Dov’è sepolto il sapere della Protoscienza e quando si è interrotto il legame millenario che ha unito, ispirato, modellato e perfezionato la conoscenza di uomini dai grandi interrogativi come Pitagora, Ermete Trismegisto, Al-Kindi e Leonardo da Vinci se non nel sonno dogmatico e nell’auto-compiacimento di ciò che oggi reputiamo capire e padroneggiare con le nostre intelligenze assopite tra assiomi e vanagloria? Non siamo forse intrappolati in una visione materialmente costruita della realtà o quanto meno ingabbiati dalla stessa percezione che la nostra mente ci trasmette?
Forse è proprio per alcune tra queste considerazioni che Marcel Proust amava dire che “l’Istinto detta il dovere e l’intelligenza fornisce i pretesti per eluderlo”, alludendo ai rischi di fuorviare dal cammino verso la conoscenza e la consapevolezza proprio a causa del nostro ego e degli accomodanti tranelli che la mente ci tende per mettere a proprio agio la ragione e non farci avere troppo a soffrire per quello che non comprendiamo o ci rifiutiamo di comprendere. In una società assopita, pronta ad accettare forme di sapere ed informazioni prefabbricate, persuasa di essersi emancipata e di avere in pugno tutte le risposte necessarie, forse dovremmo risvegliare in noi stessi la capacità di indagine, sentendo una rinnovata sete di conoscenza mediante la ricerca del vero e, piuttosto, imparare a porci prima le domande appropriate.
Non credo di poter spiegare cosa sia l’Alchimia in verità ma credo che cominciare a chiederselo possa essere il punto di partenza per risolvere molti dei precedenti interrogativi ed un ottimo stimolo per restituire alla mente la sua agilità e temprare lo spirito con la forza di volontà e la rettitudine istintuale che occorrono. Non so cosa essa sia, eppure sento che si trova ovunque: nella connessione tra l’intuito, la libera circolazione delle idee e la forma delle antiche piramidi, nella relazione tra la Dea Mnemosine, la Precessione degli Equinozi e l’innato Talento degli Uomini, nella visione immanentistica che Immanuel Kant aveva della realtà attraverso le stelle ed il codice interiore che ciascuno di noi pur certo possiede e, non ultimo, nel segreto del “solve et coagula” intrappolato nel dualismo dell’Onda e delle Particelle certo non ignoto alla fisica quantistica.
Il suono e la frequenza, la frequenza e la materia… non so come dirlo ma ho sentito e letto di una frequenza universale alla quale tutti i viventi e le cose rispondono, vibrando senza stridere ma con intonazione e armonia, benevolenza per la Vita, la propria e quella di ognuno. Il suono e la frequenza sono alla base della musica, la musica è un linguaggio, quindi è possibile che l’Alchimia sia il linguaggio comune a tutto ciò che esiste e attraverso cui è possibile parlare ad ogni cosa.
Possediamo una mente ed un’anima correlate ad uno Spirito, qualsiasi accezione vogliate attribuirvi ed indipendentemente dal fatto che questo spirito sia dentro o fuori di voi, in quanto espressione della vostra forza interiore o di una Volontà di più Grande. Toccare le altissime vette massimizzando questi tre Momenti, mente, anima e spirito appunto, in una sola entità, vivendo il quando, il qui ed i tanti dove, è lo scopo della Vita secondo Giordano Bruno. A proposito: quand’è stato che la metempsicosi è stata bandita dalla cristianità? Non è essa ciò che, nei molti cicli ed esistenze, filtra e distilla la natura divina dell’uomo?
Mi piace pensare che l’Alchimia sia la capacità del Mito di trasportare il sapere ed il pensiero degli uomini, custoditi in parole e metafore antichissime, attraverso il Tempo e la Tradizione, ma sento che il suo significato vivo risieda anche nell’Amore che abbiamo per le persone e per il Creato, per le cose grandi e per quelle minute. Credo ci sia dell’Alchimia anche nella passione che mettiamo per quello che facciamo, per i gesti ed il lavoro quotidiano che, se è lavoro ben fatto, diventa dunque ricerca del sé e ritrovamento della Pietra Filosofale. Pico della Mirandola non si stancava mai di ribadire quanto l’uomo sia artefice della propria fortuna e mi persuado, a maggior ragione, che se l’Amore per il sapere e la buona volontà migliorano noi stessi ciò farà evolvere e migliorare anche i nostri simili e tutto quanto ci circonda.
