di Francesca Romana Ridolfi
Gli artisti solitamente dipingono ciò che vedono, ma alcuni di essi rappresentano invece ciò che è chiuso nella loro mente, ciò che ricordano oppure ciò che immaginano. Il rapporto tra il cervello umano e il mondo corcostante è un rapporto di scambio. Infatti, certamente la realtà modifica il cervello, ma anch’esso è capace di cambiarla. Se il cervello è un cervello “diverso”, diverso sarà anche il modo in cui si rapporta con la realtà.
Nel campo dell’arte questo interscambio può creare nuove realtà, solo parzialmente dipendenti dalla percezione dei sensi. il nostro cervello, infatti, non percepisce solo gli stimoli visivi della realtà, ma è in grado di elaborare immagini, che provengono dai ricordi e dalla fantasia, cosicchè l’artista, trasformando queste immagini in forme e colori, crea una sua realtà e finisce per trascinarvi colui che osserva la sua opera. Si crea in tal modo quel rapporto tra l’artista e l’osservatore, fatto di emozioni e stimoli diversi, visivi o reali, che ci permettono di percepire, comprendere e apprezzare un’opera d’arte.
E dunque l’opera d’arte nasce dalla combinazione di ciò che l’artista vede e da come interpreta ciò che gli viene dalla realtà. Tanto l’informazione visiva, quanto la sua elaborazione possono essere alterate da cause diverse, in particolare da cause patologiche, quale la malattia mentale.
Gli effetti di questa possono alterare le capacità percettive ed emotive dell’artista ed influire sulla sua espressione pittorica. Tutto ciò affiora nelle opere di alcuni grandi pittori, a testimoniare la storia della sua vita o alcuni particolari momenti di questa.
“La relazione tra l’attività artistica, in quanto espressione del potenziale creativo di un individuo, e la follia intesa come malattia mentale e disagio psichico, è un rapporto che da sempre affascina l’uomo e che ha trovato risposte diverse nei diversi periodi storici e nelle diverse culture: dibattuto a livello filosofico nell’antica grecia, rimosso dalla tradizione conservatrice medioevale, riformulato in epoca rinascimentale ed assimilato al concetto di originalità accessibile attraverso la “malinconia” (sindrome depressiva e psicosi maniaco-depressiva), rivalutato nel Romanticismo nell’inscindibile binomio, fuoco creativo-folle sregolatezza, per giungere alla posizione positivista di Cesare Lombroso, fondatore della criminologia come scienza, che stabilisce come la genialità, la follia, la criminalità siano tutte devianze da una preconcetta normalità.” (Vilma Torselli, Attività artistica e malattia mentale, Artonweb.it).
La galleria di dipinti che ho selezionato, ben lungi dall’esaurire l’argomento, vuol essere semplicemente una esemplificazione visiva.