O tu che sei morto nella ricerca di Colui che scioglie i nodi,
O tu che sei nato nell’unione e morto nella separazione,
O tu che rimani assetato ai bordi dell’oceano,
O tu che sei morto di miseria sopra un tesoro,
Un tesoro che non è con noi, e non è senza di noi. Dov’è?
Dove si trova il Sovrano che non risiede in nessun luogo?
Non dire “qui”, non dire “lì”, dì la Verità.
L’intero Mondo è Lui, ma chi trova chi Lo veda?
Nel dolore, sempre intravvedo il rimedio.
Nella contrizione e nella tirannia, trovo la grazia e l’amicizia fedele.
Sulla faccia della terra, sotto la volta del cielo,
Ovunque posi il mio sguardo, è Te solo che vedo.
Sultan Valad, Kitab al-Ma’arif (1207-1273)
Sharia al Thaura era sempre stata, per me, una zona opaca di Damasco, non la percorrevo molto a piedi, seppur fosse così tanto importante per quel ponte della Rivoluzione, che collegava a punti strategici della città: Sahat al baherat, Sharia Baghdad, Suq Saruja …
L’appuntamento era proprio a Suq Saruja, nell’unico caffè in cui si potesse andare a Suq Saruja, gremito di stranieri a cavallo di rossi cuscini orientali. Lì fiorivano alloggi, ostelli, pensioni e antiche case damascene.
Il quartiere si affacciava su uno dei mercati più rumorosi della città, in ginocchio alle porte del centro storico damasceno, quasi a riprodurre a sfumature, l’ingresso al passato…quello rappresentava il centro storico per me.
Dovevo percorrere a piedi, in breve tempo, sharia al – Thaura, sull’arteria veloce del suo ponte, mentre sentivo volare i miei capelli sul fruscio di una pashmina verde che portavo sul capo.
Artisti siriani si mischiavano ai frequentatori stranieri, accovacciati allo sguardo serio del proprietario del locale e gestore di quasi tutta la zona suqsarujana.
Lo cercavo con lo sguardo, ma incontravo solo facce conosciute, quale era la sua?
I ragazzi del gruppo erano lì, e ad esclusione, puntai lo sguardo, su di lui.
Conoscevo il suo nome da qualche mese oramai, ma meglio, conoscevo il suo anonimato.
Dopo qualche caffè turco ci trovammo all’Hammam al-Warda, sulle panchine, tra il poco verde e le rovine di antiche civiltà.
– “Lo stanno restaurando“– dissi – mentre non riuscivo a capire se il termine ristrutturando, fosse appropriato o meno di ‘restaurare ‘– “ma forse lo distruggeranno…le rovine sotto il bagno turco sono assai più antiche…una volta ci stava un bazaar qui…”
Camminavamo lentamente, giostrandoci in mezzo alla folla del mercato, cercavo di percepire cosa stesse provando: se quel traffico di gente che si incrociava lo turbasse, se fosse curioso, se fosse impaurito.
Parlammo di quello in cui ci trovavamo: Damasco, il Medo Oriente, l’esotismo, i viaggi, i non viaggi, gli israeliani e la loro intolleranza a far varcare la soglia della Palestina… disavventure, cognizione del tempo.
Aspettammo il resto del gruppo, non ricordo se fumò una sigaretta…mi aveva detto piuttosto di aver smesso da un anno o poco più. Avevo voglia di chiedergli tante cose, ma non lo conoscevo, o meglio lo conoscevo… Ero entrata in contatto con parte del suo mondo, quello che trasmetteva insieme a un’unità collettiva di scrittura.
Adesso era lui che veniva fisicamente in contatto con parte del mio mondo.
Lui era lì per presentare colui che non aveva mai incontrato, Lawrence, io ero lì da più di due anni ormai.
Sembrava triste, o stanco, o pensieroso …
Lo re incontrai in un altro hammam, al Malik al Zaher.
Uomini con asciugamani alla vita servivano shay e zuhurat mentre si premuravano di tenere calda la fiamma dell’arghilea.
Il mito di Lawence incombeva tra di noi, attraverso una lingua diversa ma perfettamente trasmessa. Gesta di eroi abbattevano le barriere che si imposero a Babele, per aver costruito una torre, per l’ambizione di varcare le porte dei cieli …( bab ele… porta di allah?)
Perfettamente la sua immagine si è scolpita nella mia memoria.
Era parte di loro, una unità inscindibile senza volto.
Era Wu Ming
“Ritengo davvero fortunati coloro ai quali gli dei concedono di fare cose degne di essere narrate o di scrivere cose degne di essere lette. Fortunati oltremodo coloro ai quali sono concesse entrambe le cose.”
Plinio, lettere. Wu Ming 4, Stella del mattino
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