Dunque da qui la necessità di vivere una vita nel presente e che l’approccio sia meno supponente, applicarsi nello studio e nell’arte del fare. E questo unitamente alla dedizione e all’amore per la conoscenza è il percorso scelto da Giovanni Atrop, “homo faber”, studioso di Alchimia ed Amico; la scelta di usare uno pseudonimo per farsi intervistare da Mediterranea risiede nell’umiltà che lo contraddistingue e nella consapevolezza che ciascuno di noi possa intraprendere un cammino di conoscenza e rinnovamento.
Giovanni Atrop è il nome di penna di uno studioso di Alchimia, nato a Roma nel 1976. La sua vita si è svolta prevalentemente nella sua cittadina che sorge sulle rive del Lago Sabatino chiamato anche Lago di Bracciano. Qui svolge la sua attività di imprenditore anche se proviene da studi umanistici e storico artistici. Laureato con una tesi sulla simbolica paleocristiana della vite e i suoi frutti, è sempre stato attratto dalla conoscenza e dall’allegoria in quanto mezzi per una visione più profonda del vero. Il suo amore per il sapere e la sua innata curiosità lo hanno portato fin da giovane ad interessarsi delle tematiche mistico religiose affiancando queste ultime a studi scientifici e filosofici. Queste attitudini sfociano naturalmente nella passione per l’Alchimia che sembra sintetizzare ai suoi occhi le sue pulsioni conoscitive. Amante dei gatti e della buona cucina, svolge nel web un’opera di divulgazione alchemica, non dei segreti, bensì di una corretta visione di quello che lui reputa “Alchimia”, ovvero un’Arte e una Scienza mirante tramite alcune procedure di laboratorio alla confezione di alcune sostanze “particolari” utili alla salute e all’equilibrio dell’uomo. Questo fervore approda anche alla creazione di una piccola casa editrice, la Atrop Edizioni, nata dall’incontro felice con un altro ricercatore e traduttore, chiamato Jackob Phanus, che purtroppo ha lasciato questa sonda terrena lo scorso anno.
Oggi come oggi una materia interessante come l’Alchimia, seppur apparentemente antiquata, come andrebbe contestualizzata?
L’Alchimia è interessante per alcuni, mentre rientra in un normale vocabolario privo di senso reale per altri; spesso si usa questa parola per definire una miscela ben fatta, un’atmosfera piacevole o un’attrazione, quindi una parola divenuta molto comune e presente nella nostra lingua. Viene anche associata agli stregoni del passato che facevano pasticci con materie prese a caso nel folle tentativo di fabbricare artificialmente l’oro. Alcuni avvezzi alla psicologia ricordano i testi di Jung e di altri esponenti che sulla sua scia hanno visto nelle intricate rappresentazioni iconografiche dei testi di Alchimia una sorta di espressione inconsapevole della profondità dell’inconscio di uomini alla ricerca di un vero tesoro, che venne poi individuato nell’identificazione del Sé. Studiosi della storia della chimica invece, con un approccio più pragmatico ai testi, hanno rinvenuto nei testi alchemici interessanti e reali procedimenti scientifici finalizzati alla realizzazione di sostanze divenute a seguito utilissime e di uso comune nelle attività umane. Senza definire adesso ciò che sia effettivamente “Alchimia” possiamo tranquillamente affermare che questa parola assume oggigiorno significato a seconda del contesto in cui la si impiega e di come la si vuol vedere.
Essendo molto complessa, criptata e oscura per sua stessa natura, ed avendo percorso millenni e diversi luoghi, può essere interpretata in vari e fantasiosi modi, per quanto “Lei” rimanga pur sempre la stessa: una scienza medica del corpo e dell’anima.
L’essere antica non la rende antiquata. Bisogna pensare all’Alchimia come ad una grande nave che fluttua nel Tempo trasportando un immenso tesoro nel suo ventre ma che, a seconda dei porti ove approda o alle persone che continua ad ospitare a bordo, traghettandoli da secoli attraverso la Tradizione e la bibliografia, appare anche zeppa di cianfrusaglie che vengono adesso confuse per il tesoro stesso, il quale è invece sempre ben nascosto alla vista dei curiosi, talvolta soggiogati dalla ciarlataneria. Il tesoro dell’Alchimia è un cuore pulsante vita, un centro di luce potente e radioso che viene definito “Lapis Philosophorum” o Pietra dei Filosofi; una roccia di salvezza capace di curare e sanare, ma ancor di più, di avvicinare a quella perfezione che non è nient’altro che uno stato di equilibrio e armonia con il Creato. Alcuni testi riportano splendide descrizioni di questi stati che possono manifestarsi in tutti e tre i regni, minerale/metallico, vegetale ed animale. In quello umano, ad esempio vi sarebbe una tale rigenerazione da riportare l’uomo ad uno stato Adamico precedente a quello che i cristiani e gli ebrei chiamano “la Caduta”.
