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È quasi primavera. A qualcuno piace per i fiori, il sole e le passeggiate all’aperto. Ai buon intenditori, piace per gli asparagi. Quelli selvatici, poi, raccolti mentre si gode dei benefici del bel tempo, son il perfetto connubio tra relax e gusto. Nella campagne spesso si incappa in questa pianta verde e dal sapore unico: nei terreni non coltivati cresce naturalmente e da tanto tempo è usato in cucina in tutto il Mediterraneo, specialmente per le sue qualità benefiche. Oltre che per le tavole più raffinate, forse pochi sanno che l’asparago è stato utilizzato anche per altri fini in passato, sempre legati alla sua stagione, la primavera, che risveglia i corpi e favorisce l’innamoramento.
Il termine asparago deriva dal persiano çperegh (punta) o dal sanscrito aspargos (germoglio). Originario dell’Asia, l’asparago era già conosciuto dagli Egizi, che ne diffusero la coltivazione nel bacino del Mediterraneo. I primi cenni letterari sull’asparago si trovano già nei testi di Teofrasto, che li cita nel suo “Storia delle piante” del III sec. a.C. Come spiega più avanti Linneo, che lo definì Officinalis, veniva usato come pianta medicinale.

 

Mentre i Greci li consideravano altamente afrodisiaci, i Romani avevano opinioni contrastanti. Catone fu, infatti, il primo a descriverne le tecniche d’impianto, mentre Marziale lo elogiò in versi. Alcuni consigliavano alle donne di portarne le radici in un sacchetto nascosto tra le vesti come contraccettivo, altri, come Plinio, ritenevano che accrescessero l’eros nell’uomo. Teoria confermata poi nel Medioevo dalla Scuola Medica Salernitana.
L’uso dell’asparago per favorire la procreazione è una credenza ancora molto viva, specialmente a Bassano del Grappa, dove i tipici asparagi bianchi e grossi sono parte del banchetto nuziale. Si narra che Sant’Antonio da Padova, di ritorno dalle missioni africane, avesse portato con se alcune sementi dell’asparago, delle quali si sarebbe servito per ammorbidire il feroce Ezzelino da Romano. Le seminò, così, tra le siepi del bassanese, le quali tutt’oggi fioriscono in una terra che è tra le più feconde per la sua coltura.
L’asparago è, tuttavia, meglio noto per le sue proprietà diuretiche e purificanti. Si avvicina la Pasqua, ed essa ci invita a pranzi e cene con capretto e agnello (d’obbligo) e uova di cioccolato. Tuttavia, chi non vuole vivere il supplizio dell’appesantimento trova una risposta in questi frutti che crescono rigogliosamente in primavera.
Per la purificazione corporea, dopo quella spirituale-pasquale, l’asparago è un ottimo alleato. Seppur sconsigliato per chi soffre di gotta a causa del suo acido urico, è ricco di fibre, vitamine e sali minerali. Ha proprietà depurative e diuretiche, contiene poche calorie e riduce la ritenzione idrica. Ancor più importanti son le sue due saponine, le quali hanno un forte potere inibente della proliferazione delle cellule tumorali del colon.


L’apice della pulizia per il corpo (e la mente) si ottiene aggiungendo alle camminate in campagna un po’ di umore zen. In cucina l’accoppiamento si riproporrà integrando agli asparagi due importanti sostanze depurative: tè verde e riso integrale.
È così che nasce l’amore, quello che, a quanto pare, l’asparago favorisce: unendo elementi di natura diversa, ma che insieme formano qualcosa di unico e ineguagliabile. E se il risotto con asparagi è una bellissima accoppiata, non lo è da meno quella uova e asparagi, per un’ottima frittata, oppure asparagi e olio, per mangiarli così, nella loro semplicità.
Gustose ricette a base di asparagi per la depurazione corporea venivano già consigliate da Apicio, che spiegava anche fosse meglio non cuocerli troppo e che imparò a farli essiccare per mangiarli tutto l’anno. Sempre i Romani consideravano l’asparago un alimento raffinato, destinato ai più ricchi. Gli arabi se ne cibavano già dal XII secolo, mettendo quelli selvatici sott’aceto, sott’olio o sotto sale. Nel Medioevo Platina li cita nel suo “De honesta voluptate et valetudine”, dove consiglia di consumarli conditi con olio, sale e aceto. Nel 500 Giovanvettorio Soderini indicava in un suo trattato una ricetta che prevedeva di bollirli, salarsi e friggerli.

Oltre che gli usi più svariati e la sua versatilità in cucina, l’asparago ha una storia millenaria che sa di terra e sole, che sa di Mediterraneo. Ogni volta che lo si consuma, è bene ricordare quante storie si porta dietro, per continuare a dargli la valenza quasi santa che aveva in passato.

Daniela Melis

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