Cagliari (ITALIA)
Saranno le nuove artigiane metropolitane del nuovo secolo. Due sorelle di Mogoro che con il loro laboratorio di ceramiche, in piazza costituzione a Cagliari, coltivano un sogno: restituire un po’ di “bellezza” alla Sardegna e ai suoi abitanti.
La scelta del soggetto (le pecore) che è stato potuto apprezzare in città nel mese di marzo 2012, la dice lunga sull’idea “rivoluzionaria” che le due artiste coltivano per il bene dell’isola e dell’artigianato sardo. Un pezzo di argilla da cui ricavare, secondo i lunghi tempi di attesa di cottura e di lavorazione della terra, una pecorella la cui semplicità suscita in chi la guarda una percezione di sensazione piacevole dato dal concetto che ogni sardo coltiva per questo animale, di cui si sente istantaneamente, spontaneamente un contenuto emozionale positivo. Che sia conscia od inconscia, è una bellezza che si riconosce nel suo senso più profondo, dentro un senso di riflessione che genera benessere sul significato della propria esistenza, come se questi oggetti, raffiguranti delle semplici pecorelle, avessero una certa armonia intrinseca oppure estrinseca, con la natura, che suscita nell’osservatore un senso di attrazione, affezione, piacere. Sono pecore in divenire (un progetto in divenire) che hanno reso possibile un incontro umano, una sfida virtuale e reale che ha scatenato un delirio di amici e amiche pronti a combattere pur di far vincere la propria pecorella incappottata. Sono pecore metropolitane cresciute in campagna ma poi trasferitesi in città che assolvono una funzione sociale di rappresentanza di una Sardegna che lotta e che non si arrende alle logiche di consumo e ai giochi di potere. Una pecorella sociale grazie alla quale poter sviluppare dibattiti, incontri per parlare di artigianato, di Sardegna, di territorio. Un modo “dignitoso” di restituire all’artigianato, quel valore culturale che ha nella nostra isola e che ripagherà forse chi vivrà dopo di noi. Se anticamente “su strexaiu de terra” andava con il proprio carretto, di casa in casa, a vendere gli utensili di terracotta (brocche, pentole e vasi) nati per la preparazione e la conservazione di cibi, oggi gli odierni ceramisti sardi, riprendendo forme e modelli legati alla tradizione e al territorio, danno spazio ad una ceramica artistica di qualità per dar “nuova vita” a quel rinnovamento estetico dell’anima di chi è ancora capace di osservare.
Ma chiediamo direttamente alle artiste
Come nasce l’idea di realizzare una pecora come oggetto di ceramica bello da riconoscere ed ammirare?
Nasce un po’ in una forma molto casuale. Cercavamo qualcosa che identificasse un po’ il laboratorio, “un oggetto”, diverso dalle solite produzioni, che avesse una collocazione territoriale ma con qualcosa di attuale, di moderno, di metropolitano. Nelle varie scelte, la pecora è saltata fuori dopo alcuni disegni realizzati da Stefania, fatti per un precedente progetto. Da li abbiamo poi proseguito. Nata bidimensionale, la pecorella dopo due mesi l’abbiamo realizzata tridimensionale. Da due anni e mezzo circa ci giochiamo intorno.
Il concorso “Accappottiamo le pecore” è un progetto indetto dalla Libreria Murru che ha riscosso enorme successo. Come è nata l’idea e quale è stata a formula vincente?
Il successo della mostra si deve alla voglia di giocare dei partecipanti, perché noi tutti abbiamo bisogno di giocare. Abbiamo visto diversi mariti increduli e sconvolti nel guardare le proprie mogli letteralmente innamorate dei cappotti realizzati per le pecorelle, cosi tanti uomini facoltosi soddisfatti nell’aver creato il cappotto migliore per l’occasione. La mostra, cosi come da noi pensata, ha fatto partecipare tutti in prima persona e ciò che maggiormente è stato apprezzato; i protagonisti eravamo noi organizzatrici, ma in realtà fondamentalmente noi abbiamo offerto un mezzo perché i veri protagonisti sono stati i 50 cappotti che hanno sfilato nella libreria Murru. “L’accappottiamo le pecore” aveva lo scopo di far circolare 50 pecorelle diverse e uniche. Nessuno di noi immaginava una tale affluenza e partecipazione al concorso. Al principio, quando durante una sera ci venne in mente l’idea, pensammo di fare solo 20 pecorelle e nel caso fosse andata male, di fare poi una festa tra amici.