Il Mediterraneo è stato l’unico mondo possibile in cui l’Alchimia avrebbe potuto nascere e svilupparsi. Quale potrebbe essere la chiave di lettura moderna dell’Alchimia in quest’area e cosa accade invece nel resto del mondo? Siamo ancora detentori di questo sapere antico o siamo troppo affaccendati nelle materie di cui l’Alchimia è stata madre per poi venirne inevitabilmente inghiottita?
Il Mediterraneo è la culla dell’Alchimia occidentale ma non dobbiamo dimenticare che vi furono, ed ancora vi sono fuori dal nostro bacino, sistemi molto simili all’Alchimia occidentale e che vengono chiamati in modi diversi riscontrabili sia in India che in alcune aree dell’Estremo Oriente; ecco perché sarebbe meglio in primis definire cosa sia l’Alchimia o meglio le Alchimie. Un po’ è stato accennato nella risposta precedente: L’Alchimia è Scienza ed Arte curativa il cui scopo ultimo è sviluppare la potenza intima degli esseri, integrandoli ad una forza luminosa capace di riallineare, riequilibrare e sanare quegli scompensi che per vari motivi limitano l’essere stesso. In altre parole, si possono definire alchemiche quelle pratiche che mirano all’estrazione o all’accumulo di una forza luminosa in una o più sostanze adatte al fine di creare una super-sostanza capace di indurre a sua volta trasformazioni negli esseri con cui entra in relazione.
Per sua natura queste pratiche antiche furono tenute segrete, e ancora lo sono in parte, per motivi molteplici, l’ultimo dei quali era quello di uno scompiglio economico, una forma di anarchia e di indipendentismo dati dalla possibilità di creare oro artificiale. Il rendere pubblica una conoscenza del genere avrebbe riportato il mondo alla pratica primitiva del baratto, secondo la logica del tempo, facendo fare un salto indietro di millenni a tutto lo stato sociale che sull’oro stesso basava il potere ed il valore di scambio delle merci. D’altro canto v’era invece una ragione tutt’altro che sociale, riguardava infatti lo stretto rapporto che l’operatore aveva con il divino. In molti testi si avvisa più e più volte la pericolosità di una divulgazione fine a sé stessa, una pericolosità non solo verso il corpo ma verso l’anima stessa del “trasgressore” e da parte mia credo che in effetti avvenga un cambiamento profondo nella visione dell’adepto stesso, ossia in colui che è riuscito a conseguire la Pietra Filosofale. E se il segreto dell’Alchimia è stato mantenuto fino ad oggi un motivo profondo deve esserci stato alla base di questa scelta.
L’accedere a segreti di tal genere pone in uno stato di tal privilegio da rendere totalmente indifferente l’alchimista alle questioni mondane, poiché gli occhi e l’essere di colui che integra questa luce in sé divengono capaci di contemplare il confine degli universi, fisico e metafisico, un’altura tale che permette la comprensione delle dinamiche dell’esistenza. La visione di questa perfezione non richiedeva più un intervento educativo-religioso imposto dalle convenzioni comuni, bastava la sola contemplazione ed il lascito di sapienza in forma di enigmi come vuole la Tradizione. Questi sono i motivi per cui l’Alchimia è difficilmente conciliabile con la temporalità, poiché mira ad un qualcosa che è fuori dal mondo o perlomeno ai suoi confini. Questo spiega anche perché questa Arte o Scienza sacra sia presente in ogni area del mondo e in ogni epoca.
Essa è solo una corda tesa che scende dall’alto e che si immerge fin dentro la materia. Non possiamo dire se siamo detentori o meno dell’Alchimia possiamo solo dire che esistono ancora dei fuochi accesi e dei cenacoli di ricerca e di tradizione che continuano l’ascesa su quella corda che il più delle volte è scivolosa e irta di spine.
