Il piccolo paese di Felitto è una delle perle dell’entroterra cilentano, conta meno di 1300 abitanti ed è la sede amministrativa dell’unione dei comuni dell’Alto Calore. Questo borgo vede come centri abitati più vicini il comune di Castel San Lorenzo e quello di Roccadaspide, è diviso da Magliano Vetere da una costa montuosa frastagliata ed è separato dal torrente Ripiti, affluente del Fasanella, da Bellosguardo, perfettamente incastonato tra il Monte Chianiello, il Monte Ceglie ed il Monte Cerzito.
Posto a 275 metri sul livello del mare il territorio felittese è tipicamente mediterraneo, vede la presenza dell’acero campestre, localmente detto occhiano, e dell’olmo, è immerso nella natura del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e costituisce una vera e propria oasi di tranquillità, tanto da essere diventato sede eletta di lontre, volpi, cinghiali e furetti.
Probabilmente risalente a qualche secolo prima dell’anno mille il nome dell’odierno comune cilentano appare per la prima volta in una bolla papale di Bonifacio VIII sotto forma del nome latino Felix, cui viene fatto risalire; il paese in effetti conserva ancora i resti di una cinta muraria e numerosi torrioni, di cui tre a pianta quadra, ed un antico castello a dimostrazione del suo ruolo di centro fortificato, dominando il territorio da un’area decisamente privilegiata dalla posizione, dalla morfologia e dalle cospicue risorse.
È proprio in frazione Remolino che la Cantina Rizzo domina letteralmente la valle che porta verso le Gole del Calore e che vede i vigneti più vetusti seguire il profilo collinare, investiti dal caldo sole del Cilento in tutto il suo arco diurno.
Il rosato della Cantina Rizzo è figlio di una promessa d’amore, quella che Gianvito Capozzoli, proprietario, enologo ed agronomo dell’azienda, fece alla moglie Angela quando erano ancora fidanzati e che pertanto ne porta il nome.
L’Aglianicone ed il Merlot impiegati per questa particolare annata, sono stati raccolti manualmente tra la seconda e la terza decade di ottobre, allevati a spalliera su terreni calcareo argillosi per una resa complessiva di 1 kg per ceppo e, dopo una lieve macerazione prefermentativa, ecco i passaggi: le uve vengono pressate e fatte fermentare per 10 giorni in inox a temperatura controllata e, successivamente alla malolattica, il vino viene fatto affinare in acciaio per circa 4 mesi.
Levatevi dalla testa il solito rosato perché Angela a guardarlo piuttosto che a infilarci il naso dentro ti racconta di essere uno di quei grandi bianchi da lunghe macerazioni che pur non essendo affatto un bianco è grande uguale: massiccio, succoso e sorprendente per come appare, profuma e rallegra.
Il rosato Angela Igt Paestum del 2018 ha un colore riconducibile alla buccia di cipolla ramata, ha una buona consistenza e profuma di biancospino ancor fresco e pot-pourri di rosa e viola secca, fruttato di pesca saturnina e note di timo, tè nero e zafferano; in bocca la sorprendente freschezza è segno che la bottiglia finirà presto con o senza il vostro permesso, mentre i tannini lievi, accarezzando il palato e titillando le gengive, sembrano apportare l’eco retrolfattivo delle sensazioni nasali, ed ora anche tattili, del tè; si aggiunge ai toni fruttati anche uno scampolo di gelatina di lampone ma quel che prorompe è una piacevole nota incusa tra il pompelmo ed il cedrangolo che si trascina verso una chiusura sapida e lievemente amara, non di mandorla, bensì più gentile, quasi da miele di corbezzolo. Fatevi prendere dal profumo che questo vino lascia nel calice una volta prosciugato e provatelo ad abbinare con una focaccia con pesche e cacioricotta di capra cilentano con un filo d’olio buono oppure nobilitatelo con un’insalata di stocco, patate ed olive taggiasche.
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