“My philosophy is to have a really good time and never to let anything stop me from doing what I want to do.“
Il grande pianista francese nasce con le “ossa di cristallo”, nome popolare della terribile malattia genetica ‘osteogenesi imperfetta’, un corpo estremamente fragile che riesce a crescere solo poco più di un metro. Un corpo senza proporzioni, sgraziato per tutti i canoni estetici, soprattutto contemporanei, ma in compenso nelle sue mani, una volta seduto al piano, racchiude un’eleganza musicale straordinaria.
La storia dell’artista racchiude perfettamente l’idea dell’intero numero di mediterranea, Abilità e disabilità: quali sono i confini tra l’una e l’altra e, nella pratica, la meraviglia di coltivare un’abilità, quale che sia la condizione di partenza.
Petrucciani considerava il suo disagio fisico come un vantaggio, che gli permise in gioventù di dedicarsi completamente alla musica tralasciando altre “distrazioni”. Si potrebbe sospettare che questa affermazione derivi dall’incontenibile entusiasmo ed ottimismo che l’uomo aveva in abbondanza, invece ne era fermamente convinto. Era una persona che viveva sempre al massimo delle possibilità, viveva molto più intensamente di milioni di “normodotati”. Una forza di volontà che sfuggiva al passare del tempo, ogni attimo doveva essere vissuto completamente. E lui viveva sempre al massimo, lavorava, suonava, amava sempre intensamente. Ha avuto quattro mogli (così definiva le sue compagne, anche se non si è mai sposato), amava le cose semplici. Il suo sogno era quello di passeggiare mano nella mano con la sua compagna, fare quello che facevano le coppie normali.
Wayne Shorter ha riassunto il carattere essenziale di Michel Petrucciani in questa citazione:
“C’è un sacco di gente in giro, i cosiddetti normali, nati con le gambe e le braccia proporzionate. Sono simmetrici in ogni modo, ma vivono la loro vita come se fossero senza braccia, senza gambe, senza cervello, e vivono la loro vita con un continuo senso di colpa. Non ho mai sentito Michel lamentarsi di nulla. Michel era un grande musicista, un grande, in ultima analisi, perché era un grande essere umano perché aveva l’abilità di sentire e dare agli altri ciò che sentiva, e lo dava attraverso la sua musica.“
Origini mediterranee per il grande pianista dalle “ossa di cristallo”. Nonno napoletano che forse gli dona l’esuberanza del suo carattere. Origini musicali, suo padre Tony suonava la chitarra, il fratello Luigi suonava il basso e suo fratello Filippo suonava la chitarra. Un padre che ha segnato il destino di questo figlio irrequieto, affamato di vita. Il jazz entra prepotentemente nella vita di Michel fin dai primissimi anni, quando chiede un pianoforte per potersi cimentare direttamente. Gli viene comprata una pianola giocattolo, lui prese un martello e la distrusse. Voleva un pianoforte vero, e lo ottenne, con enormi sacrifici da parte della famiglia. Non era nato in una casa benestante, ed essere disabili e anche poveri non è il massimo. Riesce a sfruttare ogni minima occasione per suonare, imparare e collaborare fin dai 13 anni con grandi musicisti.
“La sua carriera professionale prese avvio già all’età di 15 anni, quando ebbe l’occasione di suonare col batterista e vibrafonista Kenny Clarke (con cui registrò il suo primo album a Parigi). Dopo un tour francese col sassofonista Lee Konitz, nel 1981 si trasferì a Big Sur, in California, dove venne scoperto dal sassofonista Charles Lloyd, che lo fece membro del suo quartetto per tre anni. Quest’ultima collaborazione gli fece guadagnare il prestigioso Prix d’Excellence. Le sue straordinarie doti musicali e umane gli permisero di lavorare anche con musicisti del calibro di Dizzy Gillespie, Jim Hall, Wayne Shorter, Palle Daniellson, Eliot Zigmund, Eddie Gomez e Steve Gadd. Tra i numerosi riconoscimenti che Michel ha ricevuto durante la sua breve carriera, si possono ricordare: l’ambitissimo Django Reinhardt Award e la nomina di “miglior musicista jazz europeo” (da parte del Ministero della Cultura Italiano). Nel 1997 a Bologna, si esibì alla presenza di papa Giovanni Paolo II, in occasione del Congresso Eucaristico”. (fonte wikipedia)
Eccellenze nel panorama musicale mediterraneo, europeo e mondiale. Le mani di Michel accarezzano i tasti con una passione unica, e continua a suonare nonostante i continui dolori i quali “non mi abbandonano mai”, afferma in un film intervista: Michel Petrucciani – Body & Soul. Un film di Michael Radford.
Il documentario che racconta la sua vita dal punto di vista delle donne che lo hanno accompagnato fino alla sua morte. È stata una vita breve, piena e senza rimpianti. Non migliore ne peggiore, ma vissuta fino all’ultima traccia di energia dell’anima.
Petrucciani è un esempio di come le avversità siano solo un aspetto delle molteplici possibilità dell’uomo. Un uomo che crea poesia perché la possiede, dona tutto se stesso perché è pieno di vita. La libertà è un bene impagabile, tanto quanto la volontà di coltivare un talento e portarlo alla condivisione con tutti, e Michel Petrucciani ha donato qualcosa in più al mondo.