Massimiliano Caria. Oggetti Personali
A cura di Mariolina Cosseddu
Galleria Siotto, Palazzo Siotto
Dal 20 maggio al 30 maggio 2021
Potrà sembrare una contraddizione ma i lavori fotografici di Massimiliano Caria, virtuosi nella tecnica e impeccabili nella messa in scena, mentre sembrano esaltare l’autorità del personaggio raffigurato, ne mettono in luce l’intima natura prepotente, egocentrica, fors’anche misogina. Oggetti Personali è un progetto a più sfaccettature: Massimiliano Caria dà vita a una galleria di ritratti che giocano a immedesimarsi nella pittura colta e raffinata del seicento europeo, quella che va da Rubens a Van Dyck a Velàsquez fino alla ritrattistica ottocentesca di David, Ingres e Goya, in un garbato e impertinente sistema di richiami.
Il progetto, nato nel 2013, si è andato sviluppando nel tempo ampliando la casistica di figure solenni in costume, ambientate in uno spazio essenziale eppure significativo del ruolo interpretato. Banchieri, alte cariche militari, esploratori, prelati, filosofi vengono colti dall’obbiettivo di Caria in posa monumentale, leggermente scorciati e da un punto di vista ribassato, volto e mani in evidenza, sguardo intenso e ammiccante, contatto con osservatore assicurato. Compiaciuto di sé, in atteggiamento eroico, a volte sfrontato, nella posa altezzosa, bloccata nella dimostrazione di un io che passa attraverso il membro virile, finisce per innescare l’effetto contrario al presupposto di partenza: il sentimento del ridicolo stringe da ogni parte il personaggio, lo colloca, suo malgrado, su un piedistallo umoristico, lo rivela nella nudità della debolezza umana.
Se poi si guarda meglio agli aspetti compositivi di queste microstorie non si potrà non cogliere, pur nella essenzialità della scena costruita in studio, una strisciante bellezza delle cose che seduce lo spettatore e che diventa la metafora stessa del potere e dei suoi subdoli effetti. Nell’estetica decadente in cui si staglia la figura maschile che cerca conferme di se stesso c’è la denuncia, neanche poi così velata, di un mondo fatuo, animalesco, di cui possiamo, con consapevole sicurezza, sorridere a distanza.