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Circondato dalle colline dei comuni limitrofi di Frasso Telesino, Limatola, Melizzano e Sant’Agata de’ Goti, il borgo di Dugenta si sviluppa lungo la valle del Volturno ad un’altitudine media di 203 metri sul livello del mare. Abitato da poco più di 2600 persone, questo comune beneventano vede il suo centro divergere lungo cinque arterie principali, per quanto vi si acceda principalmente dalla strada statale di Fondo Valle Isclero, attraversando la Valle Caudina, dalla strada dei Ponti della Valle e dalla via Sannitica lungo l’asse Napoli-Campobasso.

Certamente luogo di insediamenti umani in epoche remote, Dugenta viene citata per la prima volta nell’823 d.C. e l’etimo del nome viene fatto risalire alla parola ducenta in lingua latina, riferita alla jugera, un’antica misura agraria, mentre un’altra tesi vorrebbe derivi, secondo lo storico Vittorio Gleijeses, da duae gentes, proprio per via della coabitazione, certo non pacifica, tra Sanniti e Romani in queste terre. Nel XIII secolo fu donata da Carlo I d’Angiò a Guglielmo di Belmonte dopo essere stata valutata poco più di quarantadue once, in un periodo in cui, stando al primo cedolario redatto dagli stessi Angioini, risultavano poco più di una ventina di famiglie proprietarie tassate; dai Belmonte passò prima a Rofredo Gaetani, fratello di papa Bonifacio VIII, e successivamente alla famiglia Sanframondo. A causa della sua posizione strategica, nel 1439 fu teatro di una feroce battaglia fra re Alfonso I d’Aragona e Jacopo Caldora, battaglia che vide la dipartita di quest’ultimo. Nel XVI secolo divenne possedimento delle famiglie Di Capua, Monsorio, Loffredo e Cossa. Tra vari avvicendamenti, nel 1734 vi passò Carlo III di Borbone, avanzando alla conquista del Regno di Napoli.

Nel 1810 Rocenti, così chiamata in dialetto campano, fu aggregata al comune di Melizzano e, nel 1859, un primo tentativo di conquistare l’autonomia comunale risultò infruttuoso: infatti, presentata all’Intendenza di Terra di Lavoro una richiesta firmata da ventotto proprietari terrieri al fine di diventare autonomi dal comune di Melizzano, non ebbe l’esito sperato. A distanza di un anno, l’arrivo dell’esercito borbonico, comandato dal generale Giovan Luca Von Mechel, era sintomo si stesse per affrontare l’esercito piemontese ed i volontari garibaldini nella battaglia del Volturno, scontro avvenuto a più riprese in diverse aree e che vide la resa di Francesco II il 13 febbraio 1861, ripiegando a Gaeta. Dopo una nuova istanza di indipendenza dal comune di Melizzano nel 1949, sottoscritta da 750 cittadini e inoltrata al Ministero dell’Interno, con il loro impegno a versare cinquecentomila lire a fondo perduto per le prime spese di impianto della nuova municipalità, Dugenta divenne finalmente comune autonomo nel 1956.

Da non perdere la visita al castello normanno-svevo: fondato intorno all’anno 1000 sopra un’altura, ha pianta angolare secondo lo stile dell’architettura militare, con alte mura merlate e cortile interno; nel 1648, in questa roccaforte, vi fu rinchiuso il duca di Guisa catturato mentre fuggiva da Napoli; di rilevante interesse la chiesa arcipretale di Sant’Andrea Apostolo, con lesene laterali al portale e affreschi, con Il campanile in tufo di epoca successiva. Fu consacrata intorno al 1112 dal papa Pasquale II e nel 1160 accolse il papa Alessandro II in visita a Benevento. La Cappella di Santa Maria in Pesole, che conserva la preziosa statua in legno di Santa Maria in Pensilis, e la Chiesa di San Nicola, meritano anch’esse attenzione da parte del visitatore. La Festa del Cinghiale a Dugenta è un appuntamento della tradizione che dura ormai da 44 anni e che si celebra, oltre che con la gastronomia, con la musica e il buon vino, prodotto tipico di grande rinomanza in questo territorio.

Le Cantine Ciervo sono parte integrante del paesaggio e della vita, lentamente scandita ad un ritmo di altri tempi, di Dugenta e di altre aree limitrofe. Anche se l’anno di apertura ufficiale dell’azienda è il 2007, la famiglia Ciervo ha origini da generazioni di viticoltori e produttori locali: infatti era il 1864 quando il loro avo Nicola Ciervo acquistò una cospicua mole di terreni nella zona tra San Silvestro e Bosco Cupo in Sant’Agata dei Goti per piantare le viti, dando vita alla tradizione vitivinicola che possiamo apprezzare oggi. Le Cantine Ciervo sono da tempo avviate sul percorso della qualità enologica, una qualità che vien fatta derivare dalla rigorosa conduzione delle vigne e dalle sensibilità nel saper coniugare passato e presente, in risposta ad una richiesta di mercato sempre più esigente ed alla ricerca di territorialità. La loro presenza attiva è un tratto distintivo che ha avuto riscontro anche grazie ad iniziative come Divinamente Abili, in collaborazione col dott. Marco Razzano e Città del Vino.

Il Fontana del Carpino Fiano del Sannio Doc del 2020 di Cantine Ciervo è una superba espressione di questa cultivar nella sua variante beneventana, piuttosto distinguibile dalle versioni in terra irpina. Le uve vengono allevate a spalliera e provengono prevalentemente a Dugenta, vedono un’esposizione a Sud Est con una elevazione media di 275 metri e vengono raccolte attorno alla seconda decade di ottobre. Una volta pigiate e diraspate sofficemente, le uve fermentano a temperatura controllata in criomacerazione. Si presenta con un giallo dorato intenso e copiosa consistenza alla vista. Nota di guscio di conchiglia, pesca bianca, mela cotogna matura e fieno biondo, lieve odore di propoli misto a fiori gialli di campo. Il sorso, equilibrato in freschezza e sapidità, aggiunge una nota di pan brioche e di limone pane ai profumi precedentemente percepiti. Ancora vibrante e piacevole è al meglio della sua fase evolutiva, non mancando di una buona persistenza aromatica intensa. Stufato di carne di manzo con mela annurca, pepe rosa e rosmarino.

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