A differenza di alcuni avvenimenti artistici, questa mostra è nata e si è sviluppata come un gioco?
Eh si, si vede dalle pecore che sono belle tutte e non hanno la presunzione di essere perfette. È stata una bella sfilata di pecore. Ognuna di loro ha una storia particolare; e dietro ognuna di quelle 50 pecorelle ci sono altrettante 50 mani diverse. Ognuno ha voluto mettere qualcosa di sé non prendendosi sul serio ma anche prendendosi sul serio; ciascun partecipante ha chiamato amici e parenti, pur di guadagnarsi un voto in più e solo l’8 Marzo ci sarà lo spoglio in diretta che proclamerà la migliore “pecorella accappottata”. Ovviamente noi speriamo che questa iniziativa porti maggior clienti verso il nostro laboratorio in un periodo come questo in cui la crisi in maggior misura colpisce il nostro settore.
Ma le pecorelle cosi accappottate cosa hanno raccontato?
Tanto amore. Dall’attenzione dimostrataci, dalle foto delle pecore nude prima che entrassero nel forno, ai pensieri delle pecorelle. Una pecora come distrazione fantastica, una pecora sociale in cui i protagonisti hanno potuto veicolare il proprio senso sociale o di protesta o di denuncia, una pecora della pace, una pecora dell’allattamento e della crescita alternativa insomma una miriade di idee attraverso cui le persone (non artisti) si sono avvicinati con un senso di leggerezza, con un proprio senso artistico che ha dato luogo a delle meraviglie senza paragoni. Alcuni colleghi artigiani (orafi, ceramiste ecc) hanno realizzato il proprio cappotto e alcune di loro ci hanno proposto di portare la mostra in giro per l’isola. Quindi è previsto un gregge itinerante, una tournée delle pecore. Ci hanno chiesto immediatamente se fosse possibile il loro acquisto. Ogni pecora è diversa dall’altra, essendo fatte artigianalmente, hanno tutte espressioni diverse, a guardarle meglio le orecchie, il muso, i ricci alcuni ordinati altri spettinati, caratterizzano in modo diverso ciascuno pecorella.
Chi acquista la pecora?
Sognando la pecora grande, molti comprano quelle piccole. È un settore in cui chi acquista di solito conosce il valore del nostro mestiere, conosce ciò che c’è dietro i nostri lavori ovvero la terra lavorata; riconosce la differenza tra un prodotto industriale e uno artigianale fatto a mano, anche se oggi sempre più, chi la conosceva non se la ricorda più. Il nostro cliente è di fascia alta. Il nostro sogno è infatti che tutti i nostri amici diventino ricchi. Penso sempre che se tornassimo ad uno stile di vita diverso, se si ricominciasse a riacquistare poche cose per il piacere di averle, per il valore e il piacere di quell’oggetto, non sarebbe necessario avere in casa 50 tazze diverse. Noi siamo la generazione del consumo, acquistiamo usiamo e dopo un paio di giorni buttiamo. Siamo una generazione che sta creando un’immondezza che non ci starà più sul nostro territorio. Il nostro modo di vivere è lo specchio di quello che siamo e forse un periodo di crisi come questo, potrebbe anche farci capire che, molto spesso, è meglio avere poche cose ma per il piacere di averle, non per il piacere di comprare.
Noi abbiamo grandi speranze, ad una certa ripresa di lavoro dovrebbe seguire maggior rispetto per quello che mangi, per quello che compri, per la terra; rispetto per le persone che hai vicino, per le cose, per quello che realmente sono, e non perché dobbiamo fare numeri. È un sogno molto impossibile, anche se già l’esistenza di piccoli gruppi che insegnano ai bambini a prendersi cura delle cose che hanno intorno, a mangiare poco ma buono, fa ben sperare. Un certo tipo di lavoro rimette in moto un meccanismo di comunicazione cosi come lo dimostra la serata in libreria; una mostra in cui, in modo giocoso tra una pecora e l’altra, si è avuto modo di parlare con gli altri anche di cose importanti ma in maniera leggera e forse è quello di cui abbiamo bisogno per guardare le cose che ci stanno intorno.