Per non glissare la domanda riguardo alla mediterraneità dell’Alchimia possiamo sicuramente dire che i testi alchemici “classici” occidentali sono intrisi di una vena prettamente mediterranea. La stessa etimologia della parola Alchimia è contesa: la si fa derivare dall’arabo al-kīmiyya o al-khīmiyya, ovvero il congiungimento dell’articolo determinativo al- e della parola kīmiyya che significa “chimica” parola che sembrerebbe discendere dal termine greco khymeia cioè “fondere”, “colare insieme”, termini questi che potrebbero risalire addirittura all’antico egizio “Kem-it”, terra nera, ossia il nome che questo popolo dava al suo stesso paese; ciò apre delle prospettive interessanti ma molto complesse, che sono state spiegate in modo egregio dai testi di René Adolphe Schwaller de Lubicz (Asnières-sur-Seine, 30 dicembre 1887 – Grasse, 7 dicembre 1961).
Ma non solo i termini aderiscono all’ambito mediterraneo, persino la simbolica usata si rifà a tutta una serie di miti religiosi presenti nel nostro bacino, simbologie che pian piano nel tempo si consolidano in un corpus omogeneo che è quello che ritroviamo nei testi del XVI, XVII, XVIII e XIX secolo. Un esempio su tutti è l’utilizzo del simbolo del Vino e dei suoi derivati in quanto a medicamento, ossia un mascheramento della più importante materia in Alchimia, quella che Zosimo di Panopoli chiamava ”Acqua divina”; questo termine indica sia la chiave dell’Alchimia pratica di laboratorio, come ben dimostra Johann Seger von Weidenfeld nel suo testo “De secretis Adeptorum”, sia tutta una serie di connessioni filosofiche che rinviano alla fisica e alla cosmologia aristotelica, come anche alla pneumatologia stoica e neoplatonica d’altronde. l’Alchimia si connette all’idea di uno Spirito vitale animante il creato, chiamato anche “Etere”, “Anima del Mondo” o “Quinto Elemento” e senza entrare nelle complesse argomentazioni che si legano a questi termini, possiamo sicuramente affermare che tutta la tematica alchemica occidentale si sorregge su una fitta intelaiatura filosofica e simbolica tessuta nell’area mediterranea da abili menti illuminate.
Quali sono gli aspetti essenziali da cogliere e quelli che invece suscitano maggiore attenzione, avvicinando così il grande pubblico all’antica pratica?
La massa di solito si avvicina all’Alchimia per curiosità, per il suo aspetto misterioso, un tempo per il fascino dell’oro forse, ma oggi, essendo stata distrutta la sua reputazione dalla scienza accademica, che vede in lei solo una vecchia antenata della chimica, questo fascino o attrattiva ha perso forza. Chi invece si avvicina a lei veramente, non sa cosa lo spinge. Esistono delle forze che attraggono gli uomini ad amare un aspetto della vita che per altri non suscita alcun interesse. Cosa spinge uno scultore ad amare la scultura o uno storico di miniere ai suoi studi? Un’affinità. Ecco, l’Alchimia ha i suoi figli, i suoi folli direbbe qualcuno, uomini e donne che la amano ma non ne sanno il perché, eppure per l’Alchimia fanno di tutto, studiano antichi testi criptati, sudano in laboratorio, faticano, si avvelenano e muoiono talvolta. Non per l’oro, non per l’Elisir di lunga vita, per Lei, per il richiamo che è per tutti, inafferrabile e incomprensibile.
E lei? Da cosa nasce la sua passione per l’Alchimia? Ci racconti delle sue attività (rispetto all’Alchimia e non e come esse si conciliano), qualche aneddoto magari…
La mia passione non ha tempo, nel senso che so che fin da quando ero bambino avevo una percezione del mondo leggermente diversa da quelli che mi circondavano; le mie domande puntavano al nucleo dei problemi ed erano sempre più incisive, al punto da indispettire chi mi ascoltava. Una sete profonda e ancestrale animava il mio spirito, uno sguardo puntato verso il cuore del problema, che cosa è quello che vedo? Chi sono io che guardo? Nello stesso momento amavo giocare mescolando materie, osservando le loro trasformazioni, senza capire nulla, osservavo i colori, i profumi, tutto per me era incredibilmente emozionante.
Un profonda curiosità mi ha sempre spinto a toccare, a capire. Dopo aver letto tutto quello che la mia giovane mente poteva assorbire e capire, riguardo la scienza, le religioni e i sistemi simbolici ed esoterici, pian piano si formava in me la voglia di comprendere quella misteriosa scienza che risuonava sempre più spesso nella mia mente, l’Alchimia. Una scienza che non era solo mentale, una scienza che poteva essere toccata, che poteva essere vissuta e che dava una risposta solida… che cibava, corpo, anima e spirito.
