una mano. Cosa rappresenta?
Nathaly Caldonazzo – “Rappresenta un cuore maschile che strizza un cuore vero, non la semplice forma del cuore che siamo abituati a vedere, dal quale sgorga del sangue non di un rosso vivido, ma del sangue scuro, un po’ marcio. È la metafora di ciò che avviene in certe relazioni tossiche: la sensazione è appunto quella di uno stritolamento”.
La violenza sulle donne non è solo fisica. Ancora troppo poco si parla di violenza psicologica e di abusi emotivi. Che tracce lasciano?
Nathaly Caldonazzo – “Dentro rimane un cuore ferito, pieno di cicatrici che, se si ha la fortuna nella vita di incontrare una passione, non necessariamente verso un’altra persona, possono essere in parte guarite. L’arte mi ha aiutato tantissimo a esorcizzare questo tipo di male e a trasformare il dolore. Oppure una strada potrebbe essere quella di una buona psicoterapia, o la fortuna di incontrare una persona che con un abbraccio è in grado di rimettere a posto tutte le ammaccature subite. In ogni caso si rimane segnati nel profondo a vita”.
Anche il teatro è catartico?
Nathaly Caldonazzo – “Certamente. Ultimamente interpreto una commedia di Philippe Claudel intitolata Parlami d’amore insieme a Francesco Branchetti, che rappresenta proprio una coppia in profonda crisi, e per interpretare la parte ho dovuto scavare all’interno di me stessa e far riemergere tutta una serie di sentimenti dolorosi che ho riversato sulla scena. Sia la pittura che il teatro sono stati dei salvagenti per me, altrimenti non so come ne sarei uscita. Si può anche impazzire di fronte a certi traumi”.
Ogni donna ha la sua particolare creatività da esprimere…
Nathaly Caldonazzo – “Certo, a patto di allontanarsi all’istante da certi personaggi che sono in grado di spegnere tutto il fuoco e la creatività che si può avere dentro. Alcuni uomini non fanno altro che farci sentire piccole, darci ad intendere che non valiamo niente, che senza di loro siamo finite. Bisogna scappare da queste situazioni, avere il coraggio di denunciarle e riprendere in mano la propria vita, lasciare che il sangue si asciughi e che le ferite si cicatrizzino. È un percorso lungo ma possibile: questo è il messaggio che vogliamo lasciare alle donne che siano vittime di questo tipo di assoggettamento psicologico”.
Pensi che si tratti di un karma?
Nathaly Caldonazzo – “Sì. Spesso si passa da un carnefice all’altro senza nemmeno rendersene conto, perché si viene attratti dalla figura del barbablù che all’inizio, per esempio con la pratica del love bombing, ci adula e ci fa sentire importanti, ma il suo piano è quello di distruggerci. È ciò che mi è accaduto sempre nella vita, avendo avuto un padre di questo tipo”.
Credi ancora nell’amore?
Nathaly Caldonazzo – “Con le mie esperienze ho acquisito una sensibilità e un intuito per cui riesco a capire subito con chi ho a che fare, riconosco il carnefice e non gli affiderei più la mia esistenza. Al momento non ho avuto un’esperienza contraria. Sono uscita dalle esperienze dolorose con i miei mezzi, e non perché ho incontrato qualcuno che mi abbia trascinato via dal dolore con sensibilità e accortezza. A un certo punto mi sono presa per mano e sono riuscita a uscirne. Le donne devono essere forti e rifiutare queste relazioni insane, che possono condurre nel baratro, ricordando che lo squarcio dell’anima può trasformarsi in ferita letale”.
Talvolta sei stata vittima di quel pregiudizio di genere per cui la bella donna viene apprezzata per come appare e non per quel che sa fare. Ora per te la bellezza è una risorsa o un intralcio?
Nathaly Caldonazzo – “In una certa fase della vita, come quella in cui mi trovo, parlerei più di fascino che di bellezza: mi piacciono le donne che si tengono bene, che si amano, che sono sicure di sé. Il fascino può esser dato da uno sguardo, anche uno sguardo che è stato ferito, perché no, che dimostra la capacità di trasformare il dolore in unicità, in bellezza interiore. Per quanto mi riguarda, ho attraversato tante burrasche, e quel che sono oggi ne è il risultato. Forse avrei desiderato una vita più facile e più piena d’amore, ma quello che ho vissuto mi ha portato a questa consapevolezza. Mi vado bene così, e non temo il giudizio degli altri ”.
Il progetto avrà nuovi sviluppi?
Vito Bongiorno – “Dopo la preview di una delle dodici opere nel novembre scorso, che ha avuto molto successo, ci sarà il debutto della mostra a settembre 2022 nella Galleria The Sign a Roma, in via Piemonte, dove ci saranno tanti ospiti e per la quale prevediamo di predisporre un catalogo e dei gadget tematici. Dopo di che ci hanno contattato varie città come Palermo, Tarquinia, Napoli, interessate a ospitare la mostra. Questo tour fa parte di una prima parte del progetto, ma già pensiamo a uno Squartalized number two con nuove opere e altre iniziative, sempre contro la violenza che, purtroppo, non accenna a fermarsi”.
Il progetto si aprirà ad altre forme d’arte otre alla pittura?
Vito Bongiorno – “Sì, ci sarà un libro e anche un cortometraggio di cui io e Nathaly saremo i protagonisti. Verrà prodotto anche un profumo, creato appositamente da Angelo Sanzio, caratterizzato da note molto forti, per esprimere la potenza delle emozioni legate alla violenza, ma con note di fondo pure e delicate, che richiamano la rinascita”.