Sabina Murru è stata l’ideatrice di questo concorso in libreria e in qualità di fotografa professionista ha guardato ciascuna pecorella con un occhio speciale. Come nasce l’idea di realizzare, all’interno di una libreria, una mostra di pecorelle?
“Accappottiamo le pecore” è il titolo della mostra espositiva, avvenuta il 25 Febbraio presso la libreria Murru, delle famosissime pecorelle delle ceramiste Ariu di Mogoro, oggetto d’arte cult in Sardegna e fuori. Mezza Italia e anche un po’ d’Europa e di Giappone sono pieni di pecorelle Ariu, nominate anche da Flavio Soriga nel suo libro “Nuraghe Beach”. Le sorelle Ariu hanno addirittura arredato un ristorante a Londra, insomma sono un fiore all’occhiello per la nostra Sardegna.
Ognuno dei concorrenti ha inviato una mail di partecipazione all’Accappottamento, all’indirizzo libreriamurru@tiscali.it, confermando la creazione di un cappotto e prenotando la pecora che lo avrebbe poi indossato. Ogni cappotto è stato gentilmente indossato da una pecorella creata appositamente per l’occasione in serie (50 esemplari) dalle sorelle Ariu, ed esposto in bella mostra durante l’evento per tutto il periodo della Mostra che si concluderà l’8 marzo. Ogni pecorella con relativo cappotto è stata cosi numerata e per il periodo di durata della Mostra il cappotto più bello verrà votato dai partecipanti. Confidando nell’onestà dei partecipanti del “non autovotarsi”, la pecorella Accappottata che riceverà più voti, farà vincere al suo creatore/trice un succulento premio. Il premio consiste in una pecora creata appositamente per l’evento dalle sorelle Ariu un UNICO esemplare che verrà consegnato personalmente dalle sorelle Ariu nel loro fantomatico laboratorio. Il premiato verrà avvisato da una mail subito dopo lo spoglio dei voti che avverrà il l’8 marzo.
La pecora come simbolo di riscossa dei sardi, come segno di una cultura capace di credere in un mondo migliore. Cosa rappresentano per te queste pecorelle?
“Queste pecorelle hanno anima, cuore e sangue e ognuna ha guardato dentro il mio obiettivo con uno sguardo diverso, sembra strano ma è veramente così”. Quelle che più mi piacciono sono veramente tante, perché ognuna ha delle peculiarità incredibili, e hanno “una storia” dietro che ogni concorrente ha raccontato venendo qua, sia durate l’iscrizione che nelle prove. Ciascun partecipate ha continuato a raccontare consegnando il cappotto, infilandoglielo e guardando, alla fine, la propria pecora “vestita” con occhi pieni di amore e di soddisfazione.
Quali sono le tue preferite?
“Parole di cotone” perché questa pecora racconta molto del mio lavoro; “pecolibrando” perché è una “pecora libro” con tanto di segnalibro; “l’accabbadora” perché forse è la più bella; “la sub brebey” perché ogni volta che la guardo scoppio a ridere. Sono veramente tutte belle e sarà dura scegliere il cappotto più bello, ma per questo dobbiamo aspettare l’8 marzo quando ci sarà lo spoglio pubblico dei voti qui in libreria. Posso dire però quella che mi ha emozionato di più è una pecorella fuori concorso (ovviamente) essendo un opera d’arte, quella che il Maestro di Bisso, Chiara Vigo, ha vestito con il Vello d’oro e ha dedicato ai Pastori di Sardegna. È stato un onore per me e per le Ariu ricevere questo “dono” dal Maestro e non vediamo l’ora che arrivi il 7 marzo perché il Maestro, Chiara Vigo, ci farà un ulteriore regalo venendo qui in libreria a presenziare all’ultima giornata di Mostra.
Contatti:
Ariu ceramiche Via Costituzione 16 Cagliari
Libreria Murru Via San Benedetto 12.c Cagliari