Un giorno, molti anni or sono, ebbi la fortuna di incontrare una persona molto importante per me che spalancò uno spiraglio della sua porta, una porta che dava accesso al mondo delle meraviglie. Ancora oggi questa persona molto più avanti di me in questa scienza, mi aiuta nella mia somaraggine a percorrere nel modo giusto i passi all’interno del laboratorio e qualche volta anche nella vita. Nel mio percorso ho incontrato molte bellissime persone, profondi studiosi a cui va tutta la mia ammirazione, e anche qualche parolaio che tende a far smarrire la via, ma tutto fa parte del percorso e quindi va bene.
E’ davvero difficile orientarsi verso la cultura alchemica attraverso i libri, spesso fuorvianti e riconducenti verso forme diverse di sapere, mi riferisco allo scadere verso la magia e certe pratiche troppo esoteriche. Quali sono i rischi e come difendersi? Soprattutto come reperire e riconoscere testi validi?
Dipanare la matassa alchemica è davvero un’impresa titanica che lascia all’interno del suo labirinto scheletri di ogni tipo, personaggi più o meno famosi, sapienti e ignoranti, persone del clero e laici di ogni sorta… la questione è molto complessa!
Qualcuno mi ripete spesso che i testi più importanti sono quelli che cominciano con la erre di “recipe”, che trattano quindi di una vera e propria ricetta, poiché per non smarrirsi è bene comprendere che l’Alchimia presa come volo pindarico della mente, che sia esoterico, psicologico o simbolico porta sovente solo a perdersi. Invece, attenersi ad una visione da laboratorio se vogliamo, permette una vera riflessione sulle materie e sulla natura di queste fissando una sorta di “Filo di Arianna” in un dedalo di concetti dove la mente ama divagare e congetturare lasciando che il praticante si smarrisca e perda di vista l’obiettivo, per quanto in Alchimia esista la possibilità di coagulare una materia particolare dal nulla; questo “nulla” non potrà non avere un peso e delle caratteristiche ponderabili ed è compito dell’alchimista diligente inquadrarlo all’interno di una procedura fisica ben precisa. E’ pur vero che esistono testi più rivelatori di altri ed in Alchimia è bene leggere moltissimo e più volte: un testo di solito ne apre un altro e può riportare passaggi che vengono omessi nel primo, specialmente quando essa si focalizza su aspetti peculiari piuttosto che d’insieme; Bisogna anche chiarire che non tutti gli alchimisti hanno praticato una unica via, ma hanno adoperato diverse misure per giungere ad uno stesso fine. Solo la parte più avanzata dell’opera, ovvero la dolce cottura nell’Atanor appare quasi per tutti simile, come simile appare la successione dei colori all’interno dell’uovo filosofico, ovvero il palloncino di vetro che contiene la materia che diverrà Pietra.
Nel mio cammino ho incontrato un uomo che spese molto del suo tempo e della sua vita nella traduzione di testi importanti, cominciammo insieme un percorso affascinante creando la Atrop Edizioni; lui scelse questo nome utilizzando il mio nome di penna, visto che l’Atrop, Adrop o Leone Verde dei sapienti è la sostanza che apre le porte dell’Alchimia. Questo uomo ora non c’è più ma rimane la sua opera che lentamente sarà messa a disposizione di chi vorrà aggiungere qualche tassello alla sua ricerca in futuro.
In un mondo sin troppo ricco di infatuazioni e sublimazioni non trova fondamentale evitare quanto più possibile la componente esoterica dell’Alchimia? Dopo aver studiato sui testi qual è lo step successivo per un principiante?
L’Alchimia è stata un po’ espulsa da quello che comunemente viene considerato esoterismo, che ne accetta solo la componente interna, secondo una visione un po’ forzata che trova i suoi epigoni in Renè Guenon e Julius Evola; ma l’Alchimia in realtà è il cuore pulsante e vivo di ogni esoterismo vero, poiché ha come base lo studio e la ricerca di quella componente luminosa che anima il tutto e lo spinge ad essere quello che è. Due grandi studiosi italiani, i coniugi Boella, hanno più volte ribadito nei loro testi questo concetto esemplare. Secondo il mio modesto avviso si dovrebbe cominciare con lo studio della Spagiria, un’arte molto affine a quella alchemica, poiché l’utilizzo di certi strumenti, anche se semplici è fondamentale, inoltre, gran parte dei testi utilizza un codice “spagirico” per nascondere il vero senso. Quindi non conoscere la Spagiria ci priva di uno strumento conoscitivo e interpretativo molto utile e poi molti grandi alchimisti si definivano senza vergogna spagiri.
