Pur fondata nel 2004 la Cantina Rizzo è sinonimo di viticultura cilentana e parte integrante del paesaggio felittese in quanto le vigne impiantate da lunghissimo tempo accompagnano da sempre la vista del visitatore che desidera raggiungere il rio Calore e le sue gole lungo i percorsi boschivi oppure in canoa.
Il paese di Felitto è tra quelli che hanno visto una significativa diminuzione demografica già a partire dagli anni ’60, un fenomeno che anteriormente si è registrato per ragioni socio-economiche ed ambientali anche nella vicina Roscigno, definita la “Pompei del ‘900”, e che oggi si configura nel numero esiguo della popolazione; per fortuna la posizione geografica del piccolo bordo, la quale mette in comunicazione il versante cilentano con quello del Vallo di Diano, mette in condizione il turista di visitare diversi luoghi d’attrazione e godere nel frattempo della bellezza rurale durante il viaggio. D’altronde la stessa Felitto, proprio per il paesaggio che attraversa il fiume Calore, per l’eccellente gastronomia locale e la stessa cantina, che non di rado organizza percorsi di degustazione, costituisce una tappa di tutto rispetto.
Sui terreni collinari di proprietà dell’azienda agricola di Gianvito Capozzoli, il quale ha tanto scommesso su questa terra, fondando questa cantina radicata su una cultura familiare dell’allevamento delle viti, maturano al sole i grappoli di Fiano che servono ad elaborare l’Amon. Per questa bottiglia è necessaria una vendemmia che guardi alla maturazione fenolica e che avviene dunque a cavallo tra la seconda e terza decade di ottobre, periodo in cui l’apporto zuccherino e di altre sostanze contenute nella buccia culmina nei grappoli, non più di un chilo per ceppo, sulle viti allevate a Guyot. Una volta raccolte a mano le uve vengono sottoposte a macerazione prefermentativa, quindi il mosto viene fatto fermentare in inox per 30 giorni a temperatura controllata, dunque malolattica e successivo affinamento in barrique di rovere per un periodo variabile tra i 90 ed i 120 giorni a seconda dell’annata.
L’Amon Igt Paestum del 2018 è opulento nella lucentezza dell’oro che cattura i raggi solari, esattamente come la divinità egizia che si fuse col dio Ra di Eliopoli di cui porta degnamente il nome… un’opulenza che si misura anche nella trama compatta della sua consistenza oltre che dal colore. Questo vino riesce ad essere vinoso come sa esserlo un bianco evoluto che conserva la memoria dei suoi sentori primari, quelli che ti entrano nelle narici al ribollir dei tini, annunciandosi coi fiori di acacia e zagara, col delicato profumo dei gelsi bianchi, quindi di ginestra e timo limonato, poi di polpa di pesca bianca ed albicocca disidratata. Si avverte una nota di crosta di pane che non riduce affatto la piacevolezza olfattiva che sul finire si presenta con una nota di miele di acacia, di pepe bianco e brezza marina. In bocca è appagante. Una sorsata piena in cui il riverbero floreale e fruttato si riconferma ed al quale si aggiunge il tabacco biondo, mentre il miele diventa cera d’api. Nell’equilibrio dell’Amon si scorge più sapidità che freschezza ma quel che è certo è la buona persistenza. Dei tonnarelli conditi con il ragù alla genovese di totano sarebbero perfetti come match.