La Spagiria è un’arte antica, codificata poi in maniera più dettagliata dal grande Paracelso nel XVI secolo, che insegna ad aprire i corpi dei misti, ovvero gli esseri minerali, vegetali e animali nei loro componenti essenziali, i semplici, per poi purificarli e riunirli per giungere ad un essere superiore e immortale. Ora la differenza tra Alchimia e Spagiria è fatta da una sostanza particolare che contiene al suo interno una grande porzione di quello che gli antichi chiamavano Caos Primordiale, una prima condensazione della luce contenente all’interno di sé tutte le possibili caratteristiche energetiche della materia così come noi la conosciamo, come una cellula totipotente, come il mozzo della ruota da cui si irradiano tutti i raggi. Ecco perché da questa materia si estrae una sostanza capace non solo di sciogliere ed “aprire” tutti i misti purificandoli, ma di riportarli alla loro origine indifferenziata e viva.
L’Alchimia è assolutamente “arte del fare”. Sembra che quest’epoca abbia già visto, o quasi, la scomparsa dell’ “homo faber”… informazioni eccessive, poco approfondimento e molto pressapochismo, distacco dalla realtà in favore della realtà virtuale. E’ forma mentis rara a trovarsi quella necessaria a compiere un’attività teorica, manuale e sperimentale allo stesso tempo. Quale sarebbe l’utilità poi in un mondo che va sempre più di fretta e in tutt’altra direzione?
L’alchimista come detto in precedenza non cerca la gloria del mondo, semmai cerca la gloria del Creatore, la sua scoperta lo conduce alle porte di un mondo altro e alla vera struttura di questo mondo (in realtà i due mondi, quello fisico e metafisico, sono strettamente connessi… questo è il grande segreto dell’Alchimia). Dal mio punto di vista, non c’è un vero scopo nel fare Alchimia, c’è solo una chiamata, una vocazione. Se questa è veramente forte allora, l’impegno che ci si mette è grande, all’ombra di un mondo che non solo lo ignora ma se può lo ostacola con la stessa intensità con cui il praticante si adopra.
Siamo dunque circondati dalla cultura e dalla simbologia alchemica senza neanche accorgercene, forse alcuni di noi senza neanche saperlo sono alchimisti involontari…
Siamo circondati da Chimica, siamo fatti di atomi e molecole, tutto è in un continuo balletto, tutto se vogliamo è Alchimia, il rendersene conto e voler giocare sempre con maggiore consapevolezza è diventare Alchimisti. La Natura è la vera e grande Maestra, dobbiamo sceglierla volontariamente e con il dovuto rispetto; La nostra civiltà rifugge la morte eppure è la più mortifera che sia mai apparsa sulla terra, poiché il rispetto per ciò che ci sostiene e ci nutre viene sempre meno, questo è un errore che dovrebbe essere considerato e ponderato se vogliamo risorgere come civiltà all’altezza della magnificenza che ci crea e rigenera tutte le creature ad ogni istante.
Pertanto siamo circondati quotidianamente dall’Alchimia. Esistono delle città in Italia o in Europa e nel mondo con particolare vocazione alchemica?
Beh mi viene in mente Praga per la sua viuzza alchemica e il castello di Rodolfo d’Asburgo che fu un grande appassionato dell’Arte Alchemica, ma se dovessi dire quale città al mondo oggi è la più alchemica, direi Viareggio.
Progetti futuri e ulteriori suggerimenti…
Progetti futuri, lasciami pensare… ah si, creare la Pietra filosofale! In realtà quello che amo di più è la ricerca, rinvigorisce il mio spirito, mi fa sentire vivo e affascinato dalla vita, dalle sue meraviglie, dai suoi misteri, quindi continuerò a studiare, lavorare in laboratorio, incontrare i miei amici, far uscire qualche altra traduzione importante grazie alla Atrop edizioni di modo che il lavoro fatto possa essere condiviso. Diciamo che è già un bel da fare. Un suggerimento lo vorrei dare a quelle persone che sentono il richiamo dell’Alchimia e che lo lasciano inascoltato, a costoro dico, non è mai troppo tardi per far entrare la meraviglia nelle nostre vite.
LINK CONSIGLIATI:
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